
(AGENPARL) – Thu 17 April 2025 Commissioni congiunte
5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio)
e V della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione)
Audizione preliminare all’esame
del Documento di finanza pubblica 2025
Testimonianza del Vice Capo del Dipartimento
Economia e Statistica della Banca d’Italia
Andrea Brandolini
Senato della Repubblica
Roma, 17 aprile 2025
Signor Presidente, Onorevoli Senatori, Onorevoli Deputati,
ringrazio le Commissioni quinta del Senato e quinta della Camera per
avere invitato la Banca d’Italia a questa audizione, nell’ambito dell’esame del
Documento di finanza pubblica 2025 (DFP).
Mi soffermerò in primo luogo sugli sviluppi macroeconomici degli ultimi
mesi. Passerò poi alla finanza pubblica, illustrando i dati di consuntivo dello
scorso anno e le tendenze per il triennio 2025-27. Dopo aver discusso il tema
del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e delle riforme, proporrò
alcune valutazioni conclusive.
1. Il quadro macroeconomico
Il contesto internazionale è caratterizzato da grande instabilità. L’annuncio,
lo scorso 2 aprile, di un netto incremento dei dazi statunitensi sulle importazioni
ha prodotto una cesura dell’attuale assetto di regole internazionali. L’instabilità
è accresciuta dall’incertezza che circonda il nuovo livello dei dazi: al momento,
è temporaneamente applicata un’aliquota del 10 per cento sulla maggioranza
dei prodotti importati dai partner commerciali, con l’esclusione della Cina
(per la quale si applica un’aliquota eccezionalmente elevata), ma il quadro è
in evoluzione. Le ripercussioni sull’economia mondiale e sulla cooperazione
internazionale saranno profonde.
L’annuncio del 2 aprile ha causato una rapida e forte reazione nei
mercati finanziari internazionali, solo in parte mitigata dalla parziale e
temporanea sospensione delle misure annunciata il 9 aprile. Sono scesi i
corsi azionari, particolarmente nei settori più esposti al commercio mondiale,
è molto aumentata la volatilità e si è assistito a una ricomposizione dei
portafogli verso attività più sicure. Il dollaro si è deprezzato nei confronti
di tutte le principali valute. Le quotazioni delle materie prime energetiche
hanno subito una brusca flessione: il prezzo del petrolio è sceso fino a 63
dollari al barile, ai minimi dall’agosto del 2021; il prezzo del gas naturale
sul mercato europeo, dopo un rialzo nei primi mesi dell’anno, è calato
a 35 euro per megawattora.
Già prima dell’inasprimento delle misure protezionistiche, le
proiezioni delle istituzioni internazionali prefiguravano un rallentamento
del prodotto mondiale nel 2025. Gli effetti diretti e indiretti dei nuovi
dazi e la straordinaria instabilità del contesto economico implicano che il
rallentamento possa essere ancor più marcato di quanto atteso.
Nell’area dell’euro, il prodotto è aumentato a ritmi contenuti nell’ultimo
trimestre del 2024. Secondo le informazioni disponibili, avrebbe continuato
a espandersi in misura moderata anche nei primi mesi del 2025, in cui sono
emersi primi segnali di stabilizzazione del ciclo industriale e si è mantenuto
favorevole l’andamento dei servizi. Le valutazioni sulla domanda attesa e il
clima di fiducia rimangono tuttavia coerenti con una prospettiva di debolezza
del settore manifatturiero.
La produzione industriale ha recuperato in gennaio e febbraio, dopo la flessione
osservata alla fine del 2024. Gli indicatori qualitativi hanno segnalato un lieve rafforzamento
dell’attività: l’indice dei responsabili degli acquisti nel comparto manifatturiero è risalito,
superando in marzo, nella componente relativa alla produzione corrente, la soglia coerente
con l’espansione dell’attività per la prima volta da aprile del 2023.
Nelle proiezioni formulate a marzo dagli esperti della BCE la crescita del
PIL era poco al di sopra dell’1 per cento annuo in media nel triennio 2025-27;
l’inflazione era in progressiva diminuzione, con una stabilizzazione
intorno al 2 per cento all’inizio del 2026. Queste proiezioni, tuttavia, non
includevano ancora gli effetti negativi che deriveranno dall’inasprimento
delle politiche commerciali statunitensi. In risposta all’evoluzione del quadro
macroeconomico, il Consiglio direttivo della BCE ha proseguito il ciclo di
allentamento della politica monetaria.
