
(AGENPARL) – mar 05 settembre 2023 Ritorno al lavoro: per 3 milioni riparte la ricerca
di una nuova occupazione
Settembre 2023
UFFICIO STUDI
Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro
Ritorno al lavoro: per 3 milioni riparte la ricerca di una nuova occupazione
Nota Flash
Assieme a dicembre, settembre è il mese in cui si concentra il maggior numero di
dimissioni volontarie. Nel 2022 sono stati 121.756 gli occupati con contratto a tempo
indeterminato che hanno deciso di dimettersi al rientro dopo la pausa estiva,
concentrando nel mese circa il 10% delle dimissioni avvenute nell’anno (fig. 1).
Il ritorno al lavoro rappresenta per molti un nuovo inizio: per alcuni coincide con la scelta
di lasciare il proprio lavoro, per molti con l’avvio della ricerca di una nuova occupazione.
Si stima che quest’anno saranno più di 3 milioni i lavoratori che al ritorno dalle vacanze si
rimetteranno alla ricerca di una nuova occupazione.
Si tratta di tendenze che stanno sempre più accentuandosi negli ultimi anni. Se c’è, infatti,
un fattore che più sta caratterizzando l’attuale crescita occupazionale è l’accentuata
mobilità interna al mercato del lavoro. L’impennata delle dimissioni, che non accenna ad
affievolirsi, è solo la punta dell’apice, di una tendenza più diffusa al cambiamento che
stravolge il tradizionale immobilismo del lavoro in Italia.
Fig. 1 – Le dimissioni di lavoratori con contratto a tempo indeterminato nel 2022 per
mese (val. ass., val.% e var.%)
140.000
130.000
120.000
110.000
100.000
90.000
80.000
70.000
60.000
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Inps
Ritorno al lavoro: per 3 milioni riparte la ricerca di una nuova occupazione
Spinti dalle nuove opportunità che il mercato sta offrendo, soprattutto per i profili più
innovativi e ad alta qualificazione, dalla concorrenzialità crescente delle imprese nel
trattenere i giovani o nel reclutare le professionalità ormai introvabili, ma anche
desiderosi di un cambiamento che porti ad una dimensione di maggiore equilibrio tra vita
e lavoro o più semplicemente alla ricerca di una nuova motivazione, i lavoratori italiani si
muovono molto più di prima tra un’occupazione e l’altra, liberando e creando nuove
opportunità utili anche a chi da tempo è alla ricerca di lavoro.
Nel 2022 si è toccato il nuovo record di dimissioni. Sono stati 1 mln 255 mila i lavoratori a
tempo indeterminato che hanno lasciato il lavoro: un numero in crescita del 9,7% rispetto
all’anno precedente e addirittura del 24% rispetto al 2019. Se si considerano anche i
lavoratori a termine, stagionali, il numero arriva a 2 mln 156 mila, in aumento del 13,3%
rispetto al 2021 e del 27,8% rispetto al 2022 (tab. 1).
Tab. 1 – Le dimissioni di lavoratori con contratto a tempo indeterminato, 2019-2022 (val.
ass., val.% e var.%)
(V.a.)
(Val.%)
9.771
Attività manifatturiere
313.681
Costruzioni
128.378
Commercio all’ingrosso e al dettaglio/servizi alloggio e ristorazione
424.424
Servizi di informazione e comunicazione
50.680
Attività finanziarie e assicurative
18.802
Attività immobiliari
4.765
Attività professionali, scientifiche e tecniche
159.491
Amministrazione pubblica e difesa/istruzione/sanità
94.583
Attività artistiche, di intrattenimento
50.893
100,0
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Totale
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Inps
Su 100 dimissioni di lavoratori con contratti a tempo indeterminato, la quota più
consistente si è avuta nel commercio e servizi turistici (33,8% del totale) e a seguire nel
comparto manifatturiero (25%).
Rispetto a quattro anni fa, i settori che hanno registrato il maggiore incremento sono
quelli dove vi è stata una più elevata crescita occupazionale: le costruzioni, con un
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incremento del 48,4%, seguite dai servizi di informazione e comunicazione (+37,5) e dal
settore sanità e istruzione (+35,8%).
