
Nel Comune di Piedimonte Matese ha avuto luogo, il 14 Aprile, la rappresentazione teatrale “Il Gatto e La Volpe”. Un successo straordinario, poiché alla recitazione di attori professionisti, si sono alternate interpretazioni spontanee ed estemporanee da parte del pubblico. Ne è nato, così, un dramma pirandelliano, dove quello che doveva essere il tema principale “la partecipazione” si è trasformato, invece, nell'”incomunicabilità”, ovvero, l’impossibilità da parte dei residenti del territorio di rendere manifeste le proprie aspirazioni, in un palcoscenico dove tutte le comparse erano già state definite e pianificate nei dettagli. La commedia è ricca di metafore e allegorie, che il pubblico, man mano, deve svelare per accorgersi, infine, che ormai la partita è già stata giocata, dato che una sentenza del Tar Lazio impone, entro il 22 Aprile, alle Regioni Campania e Molise la conclusione di un processo di ‘scrittura’ e definizione dei confini e delle zone dell’area naturalistica matesina. Tuttavia – ciò avviene, mentre il Parco, a tutti gli effetti, continua ad incontrare la resistenza di molti rappresentanti delle comunità locali, in primis gli allevatori estensivi.
Nella rappresentazione teatrale, i virtuosi registi, come nella famosa fiaba di Collodi, hanno affidato al ‘Gatto’ e alla ‘Volpe’, un ruolo di rilievo. Sono due figure polimorfe e camaleontiche, loschi nel loro fare, si spalleggiano l’un l’altro, compaiono inaspettati sulla scena, pronti a manipolare la volontà di quei soggetti che hanno rinunciato alla propria libertà, cedendo – così – al vile rapporto potere-denaro. Sono, inoltre, degli abili affabulatori, capaci di promettere grandi risultati se solo riponete nelle loro tasche la giusta quantità di denaro. Questo duo felino-canino ha fatto dell’inganno il proprio stile di vita. Il Gatto è, apparente, più affabile e docile. E’ cicciottello, sopraccigli spessi e irsuti, e un volto bonario rotondeggiante, cerchiato da una peluria fitta ed ispida, senza soluzione di continuità. E’ quasi un misto tra santone hindu e pastore neolitico; dietro queste sembianze semi-mistiche e primordiali, si nasconde un nemico degli allevatori, anche se lui stesso afferma di appartenere alla categoria. In realtà è un complice delle furberie della Volpe, la vera mente di questo connubio diabolico, quest’ultima è astuta e spietata, pianifica le truffe e convince il Gatto a seguirla.
Rispetto al Gatto, la Volpe è generalmente ben vestita, capelli, baffi e pizzetto brizzolati curati, e due occhi sottili e pungenti. In chiave allegorica, il Gatto e la Volpe rappresentano i rischi di credere troppo facilmente alle promesse altrui e di cadere vittime d’inganni. Entrambi utilizzano la simulazione, la menzogna e la furbizia per raggiungere i propri scopi, avendo una spiccata conoscenza della natura umana e delle sue debolezze. Dietro la maschera dell’inganno, tuttavia, si nasconde un profondo fallimento, infatti, sia il Gatto e la Volpe sono incapaci di costruire relazioni autentiche basate sulla fiducia e sulla sincerità e, nel caso specifico, non trovano consensi tra i residenti del territorio e tra gli esponenti del mondo degli allevatori estensivi. La loro presenza, nell’ambito dello spettacolo teatrale, organizzato a Piedimonte Matese, serve a mettere in guardia tutti gli spettatori dai pericoli che il futuro Parco potrebbe rappresentare per i residenti del territorio. La storia di questi due personaggi, ci insegna che l’inganno può portare sì, ad alcuni successi momentanei, ma se non corroborati dall’onesta intellettuale, questi rischiano di essere fagocitati nel nulla. Infatti, solo attraverso il vero ascolto degli altri, è possibile costruire se stessi e dare, così, un significato vero alla propria vita.
L’altro protagonista della storia, il vero Pinocchio, questa volta, non è presente, ma ascolta tutto ciò che accade nei suoi paesi membri, dai tavoli decisionali di Bruxelles, dove con la nuova Legge per il Ripristino della Natura si richiede di porre in atto, entro il 2030, misure di ripristino per almeno il 30% di tali habitat in tutta l’UE https://www.isprambiente.gov.it/it/archivio/notizie-e-novita-normative/notizie-ispra/2024/02/il-parlamento-europeo-approva-la-legge-per-il-ripristino-della-natura
Con maestria, i registi dello spettacolo di Piedimonte Matese, hanno rappresentato il naso europeo di Pinocchio come un’invisibile appendice – il cui allungarsi a dismisura esprime l’arroganza di un sistema dispotico, disposto a insinuarsi dappertutto, senza ascoltare le voci del territorio, bucando, così, con la sua punta temperata, ogni possibile resistenza. Ma Pinocchio non si muove da solo, viene tirato di qua e di là da tanti personaggi, come i fautori del movimento ‘rewilding’ che, però, esercitano su di lui un’attrazione fatale. Purtroppo con quel burattino ottuso e un po’ testa di legno, gli allevatori dovranno continuare a confrontarsi, ancora per molto tempo.