Nelle riunioni di gennaio e marzo il tasso di interesse sui depositi presso la banca
centrale è stato ridotto complessivamente di 50 punti base, al 2,5 per cento. I tagli cumulati
dall’avvio della fase di allentamento monetario, nel giugno 2024, ammontano a 150 punti
base. Le passate riduzioni dei tassi ufficiali si stanno trasmettendo regolarmente al costo
del credito; la dinamica dei prestiti nell’area dell’euro rimane tuttavia modesta.
In Italia, il prodotto è cresciuto in misura marginale nell’ultimo trimestre
dello scorso anno (0,1 per cento), dopo il ristagno nei mesi estivi. È venuto
meno l’impulso delle vendite all’estero, diminuite per il quarto trimestre
consecutivo, ma sono aumentati i consumi delle famiglie grazie alla
crescita dei redditi da lavoro reali, sostenuti dalla tenuta dell’occupazione
e dall’accelerazione delle retribuzioni. Dopo tre trimestri di calo, gli
investimenti sono cresciuti, con l’eccezione di quelli in abitazioni su cui
incide il ridimensionamento degli incentivi. Il valore aggiunto è aumentato
nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni, mentre ha ristagnato nei
servizi, che nei trimestri precedenti avevano sostenuto la crescita.
Secondo le nostre valutazioni, il PIL sarebbe aumentato anche nel primo
trimestre del 2025. Il valore aggiunto sarebbe tornato a crescere nei servizi
e sarebbe leggermente risalito nell’industria in senso stretto; sarebbe ancora
aumentato nelle costruzioni, trainato dalla componente non residenziale.
La produzione industriale, dopo una flessione che si protrae dalla seconda metà del
2023, nella media dei primi due mesi del 2025 ha recuperato, in quasi tutti i comparti
ad eccezione dei beni strumentali. Sia l’indice PMI, ancora al di sotto della soglia di
espansione, sia il clima di fiducia delle imprese manifatturiere sono risaliti. Le imprese
intervistate nell’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita, condotta tra febbraio e
marzo, segnalano un lieve miglioramento delle proprie condizioni operative, seppure in
un quadro ancora sfavorevole; i diffusi timori circa le ricadute delle politiche commerciali
statunitensi potrebbero condizionare l’attività produttiva nell’intero anno. Nei servizi gli
indici PMI segnalano un aumento del fatturato e delle nuove commesse e il clima di fiducia
delle imprese resta complessivamente favorevole, in particolare nel comparto legato al
turismo. Nelle costruzioni l’attività produttiva è nuovamente cresciuta e le valutazioni
sulla domanda e sulle condizioni operative appaiono più favorevoli che negli altri settori.
La spesa per consumi avrebbe continuato a espandersi, riflettendo
l’andamento positivo dell’occupazione; la debole dinamica degli
investimenti in macchinari e attrezzature sarebbe stata più che compensata
dal rafforzamento della spesa per costruzioni non residenziali, sospinta dalla
realizzazione dei progetti del PNRR.
L’inflazione nei primi mesi del 2025 è rimasta su livelli contenuti,
seppur più elevati rispetto alla fine del 2024 a causa dell’aumento dei prezzi
dell’energia; al netto dei beni energetici e alimentari, è diminuita leggermente.
La crescita delle retribuzioni contrattuali si è mantenuta robusta.
In prospettiva, sull’economia europea e su quella italiana peseranno gli
effetti dell’aumento dei dazi statunitensi. La qualità elevata dei beni che
vendiamo negli Stati Uniti e gli ampi margini di profitto di alcune imprese
potranno attenuarne temporaneamente l’impatto, ma un contraccolpo sarà
inevitabile se vi sarà un forte rallentamento del commercio mondiale. Anche
gli investimenti, già frenati da un basso utilizzo della capacità produttiva
e da condizioni di finanziamento a lungo restrittive, potrebbero risentirne,
soprattutto per l’incertezza sull’evoluzione delle politiche commerciali.
