
(AGENPARL) – Mon 04 August 2025 Proposta e ideata dal Rotary Livorno
Scoprimento targa commemorativa
per lo scrittore Carlo Coccioli
Domani, martedì 5 agosto, ore 9.00, Famedio di Montenero
Livorno, 4 agosto 2025 – Domani, martedì 5 agosto, al Famedio di Montenero, alle ore 9.00, sarà scoperta su proposta del Rotary Club Livorno una targa commemorativa dedicata allo scrittore livornese Carlo Coccioli.
Carlo Coccioli è stato un letterato e romanziere, narratore e intellettuale fuori dagli schemi, nato nella nostra città nel 1920 e morto a Città del Messico nel 2003. Medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza partigiana, intellettuale, scrittore di fama mondiale.
Interverranno la presidente del Rotary Club Livorno Marina Pesarin, Marco Ceccarini giornalista e socio del Rotary proponente ed ideatore della targa per Coccioli, l’assessora alla Cultura Angela Rafanelli e il nipote Marco Coccioli. Interverranno anche il presidente dell’Anpi Gino Niccolai e Rita Rabuzzi, presidente Agedo, in rappresentanza del Centro di Ascolto LGBTQ+ “L’Approdo”
Il Rotary Club Livorno è sempre molto attento nel proporre iniziative tese a promuovere l’arte e la cultura della nostra città ed è per questo motivo che ha accolto la proposta del socio Marco Ceccarini, per porre una targa commemorativa dedicata allo scrittore livornese Carlo Coccioli presso il Famedio di Montenero.
Seppur abbia vissuto pochi anni a Livorno, il legame con la città in realtà è stato per lui molto forte.
Oggi a distanza di molti anni dalla sua morte, il Rotary Club Livorno realizza quello che era un desiderio dello stesso Coccioli, dando alla sua memoria il giusto posto tra i grandi della nostra città e meritevole di essere riscoperto e ricordato dalla cittadinanza.
I suoi libri sono stati tradotti in più di 15 lingue; tra i pochi riconoscimenti in Italia, il premio Campiello nel 1976. Per lo stile delle sue opere, è stato paragonato a Moravia ed è stato insignito della Livornina d’Oro (alla memoria) al pari di altri grandi livornesi che sono rimasti maggiormente nel ricordo dei nostri concittadini. Nella zona in cui nacque, oggi Porta a Mare, il Comune di Livorno anni fa inaugurò una strada che oggi porta il suo nome.
BIOGRAFIA CARLO COCCIOLI (a cura Marco Ceccarini)
Carlo Coccioli nacque a Livorno il 15 maggio 1920. Con la famiglia, al seguito del padre Attilio Coccioli, ufficiale dell’Esercito, si trasferì in Libia, dove trascorse l’infanzia a Tripoli e l’adolescenza in Cirenaica, soprattutto a Bengasi. In seguito tornò in Italia con la madre, Anna Duranti, per studiare prima a Fiume e poi a Firenze. Chiamato alle armi, dopo la caduta del Fascismo e l’Armistizio, si unì alle formazioni partigiane che operavano sull’Appennino tosco-emiliano. Catturato dai tedeschi, evase dalla prigione di Bologna, guadagnandosi a guerra finita la medaglia d’argento al merito.
Nell’immediato secondo dopoguerra, si laureò in Lingue e letterature araba ed ebraica all’Istituto orientale di Napoli. In questo periodò fece le prime esperienze letterarie a Firenze ed a Parigi. Nel 1952 pubblicò in francese “Fabrizio Lupo”, che l’autore non tradusse in italiano fino al 1978, provocando uno scandalo in quanto il libro svela, in termini espliciti, l’omosessualità del protagonista: un giovane cattolico. Nel 1953, a causa del clamore, fu costretto ad abbandonare l’Europa ed a trasferirsi in Sudamerica, scegliendo alla fine il Messico come il Paese in cui abitare, dove infatti è rimasto fino all’ultimo, con l’eccezione di una parentesi, dal 1993 al 1995, in cui nel tentativo di ricongiungersi alle proprie radici abitò con il figlio Javier Coccioli Flòres a Livorno nel quartiere della Venezia.
In Messico ha scritto opere importanti, da “L’erede di Montezuma” del 1964 a “Davide” nel 1976 con cui fu finalista al Premio Campiello e vinse il Premio Basilicata, da ’La casa di Tacubaya del 1981 con cui fu finalista al Premio Strega a “Piccolo Karma” del 1987. La sua continua, intensa e personale ricerca esistenziale, negli anni, lo spinsero ad allontanarsi dal Cattolicesimo ed a passare, attraverso l’Ebraismo, prima all’Induismo e quindi al Buddismo. Se “La casa di Tacubaya” segnò il passaggio all’Induismo, “Documento 127” del 1970 con ripubblicazione nel 2010 a Livorno esplicitò la conversione all’Ebraismo, quindi “Piccolo Karma” quella verso il Buddismo, suo definitivo approdo.
Coccioli, che era anche un valido pittore, può essere considerato uno dei maggiori autori italiani del Novecento e sicuramente il narratore livornese di maggiore caratura internazionale. Nel corso della vita ha attraversato, praticandole, quattro religioni: Cattolica, Ebraica, Induista e Buddista. Il fatto che parlasse correntemente in tre lingue, ossia italiano, francese e spagnolo, gli ha permesso di essere stato in molti casi il traduttore di sé stesso. Nel complesso i suoi libri sono stati tradotti in una ventina di lingue del mondo.
Oltre ad aver vinto il Premio Basilicata, oltre ad essere stato finalista al Campiello e allo Strega, Coccioli è stato insignito del Premio Napoli e del Comisso. Ma soprattutto, negli anni Settanta, il nome di Coccioli è stato accostato al Premio Nobel per la letteratura. Ha rappresentato l’omosessualità come libera forma di amore in una modalità di conciliazione con la fede e ha esplorato temi come la conversione religiosa, l’alcolismo, l’animalismo. In Messico è stato considerato l’alternativa ad Octavio Paz, in Francia il Gide italiano con chiaro riferimento allo scrittore André Gide, mentre in Portogallo ha avuto anche tre editori che contemporaneamente si contendevano i suoi libri e negli Stati Uniti gli fu affidata una cattedra all’Università del Texas. Questo per dire quale sia stata la considerazione avuta da Coccioli a livello internazionale. Non a caso il critico letterario ed accademico Carlo Bo lo definì “uno scrittore alieno”, Curzio Malaparte definì i suoi dialoghi “taglienti, intensi, anche allucinanti” e Pier Vittorio Tondelli lo nominò “lo scrittore assente” per la sua capacità di essere sulla scena letteraria italiana nonostante vivesse a migliaia di chilometri di distanza.
La città di Livorno nel 2014 gli ha intitolato una strada a Porta a Mare, non distante dagli scali Novi Lena dove era nato, mentre nel 2019 gli ha conferito la Livornina d’Oro alla memoria. Una sala della biblioteca comunale Labronica è intitolata a lui. In precedenza, nel 1990, il Lions Club Livorno Host gli aveva conferito il Premio Lions.