La sala di Piedimonte, dove si è svolto lo spettacolo teatrale, è diventa – usando una metafora ‘collodiana’ – una sorta di “città di Acchiappa-Citrulli”, dove ad ignari spettatori il ‘Gatto’ e la ‘Volpe’ hanno somministrato le loro, ormai ben note, ricette per lo sviluppo sostenibile, facendo credere che il neo-nascente Parco del Matese, diventerà presto il futuro ‘Paese della Cuccagna’. Il Gatto e la Volpe, ed i loro seguaci, esaltano la miracolosa natura del territorio matesino che, a dir loro, potrebbe dare vita – in brevissimo tempo – ad alberi capaci di fruttare monete. Non sarà di certo una riserva naturale regolata da vincoli opprimenti e restrizioni di ogni tipo, come reclamano quegli stolti allevatori ma, invece, un ‘Campo dei Miracoli’, dove prosperità economica, tutela ambientale e benessere sociale cresceranno a dismisura, “basterà piantare nel terreno ‘cinque zecchini d’oro’ per ritrovarne duemila la mattina seguente, lampanti e suonanti”. E’ un conto facilissimo suggerisce il Gatto, ed il sacrificio da fare è davvero minimo! Basterà rinunciare soltanto ad un po’ della propria libertà – intesa non solo come capacità di gestione del territorio ma anche come condizione metafisica del pensiero – conformandosi, così, alle regole del ‘Grande Fratello Verde’ che si preoccuperà di qualsiasi cosa, dalle erbacce cresciute tra i ‘sampietrini’ degli antichi borghi, alla gestione delle fauna selvatica, ‘di cosa fare e non fare’ all’interno di una proprietà privata, a come e dove pascolare il bestiame, in poche parole, di tutto ciò che, direttamente, o indirettamente, potrebbe interferire con ‘Madre Natura’. Non potendo trovare alcun esempio virtuoso di Parco Nazionale in Italia, il Gatto si rifa’ ad alcuni modelli francesi. Poi il suo linguaggio smarrisce la forza comunicativa, riempiendosi di parole vuote che non esprimono più nulla, completamente avulse, come sono, dalla realtà. Il pubblico, inebriato da un lessico accattivante ma inconcludente, continua ad applaudire ma lo fa’, ormai, per inerzia e senza entusiasmo.
Il ‘Paese della Cuccagna’ proposto dal Gatto e la Volpe, è solo uno specchietto per gli asini, perché totalmente imposto dall’alto, e plasmato su modelli gestionali estranei alle pratiche consuetudinarie. Qui il nuovo soggetto (ex attori del territorio) viene ‘nientificato’, non avrà più nulla di cui preoccuparsi, non dovrà più prendere coscienza critica di sé e neppure cimentarsi nella conoscenza problematica del mondo che lo circonda – ovvero non dovrà essere più al centro dei contesti di vita legati al proprio territorio e alla sua gestione. Sarà il ‘Grande Fratello Verde’ a preoccuparsi di tutto e dei suoi nuovi sudditi. L’istituzione comunale, ad esempio, sarà ridotta ad una rete di vassalli che dovranno soltanto mettere in atto le procedure di controllo imposte dal ‘Grande Fratello Verde’ (Il Parco). Questa gerarchia regolerà tutti i rapporti, nevrotizzando i veri attori del territorio, mentre la verifica continua di ciò ‘che si può fare e ciò che non si può fare’ alimenterà un sentimento astioso nei residenti. Ma, ovviamente, non è ciò che il Gatto e la Volpe raccontano ai partecipanti di questa messa in scena, loro invece propongono di adeguarsi alle logiche di gestione territoriale del futuro Parco, per concludere un ‘grande affare’: essere parte, finalmente, di un qualcosa di più grande che porterà nuovi fondi, investimenti, turismo sostenibile distribuiti a pioggia sul territorio, insomma ce ne sarà per tutti…e tutto questo potrà verificarsi soltanto grazie ad un iniziale atto di fede e di fiducia illimitata da parte della gente nei confronti del ‘Grande Fratello Verde’. Non fa nulla, se per raggiungere questi incredibili traguardi occorrerà smussare un po’ le diversità, uniformare, standardizzare, ottimizzare i comportamenti dei residenti, se è possibile migliorarli, inibirli o castrarli del tutto. Individui evirati, deformati e modellati a puntino, andranno così a costituire le nuove Comunità del Parco.