Le più recenti proiezioni della Banca d’Italia, diffuse a inizio aprile,
includono una prima e necessariamente parziale valutazione degli effetti
dei dazi annunciati dagli Stati Uniti. Esse prefigurano un’espansione del
PIL dello 0,6 per cento nel 2025, dello 0,8 nel 2026 e dello 0,7 nel 2027;
nell’intero triennio, la crescita economica è di 0,7 punti percentuali inferiore
a quella stimata lo scorso dicembre. Le prospettive delineate nel quadro
macroeconomico tendenziale del Governo sono analoghe.
Escludendo la correzione per le giornate lavorative, nello scenario previsivo della
Banca d’Italia il PIL aumenta dello 0,5 per cento nel 2025, dello 0,9 nel 2026 e dello 0,7
nel 2027.
Gli elementi di incertezza che gravano su questo quadro sono numerosi.
L’instabilità delle politiche commerciali, la possibilità di prolungate
turbolenze sui mercati finanziari e l’adozione di eventuali misure ritorsive
da parte dei partner commerciali degli Stati Uniti possono compromettere
l’andamento delle esportazioni e incidere negativamente sulla spesa per
investimenti e consumi. In tale contesto, l’attuazione delle misure del PNRR
è fondamentale per sostenere la crescita e la solidità dell’economia nazionale.
2. L’indebitamento netto e il debito nel 2024
Secondo le stime dell’Istat, nel 2024 il disavanzo è sceso, dal 7,2 al
3,4 per cento del PIL. Il saldo primario è migliorato di 4 punti percentuali,
allo 0,4 per cento del PIL, tornando in avanzo per la prima volta dal 2019;
l’incidenza della spesa per interessi è aumentata di 0,2 punti, al 3,9 per cento.
Il miglioramento dei conti è stato guidato in massima parte dalla netta
contrazione dei contributi in conto capitale dal 5,6 all’1,5 per cento del PIL,
dovuta soprattutto al drastico ridimensionamento delle spese relative al
Superbonus. L’incidenza delle entrate è aumentata di 0,4 punti percentuali,
al 47,1 per cento. Il significativo aumento della pressione fiscale (1,2 punti,
al 42,6 per cento del PIL) è stato solo in parte compensato dal calo delle
entrate in conto capitale diverse dalle imposte (-0,9 punti), ascrivibile per lo
più alla diminuzione delle sovvenzioni connesse con l’attuazione del PNRR.
Dal lato delle spese vanno segnalati l’ulteriore aumento degli investimenti pubblici,
dal 3,2 al 3,5 per cento del PIL, e il lieve incremento della spesa primaria corrente, dal
41,1 al 41,3 per cento.
Dopo i forti cali del triennio precedente, il rapporto tra il debito e il
PIL è aumentato di 0,7 punti percentuali al 135,3 per cento (1,4 punti in più
rispetto al 2019). L’avanzo primario non è stato sufficiente a compensare
una significativa componente stock-flussi (1 punto), dovuta principalmente
al rafforzarsi degli effetti di cassa dei crediti d’imposta per il Superbonus
maturati negli anni precedenti. L’impatto del differenziale tra tasso di
crescita e onere medio del debito, diversamente dai precedenti tre anni,
è stato lievemente sfavorevole (per 0,2 punti).
Sia per il disavanzo sia per il debito i risultati del 2024 sono migliori
di quanto atteso dal Governo in autunno. Il Piano Strutturale di Bilancio
di Medio Termine (PSBMT) prevedeva un indebitamento netto del 3,8 per
cento del PIL, un avanzo primario dello 0,1 e un aumento dell’incidenza del
debito sul prodotto di 1 punto percentuale. Lo scostamento da quelle stime
è principalmente da attribuire al migliore andamento delle entrate.
Secondo le valutazioni del DFP nel 2024 lo stock di garanzie pubbliche, che in
quanto passività solo potenziali non sono incluse nel debito di Maastricht, è sceso al
13,4 per cento del PIL, oltre due punti in meno del picco del 2021. Le escussioni legate
a tali misure sono risultate pari ad appena 2,5 miliardi, un valore inferiore all’1 per
cento del totale dell’esposizione a inizio anno.
3. I conti pubblici nel 2025-27
3.1. L’aggiornamento dei saldi tendenziali
Nelle stime del DFP, il consuntivo per il 2024 migliore delle attese e
il peggioramento del quadro macroeconomico producono effetti che si
compensano. Gli andamenti dei principali saldi di bilancio nel triennio
2025-27 rimangono quindi pressoché inalterati rispetto a quanto previsto nel
PSBMT di settembre.
