
(AGENPARL) – Mon 19 May 2025 Cuore giallorosso: Marco sorprende il papà Angelo, malato di
SLA, e lo porta allo stadio. La Roma risponde con amore
ROMA, 19 maggio 2025 – A volte il calcio è solo uno sport. Altre volte, è tutto: memoria, identità, respiro.
Domenica 18 maggio, allo Stadio Olimpico, è andata in scena una storia che ha il sapore della leggenda e la
sostanza dell’amore: un figlio, Marco, ha regalato al padre Angelo — che da cinque anni convive con la SLA
— un giorno che vale una vita. Lo ha portato a vedere la Roma, la loro Roma. La squadra del cuore, la loro
squadra, la squadra di famiglia.
Un gesto semplice, ma capace di dire tutto. Qui non si parla solo di calcio: qui c’è la forza di un legame che non
conosce infortuni, il peso della memoria che si fa assist perfetto, la magia di una passione che resiste anche
quando il corpo si arrende. È un regalo che profuma di vita vissuta, di partite viste e riviste, di una gratitudine
che scende in campo a testa alta, per un padre che resta il vero capitano. Angelo Minozzi, romano e romanista,
è figlio di una figura che ha fatto la storia dell’etere giallorosso: Enrico Minozzi, lo storico radiocronista della
Roma negli anni ’70 e ’80. Una voce che per tanti tifosi era più familiare di un parente, più vera di un replay.
Per chi ama la Roma, infatti, Minozzi non è solo un nome: è un’eco di curva, uno stadio in miniatura
raccontato, è emozione che si fa suono. E oggi, quello stesso nome è tornato a vibrare grazie a Marco, il nipote
di Enrico e che ha scritto una lettera commovente per chiedere alla Roma di accogliere suo padre, “un eroe
vero, non perché ha vinto coppe, ma perché ogni giorno lotta con dignità contro la SLA”.
La società giallorossa, da sempre sensibile alle storie autentiche dei suoi tifosi, non si è tirata indietro. Ha
detto sì, ha spalancato le porte dell’Olimpico e del cuore. E così, tra emozione e commozione, Angelo è
tornato sugli spalti, circondato dall’amore di suo figlio e dal boato della sua gente.
La foto che accompagna questo momento lo racconta meglio di mille parole: Angelo e Marco nella quiet room
dello stadio, con la bandiera di AISLA sulle gambe. Un dettaglio che dice molto. Perché accanto a Marco, in
ogni passo, c’era AISLA, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. Una complice silenziosa di
questo abbraccio tra la vita e la passione, che ha sostenuto, facilitato, reso possibile questo ritorno allo stadio.
Perché è proprio questo che AISLA fa ogni giorno: trasforma le parole in azioni, i sogni in possibilità.
A Jesi, solo pochi giorni fa, si è chiuso l’evento nazionale di AISLA con oltre 130 partecipanti da tutta Italia. Si è
parlato di cura, di diritti, di Progetto di Vita. Si è parlato di comunità e di alleanze. E poi, a distanza di poche ore,
arriva questa storia. Una storia che è il più bel manifesto di ciò che si è detto: l’ascolto che si fa azione, la cura
che si fa gesto, la vita che si fa promessa mantenuta.
Perché in fondo, la Roma, questa Roma, è anche questo. Un club che non dimentica. Una tifoseria che
abbraccia. Una curva che sa ancora commuoversi.
Angelo, Marco, Enrico. Tre nomi, una squadra, una sola grande bellezza. Romanismo allo stato puro. Quello
che fa venire i brividi anche senza bisogno di un gol.