Quello delle dimissioni è, però, solo la punta dell’iceberg di un fenomeno più vasto, che
riguarda la voglia di cambiamento di lavoro degli italiani. Secondo l’indagine realizzata
dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, in collaborazione con l’Istituto Piepoli ai
primi di giugno su un campione di popolazione, il 6% dei lavoratori interpellati ha
cambiato occupazione negli ultimi due anni; a questi si aggiunge il 13% che sta cercando
attivamente un altro lavoro. Ma c’è poi un 26% che, pur non avendo messo in pratica
alcuna azione concreta, desidera però un cambiamento professionale (tab. 2).
Complessivamente, sarebbero più di tre milioni i lavoratori italiani alla ricerca attiva di un
nuovo lavoro.
Tab. 2 – La propensione degli italiani al cambiamento lavorativo, per classe d’età, 2023
(val.%)
Meno di 35
35-54 anni
55 anni e
Totale
Ha cambiato lavoro
Si è attivato per farlo
è un desiderio ma non si è attivato
Non interessato a cambiamento lavoro
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro-Istituto Piepoli
C’è tra i lavoratori una domanda diffusa di mobilità, che interessa soprattutto i giovani (ha
cambiato lavoro il 13% ed è alla ricerca attiva di un’altra occupazione il 15%) e che nasce
innanzitutto dalla mancata soddisfazione per la situazione occupazionale precedente.
Il 41% degli occupati, che ha cambiato lavoro nel corso degli ultimi due anni o che si
appresta a farlo a breve, dichiara infatti che il motivo prevalente è l’insoddisfazione per
l’attuale condizione. A seguire, ma molto distanziati, il 18% indica la necessità, derivante
dalla scadenza di un contratto o da un licenziamento, mentre il 16% afferma che la scelta
nasce dalla voglia di un cambiamento di vita, che comporti un ruolo diverso del lavoro
nella propria esistenza (fig. 2).
Ritorno al lavoro: per 3 milioni riparte la ricerca di una nuova occupazione
Fig. 2 – Le motivazioni della ricerca di una nuova occupazione, 2023 (val.%)
Insoddisfazione
per situazione
Necessità
(scadenza
contratto,
chiusura)
Voglia di
cambiamento di
Esigenze vita
personale
Presentarsi di
nuove
opportunità
Voglia di
Paura di perdere
cambiamento
il lavoro
professionale
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro-Istituto Piepoli
Diversamente, per il 12% il passaggio lavorativo è derivato dal presentarsi di nuove
opportunità, mentre solo il 6% cambia per la paura di perdere l’attuale posto di lavoro.
La trasversalità del fenomeno, abbastanza nuovo per un mercato del lavoro da sempre
caratterizzato da elevata stabilità e basso turnover interno, trova ragione in fattori diversi,
che hanno a che vedere anche con gli effetti della pandemia sulla vita delle persone.
Da un lato, pesa molto la ricerca di un miglioramento retributivo, soprattutto alla luce
della corsa inflazionistica dell’ultimo anno che ha penalizzato fortemente il potere
d’acquisto dei lavoratori. Il 39% di chi ha cambiato o sta provando a cambiare lavoro cerca
innanzitutto uno stipendio più alto.
Ma non è questo il solo fattore trainante. A seguire, si cerca nel nuovo lavoro un migliore
equilibrio tra lavoro e vita privata (indica l’item il 30% di coloro che hanno cambiato o
intendono cambiare lavoro). Risultano, poi, determinanti anche il desiderio di riscoprire
motivazione e nuovi stimoli (21%), un migliore clima aziendale (20%) e le prospettive di
crescita e di carriera (20%) (fig. 3).
Di contro, solo una minoranza indica tra i fattori imprescindibili di cambiamento una
maggiore sicurezza della condizione occupazionale (14%) e la presenza di benefit e
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strumenti di welfare aziendale (13%), mentre il 16% punta ad una maggiore flessibilità
organizzativa.
Poco importante è, invece, il prestigio e la reputazione aziendale, tenuta in
considerazione, tra i fattori che contano maggiormente nella ricerca di un nuovo lavoro,
solo dal 7% degli intervistati.
Fig. 3 – Aspetti considerati più importanti nella ricerca del nuovo lavoro (val. %)
Miglioramento retributivo
Migliore equilibrio lavoro-vita privata
Motivazione e nuovi stimoli
Migliore clima aziendale
Prospettive di crescita e carriera
Flessibilità organizzativa
Autonomia e indipendenza
Più sicurezza
Benefit e welfare aziendale
Contenuti più aderenti a profilo formativo
Riduzione tempi spostamenti casa /lavoro
Reputazione e prestigio azienda
(*) Il totale non è uguale a 100 in quanto erano possibili più risposte
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro-Istituto Piepoli