
(AGENPARL) – Thu 17 July 2025 https://www.aduc.it/articolo/made+italy+igp+non+significano+quello+che+fanno_39527.php
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Made in Italy e IGP non significano quello che fanno intendere
Tutti dicono Made in Italy ma intendono Italian Style. Qual è il problema? Nessuno, se i consumatori fossero informati e pertanto consapevoli delle proprie scelte. Non ci pare così, perché la questione non è solo di distinzione lessicale, ma giuridica e – come di consueto – di marketing.
In molta parte del mondo, nei Paesi anglo-americani, in Asia, segnatamente in Cina, l’etichetta Made in Italy connota immediatamente bellezza ed eleganza.
La frase, nella sua semplicità, richiama le centinaia di anni di patrimonio culturale e artistico dell’Italia, che continua ad attrarre e affascinare consumatori e viaggiatori. Non solo le pagine patinate di riviste come Vogue, Elle, Harper’s Bazaar o The New Yorker sono piene di immagini, storie e pubblicità di marchi italiani, anche in molti film stranieri l’Italia è rappresentata come un paese da sogno, dove andare almeno una volta nella vita.
Soprattutto il mondo della moda si ispira molto allo stile di vita italiano. Da un po’ di tempo anche l’agroalimentare punta al marchio Made in Italy per promuovere e difendere i prodotti italiani, in aggiunta ai marchi DOC (Denominazione di Origine Controllata) e IGP (Indicazione Geografica Protetta).
Abbigliamento, accessori e cibo italiani fanno insomma parte di uno stile di vita desiderato, raffinato e sofisticato. In pratica la frase Made in Italy è usata al posto di Italian Style.
Come marchio nazionale, il Made in Italy nel campo della moda è stato lanciato nel dopoguerra, ma si è imposto alla coscienza nazionale e internazionale con il trionfo di Milano e del prêt-à-porter alla fine degli anni Settanta e Ottanta, anche se le radici affondano nella lunga storia artistica e culturale del Bel Paese.
L’uso del marchio Made in Italy è regolato da normative specifiche che mirano a tutelare l’autenticità e la qualità dei prodotti italiani, contrastando la contraffazione e le false indicazioni di origine. In sostanza, il marchio può essere utilizzato legalmente quando il prodotto è stato ideato, progettato e fabbricato interamente in Italia, oppure quando l’ultima lavorazione sostanziale è avvenuta sul territorio italiano.
Il Diavolo veste Prada e si nasconde nei particolari.
Che significa la frase “quando l’ultima lavorazione sostanziale è avvenuta sul territorio italiano”? Significa che le materie prime e quasi tutte le lavorazioni (e i lavoratori), tranne l’ultima (l’impacchettamento?), possono essere aliene al territorio italiano.
Significa che difendere il Made in Italy consente ai politici di fare credere che stiano lavorando per tutelare l’occupazione e i redditi dei lavoratori italiani, mentre di fatto stanno tutelando gli imprenditori che hanno investito nelle imprese che operano nel campo dell’Italian Style. È una truffa? Legalmente no. Per chi studia la lingua si chiama metonimia: usare una parola al posto di un’altra. Una roba da dotti noiosi.
In marketing si chiama fare affari giocando sull’impossibilità dei consumatori di conoscere tutto.
In politica, causa comportamenti tragicomici come quelli del Ministro Lollobrigida che vuole importare la carne dagli USA per produrre Bresaola IGP e che, involontariamente, ha svelato che la bresaola si può fare anche con la carne di zebù sudamericano, mantenendo la fantastica denominazione di Made in Italy.
Giann Luigi Corinto, docente di Geografia e marketing agroalimentare all’Università di Macerata, collaboratore Aduc
COMUNICATO STAMPA DELL’ADUC
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