Nel 2025 l’indebitamento netto diminuirebbe al 3,3 per cento
del prodotto; l’anno prossimo la riduzione sarebbe più significativa
e consentirebbe di scendere al 2,8 per cento; nel 2027 il disavanzo si
porterebbe al 2,6 per cento.
L’avanzo primario aumenterebbe gradualmente all’1,5 per cento del PIL nel 2027.
In termini strutturali, nel triennio 2025-27 il miglioramento del saldo primario sarebbe
di circa 0,5 punti percentuali in media all’anno.
La riduzione dell’indebitamento nel triennio 2025-27 è di fatto dovuta al
calo dell’incidenza delle spese primarie (1,2 punti percentuali), che più che
compensa la maggiore spesa per interessi (0,3 punti).
La pressione fiscale rimarrebbe sostanzialmente stabile, intorno al 42,6 per cento
del PIL nell’intero orizzonte previsivo. Al contrario, le entrate non fiscali, verosimilmente
guidate dalla componente legata all’esecuzione del PNRR, toccherebbero un massimo
(5,2 per cento del PIL) nel 2026, per poi tornare l’anno seguente su un valore simile
a quello del 2024 (intorno al 4,5).
La spesa primaria corrente rimarrebbe quasi invariata in rapporto al
prodotto nell’anno in corso per poi diminuire progressivamente nei due
successivi (complessivamente per quasi un punto di PIL) fino a collocarsi
al 40,5 per cento, il livello più basso dal 2008; in termini nominali
aumenterebbe di oltre il 3 per cento nel 2025 e di poco più dell’1,5 in
media all’anno nel biennio successivo. Nel periodo 2026-27 la spesa in
termini reali (utilizzando il deflatore del PIL) si ridurrebbe per circa 0,3
punti percentuali all’anno rispetto a una crescita media di oltre mezzo
punto negli anni 2008-2024.
La spesa per redditi da lavoro dipendente crescerebbe nel triennio di
previsione dell’1,7 per cento all’anno, meno della spesa primaria corrente
nel suo complesso; in rapporto al prodotto, scenderebbe di circa 0,3 punti,
all’8,7 per cento nel 2027, il valore più basso dall’introduzione dell’euro.
Negli ultimi 25 anni il reddito medio dei dipendenti pubblici è rimasto invariato in
termini reali. Anche l’occupazione nelle Amministrazioni pubbliche (misurata in unità
di lavoro equivalente) ha mostrato una sostanziale stabilità: a fronte di una riduzione
nel periodo 2000-2020, la tendenza si è invertita nel quadriennio successivo, anche per
effetto dei provvedimenti di contrasto alla pandemia.
La spesa per pensioni si manterrebbe intorno al 15,5 per cento del PIL.
In termini nominali, crescerebbe del 2,8 per cento in media all’anno, un tasso
più moderato di quello osservato nello scorso triennio quando aveva inciso
l’indicizzazione delle prestazioni all’elevata dinamica dei prezzi.
Nel medio periodo l’incidenza di tale voce riprenderebbe gradualmente
a salire a causa del pensionamento delle coorti numerose dei nati negli anni
sessanta, raggiungendo un massimo pari a 17,1 punti percentuali di PIL nel
2040 per poi progressivamente ridursi1.
La spesa sanitaria in rapporto al prodotto rimarrebbe sostanzialmente
invariata fino al 2027, intorno al 6,4 per cento. In prospettiva, il Servizio
Sanitario Nazionale (SSN) dovrà far fronte alla crescente domanda di servizi
che sarà generata dall’invecchiamento della popolazione2.
Nel 2022 (ultimo anno per cui sono disponibili dati di consuntivo per tutti i paesi),
la spesa sanitaria pubblica ammontava a quasi l’11 per cento del PIL in Germania,
a circa il 10 in Francia, a oltre il 9 nel Regno Unito, e a poco più del 7 in Spagna
(6,7 per cento in Italia in quell’anno)3.