Nello spettacolo teatrale messo in atto a Piedimeonte Matese, il Gatto e la Volpe sfruttano i desideri e le legittime aspettative di sviluppo della gente dei territori interni (già costretta a vedere i propri figli migrare altrove) proponendo, invece, schemi e modelli stereotipati di cosiddetti ‘Parchi Virtuosi’, modelli – che di fatto – si sono rivelati fallimentari già a pochi chilometri di distanza dal Matese, come nel vicino Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) https://agenparl.eu/2023/10/25/abruzzo-lazio-e-molise-calpestati-i-diritti-duso-civico-il-no-degli-allevatori-al-piano-del-parco-pnalm/ Il linguaggio affabile del Gatto e della Volpe e le attese di crescita dei residenti dei Comuni, ad un certo punto, si incrociano, creando – paradossalmente – il palcoscenico dove si consuma la seduzione e l’inganno.
Mentre il Gatto esordisce, parlando della mafia dei pascoli e di come questa sia quasi stata sconfitta, ecco, improvvisamente, un colpo di scena: il ‘Grillo Parlante’ (in arte Giuseppe Tatangelo), ammonisce il Gatto, ricordandogli che una mafia molto simile a quella dei pascoli esiste, tuttora, ed è la mafia dei parchi che, con la complicità di sindaci ‘lecca fondelli’, affitta i pascoli di uso civico, pagandoli con i soldi pubblici, e sottraendoli agli allevatori. Con questa ‘volpesca’ furberia, sono già stati sottratti oltre 1,000 ettari soltanto nel Comune di Pescasseroli, per non parlare degli altri comuni abruzzesi di Villavellelonga, Gioia dei Marsi, Lecce dei Marsi, Bisegna, Ortona, etc. Poi improvvisamente, la situazione si fa esilarante, ed eccoci al secondo colpo di scena: il ‘Grillo Parlante’ (in una veste più sfrontata e birichina rispetto al personaggio di Collodi) si fa strada nel palco e, inaspettatamente, con un balzo improvviso, si ritrova faccia a faccia con il Gatto e la Volpe, consegnando loro un bel rotolo di carta igienica a due strati. La Volpe a questo punto sobbalza esterrefatta dal suo sgabello; il Gatto raggela, mentre gocciole di sudore trasudano dal suo pelame malconcio. Segue l’applauso strepitoso del pubblico e il vociare dei partecipanti che, quasi improvvisamente, si risvegliano dallo stato di torpore e d’ipnosi, nel quale erano stati indotti dai due loschi personaggi. Il ‘Grillo Parlante’ ha un grande difetto: non è compiacente, dice le cose come stanno – magari in un tono un po’ burbero, ma quando promette di fare una cosa la fa. Peccato, poi, che siano arrivati i Gendarmi, invitandolo a tacere.
La morale principale della storia è apparentemente semplice, le promesse che il neo-nascente Parco del Matese sta facendo ai sindaci, e a tutti gli attori del territorio, faranno la fine della carta igienica, e a nulla serviranno le dimostranze postume, quando l’intero territorio sarà disseminato di segnaletiche dai titoli altisonanti: “Beneventi nel Parco del Matese: Qui la Natura è Protetta”. https://www.amolivenews.it/2025/04/15/parco-nazionale-del-matese-il-futuro-e-nella-partecipazione-luciano-sammarone-e-nunzio-marcelli-a-piedimonte-matese/
La descrizione di questo indimenticabile spettacolo teatrale finisce qui, lasciando insoluto un quesito: riusciranno i due loschi personaggi, insieme alla loro schiera di demagoghi e ‘adulatori dei popoli’ a traghettare gli ignari residenti del territorio matesino nel ‘Paese dei Balocchi’, dove si perde ogni collegamento con il mondo reale e dove le immagini di chi ha modellato il territorio con il proprio sacrificio e conoscenze millenarie, diventano quanto mai sfocate, fino a scomparire? A questa domanda non si può dare ancora risposta. Ringraziamo, allora, i direttori della compagnia teatrale per l’ospitalità, i progettisti per l’impeccabile scenografia e tutti i tecnici che hanno collaborato. Un ringraziamento profondo va, ovviamente, al grande Collodi, senza il quale tutto questo sarebbe stato impossibile.