La spesa in conto capitale in rapporto al PIL dovrebbe riprendere ad
aumentare nell’anno in corso. Si stabilizzerebbe nel 2026 e scenderebbe di
circa mezzo punto percentuale l’anno successivo, anche per il venire meno
dei programmi connessi con il PNRR. In termini nominali, nel 2025-26
la spesa crescerebbe in media di quasi il 4 per cento all’anno, per ridursi
decisamente, di oltre il 5 per cento, nel 2027. Le sue componenti presentano
però andamenti divergenti: mentre gli investimenti pubblici crescerebbero
lungo tutto l’orizzonte previsivo in termini nominali (oltre il 5 per cento in
media nel 2025-26 e più modestamente nel 2027), le altre spese si ridurrebbero
di circa il 9 per cento all’anno nel triennio (soprattutto per la contrazione dei
contributi agli investimenti privati).
In rapporto al prodotto, gli investimenti salirebbero complessivamente
di 0,2 punti percentuali al 3,8 per cento nel 2027, il valore più alto dall’avvio
dell’area dell’euro.
Cfr. “Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione
demografica in atto”, Testimonianza del Vice Capo del Dipartimento Economia e Statistica della
Banca d’Italia Andrea Brandolini, Camera dei Deputati, Roma, 15 aprile 2025.
Cfr. “Audizione preliminare all’esame della manovra economica per il triennio 2025-2027”,
Testimonianza del Vice Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia Andrea
Brandolini, Commissioni riunite V della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione)
e 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio), Roma, 5 novembre 2024.
Per i paesi dell’area dell’euro cfr. Eurostat, System of Health Accounts, per il Regno Unito cfr. Office
for National Statistics, 2022 UK Health Accounts.
3.2. L’indicatore di spesa netta
Nel complesso la crescita della spesa primaria sarebbe pari al 3,4 per cento
in termini nominali nel 2025, al 2,3 nel 2026 e allo 0,3 nel 2027. Tuttavia,
l’andamento della spesa primaria non è sufficiente per valutare il rispetto
delle regole europee, che si basa sulla “spesa netta”, ovvero la spesa primaria
al netto di alcune componenti di raccordo4 e delle misure discrezionali dal
lato delle entrate5.
Con il PSBMT dello scorso settembre il Governo ha fissato obiettivi per
la crescita di questo aggregato per il periodo 2025-29. Il Consiglio dell’UE
lo scorso gennaio ha approvato questo profilo, dando anche raccomandazioni
circa la dinamica cumulata da rispettare.
Il DFP confronta i dati di consuntivo del 2024 e quelli relativi alle
previsioni tendenziali per l’anno in corso e il prossimo biennio con le
raccomandazioni rivolte al nostro paese. Nelle valutazioni del Governo, gli
andamenti attesi per il 2025 e quelli per l’intero biennio 2024-25 sarebbero
in linea con le regole europee: la spesa netta crescerebbe dell’1,3 per cento
nel 2025 e diminuirebbe dello 0,9 nel complesso del biennio 2024-25, con
una dinamica cumulata leggermente inferiore a quanto richiesto.
Sebbene il primo anno del periodo di programmazione definito nel PSBMT sia il
2025, per la sorveglianza si terrà conto anche della crescita della spesa netta nel 2024,
in modo tale da considerare nella valutazione gli effetti di un andamento a consuntivo di
quell’anno potenzialmente diverso da quello previsto.
La correzione della dinamica della spesa primaria per le componenti
di raccordo porterebbe il tasso di crescita dal 3,4 a un valore prossimo al
2,5 per cento, soprattutto per effetto del sensibile incremento delle spese
finanziate da trasferimenti comunitari (dallo 0,4 allo 0,7 per cento del PIL).
La crescita scenderebbe ulteriormente, all’1,3 per cento, tenendo conto
dell’aumento atteso delle entrate discrezionali non una-tantum (0,6 punti
percentuali del PIL) in parte dovuto all’abolizione dell’ACE disposta dalla
manovra per il 2024.
Si tratta delle spese una tantum, di quelle finanziate da trasferimenti della UE, del cofinanziamento
nazionale e della parte ciclica dei sussidi di disoccupazione.
Per alcuni dettagli sulle modalità di computo dell’indicatore di “spesa netta”, cfr. Commissione
europea, Orientamenti per gli Stati membri sugli obblighi di informazione per i piani strutturali di
bilancio di medio termine e per le relazioni annuali sui progressi compiuti, C/2024/3975.
L’identificazione delle entrate discrezionali e la quantificazione dei
loro effetti è cruciale per il rispetto degli obiettivi definiti dal PSBMT. Il
DFP contiene pochi dettagli in merito. È auspicabile che le future edizioni
dei documenti di monitoraggio contengano un approfondimento maggiore
di questo punto, indipendentemente da quanto strettamente richiesto dalla
normativa comunitaria.
Per il prossimo biennio il Documento presenta un’analisi meno dettagliata
di quella per l’anno in corso. Secondo le stime ufficiali, rispetto a quanto
stabilito nel PSBMT il tasso di crescita della spesa netta a legislazione vigente
sarebbe pienamente in linea il prossimo anno (1,6 per cento) e leggermente più
favorevole nel 2027 (1,8 per cento rispetto all’1,9 concordato).
Secondo il DFP, nel 2028 la spesa netta crescerebbe a un tasso inferiore all’obiettivo
dell’1,7 per cento fissato a settembre.
3.3. Il debito
Secondo le stime del DFP l’incidenza del debito sul PIL continuerebbe a
crescere nel 2025 e nel 2026, complessivamente per poco oltre due punti, per
poi scendere leggermente nel 2027. In quell’anno, il rapporto sarebbe pari al
137,4 per cento.
Il DFP stima che il rapporto tra il debito e il PIL diminuisca di un punto percentuale
nel 2028, al 136,4 per cento, ma non si sofferma sui fattori all’origine di questo calo.
Gli avanzi primari che verrebbero conseguiti non sarebbero sufficienti, se
non nel 2027, a controbilanciare l’effetto sul debito dell’ampia componente
stock-flussi (4,6 punti percentuali del PIL nel triennio), in larga parte
connessa con gli effetti di cassa di agevolazioni edilizie concesse in passato.
Come si è già avuto modo di notare, è un fenomeno di portata estremamente
ampia, ma dal carattere transitorio: dopo il 2027, con il sostanziale
esaurirsi dell’impatto del Superbonus, gli effetti sulla componente stockflussi sarebbero riconducibili solo alle compensazioni del Bonus facciate,
per importi annui dell’ordine di un decimo di punto di PIL.
Sulla componente stock-flussi incidono molti fattori, per lo più riconducibili alle
variazioni delle attività finanziarie (tra cui quelle dovute alla gestione della liquidità
del Tesoro) e alle discrepanze temporali nella contabilizzazione di alcune operazioni,
per competenza nel conto economico delle Amministrazioni pubbliche e per cassa nel
debito. In media, tra il 1999 e il 2020 la componente stock-flussi ha accresciuto il debito
per mezzo punto percentuale all’anno. Ha invece assunto valori significativamente
negativi (pari a oltre 3 punti in media all’anno) nel 2021-23, per poi cambiare segno
nel 2024 quando, come ricordato, ha contribuito per un punto all’aumento del rapporto
tra il debito e il PIL. Nonostante la rilevanza di questa componente per la dinamica del
debito nel medio-termine, il DFP contiene solo alcuni dettagli sulla sua composizione:
viene evidenziato ad esempio che le stime includono sia una riduzione delle disponibilità
liquide del Tesoro rispetto ai livelli di fine 2024 sia un piano di dismissioni per circa
0,8 punti percentuali del PIL, in termini cumulati, nel 2025-27.
Nel triennio 2025-27 il differenziale tra l’onere medio del debito e
la crescita del prodotto nominale continuerebbe a essere sfavorevole,
determinando nel complesso un aumento dell’incidenza del debito inferiore
a un punto percentuale. A fronte di una dinamica annua media del PIL
nominale pari al 2,8 per cento, l’onere medio crescerebbe solo marginalmente,
dall’attuale 3 per cento al 3,1 nel 2027. L’elevata vita residua del debito
pubblico (7,9 anni al termine dello scorso anno) consente di distribuire nel
tempo gli effetti degli aumenti dei tassi all’emissione.
L’onere medio sul complesso del debito pubblico italiano è stato per anni su un
percorso decrescente, passando da un valore solo di poco inferiore al 6 per cento all’avvio
della moneta unica a un minimo del 2,4 per cento nel biennio 2020-21. Secondo i dati
del Dipartimento del Tesoro i tassi medi all’emissione sui titoli di Stato sono passati
repentinamente da un minimo dello 0,1 per cento nel 2021, al 3,8 nel 2023 e al 3,4 nel
2024: in un tale contesto, nell’ultimo triennio l’onere medio è cresciuto solo di circa
mezzo punto percentuale.
Come per l’indebitamento netto, anche il profilo atteso del rapporto tra
il debito e il PIL non si discosta significativamente dalle stime contenute nel
PSBMT.
Il DFP non include simulazioni dell’andamento del rapporto tra debito
e prodotto nel più lungo termine sotto diversi scenari. Si spiega tuttavia che,
anche con il nuovo quadro macroeconomico meno favorevole, il profilo della
spesa netta programmata in autunno resta coerente con l’obiettivo di porre
con ampia probabilità il rapporto tra il debito e il prodotto su una traiettoria
stabilmente discendente.
Come previsto dal PSBMT, il consolidamento di bilancio dovrà continuare
anche oltre il 2027 (il Piano prefigurava per il 2031, l’ultimo anno del periodo
di aggiustamento, un avanzo primario prossimo al 3 per cento del PIL).
3.4. Il rafforzamento della capacità di difesa
Un aumento in disavanzo della spesa nazionale per la difesa va valutato
nel contesto di finanza pubblica che ho appena delineato. Le maggiori
erogazioni per la difesa avrebbero almeno in parte carattere strutturale, il che
suggerisce di finanziarle anche con risparmi su altre voci di spesa o aumenti
delle entrate.
La spesa per la difesa in rapporto al PIL in Italia è gradualmente scesa
a partire dagli anni successivi alla fine della guerra fredda e, in base alle
più recenti stime della NATO6, nel 2024 era pari all’1,5 per cento del PIL,
inferiore al livello del 2 per cento concordato nel 2014 dai partecipanti
all’Alleanza atlantica.
Questa tendenza ha riguardato anche le altre principali economie dell’area
dell’euro, che hanno però aumentato la spesa, a differenza dell’Italia, dopo l’invasione
dell’Ucraina. Nel 2024 la quota di paesi della UE membri della NATO con una spesa
inferiore all’obiettivo minimo concordato è scesa a circa un terzo (da quattro quinti nel
2021).
Lo scorso 4 marzo la Commissione europea ha proposto un nuovo
piano finalizzato ad aumentare la capacità di difesa dell’UE denominato
ReArm Europe/Readiness 20307. Secondo le stime della Commissione
il piano dovrebbe consentire nei prossimi cinque anni fino a 800 miliardi
di maggiori spese in difesa. Il programma dovrebbe essere finanziato: (a)
attraverso un maggiore indebitamento sul mercato da parte dei paesi a fronte
della possibilità di attivare la clausola di salvaguardia nazionale del Patto
di stabilità e crescita per il quadriennio 2025-28 (con un indebitamento
complessivo per l’UE stimato nell’ordine di 650 miliardi)8; (b) attraverso
l’erogazione di finanziamenti a lungo termine da parte dell’UE mediante un
nuovo strumento europeo (Security and Action for Europe, SAFE), fino a
un massimo complessivo di 150 miliardi, per iniziative congiunte di difesa,
Cfr. NATO Press release “Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2024)” del 17 giugno 2024.
Cfr. il comunicato stampa della Presidente Ursula von der Leyen del 4 marzo 2025 e il Joint White
Paper for European Defence – Readiness 2030 della Commissione europea e dell’Alto rappresentante
della UE per gli affari esteri e per la politica della sicurezza, pubblicato lo scorso 19 marzo.
Attraverso questa modalità agli Stati membri verrebbe concesso di accrescere la spesa fino a
1,5 punti percentuali del PIL all’anno rispetto al 2021, per un massimo di quattro anni, a partire dal
2025. Cfr. Commissione europea, Accommodating increased defence expenditure within the Stability
and Growth Pact, COM(2025) 2000 final.
dando priorità alle forniture da imprese europee9; (c) reindirizzando parte dei
fondi di coesione10.
ReArm Europe/Readiness 2030 consentirà politiche più espansive
soprattutto nei paesi con minori vincoli di bilancio, quali ad esempio la
Germania11; in altri, gravati da un peso elevato del debito, è ragionevole
supporre che le indicazioni della Commissione abbiano un impatto più
contenuto. Uno sforzo di riarmo affidato ai singoli paesi senza coordinamento
potrebbe comportare in ogni caso una spesa inefficiente (non potendo sfruttare
le possibili economie di scala) e inefficace (per il rischio sia di duplicazioni
sia di non colmare le attuali carenze). Dal punto di vista dell’analisi
economica, gli investimenti e le spese per la difesa hanno la natura di bene
pubblico europeo; un programma coordinato finanziato con risorse comuni
agevolerebbe il raggiungimento di un livello e di una composizione adeguata
della spesa complessiva12.
4. Il PNRR e le riforme
4.1. Il PNRR
Il DFP riporta il quadro delle spese connesse con il Dispositivo di ripresa
e resilienza (DRR), il fulcro del PNRR, registrate nel periodo 2020-24 e di
quelle attese per il biennio 2025-26.
Nel 2020-24 sono state effettuate spese per 64 miliardi, di cui quasi il
60 per cento a valere sulle sovvenzioni. Circa 33 miliardi sono riconducibili
a trasferimenti in conto capitale (principalmente crediti d’imposta legati a
Transizione 4.0 e all’Ecobonus per l’efficienza energetica), caratterizzati da
tempi di attuazione più rapidi rispetto alle opere pubbliche.
Commissione europea, Proposal for a Council Regulation establishing the Security Action for Europe
(SAFE) through the reinforcement of European defence industry Instrument, COM(2025) 122 final.
Il piano prevede anche azioni volte al coinvolgimento di capitali privati grazie a un ampliamento
delle risorse e dei criteri di finanziamento della BEI in favore del settore della difesa e auspicando
un’accelerazione della realizzazione della Savings and Investments Union.
Alla fine di marzo in Germania sono state approvate alcune modifiche alla Costituzione, che consentono
tra l’altro al governo di indebitarsi per le spese per la difesa eccedenti l’1 per cento del PIL.
“Il futuro dell’economia europea tra rischi geopolitici e frammentazione globale”, lectio magistralis
del Governatore della Banca d’Italia F. Panetta in occasione del conferimento della laurea honoris
causa in Scienze giuridiche banca e finanza presso l’Università degli Studi di Roma Tre, Roma,
23 aprile 2024; M. Draghi, The future of European competitiveness, settembre 2024; “Un patto
europeo per la produttività”, intervento del Governatore della Banca d’Italia F. Panetta al XX Foro di
dialogo Spagna-Italia (AREL-CEOE-SBEES), Barcellona, 3 dicembre 2024.
Secondo i dati della sesta Relazione sullo stato di attuazione del PNRR,
al 31 dicembre 2024 l’utilizzo delle risorse dichiarato dalle Amministrazioni titolari di
interventi PNRR ammontava a 63,9 miliardi, pari a circa un terzo della dotazione totale
del Piano. Per quanto riguarda il flusso finanziario, il nostro paese ha finora ricevuto il
62,8 per cento delle risorse complessivamente allocate (122,1 miliardi, di cui 46,4 sotto
forma di sovvenzioni). Nel confronto con gli altri Stati membri, l’Italia è il quinto paese sia
per quota di pagamenti ricevuti che per quota di traguardi e obiettivi completati. In seguito
al raggiungimento dei 67 traguardi e obiettivi previsti per il secondo semestre 2024, lo
scorso 30 dicembre è stata inviata alla Commissione europea la richiesta di pagamento
della settima rata (18,2 miliardi al netto del prefinanziamento iniziale del Piano).
Il DFP prevede spese nell’ordine di 40 miliardi nel 2025 e di 80 nell’anno
successivo. Si tratta di importi molto elevati se raffrontati all’utilizzo delle
risorse registrato finora. Una parte di spesa (poco più di 12 miliardi) dovrebbe
infine essere sostenuta oltre il 2026, sebbene il Documento chiarisca che i
relativi obiettivi e traguardi saranno conseguiti comunque entro la scadenza
di Next Generation EU (NGEU).
L’ammontare delle risorse del PNRR utilizzato finora riflette sia alcune difficoltà
nell’avvio degli investimenti sia la tipologia delle azioni richieste nei primi anni di applicazione
del Piano, principalmente connesse con interventi normativi e propedeutici all’attuazione
degli interventi. In questa fase il Piano ha conseguito i suoi obiettivi principali in termini di
adozione di provvedimenti di riforma. La parte finale prevede invece l’effettivo completamento
delle opere previste e sarà quindi più impegnativo.
Secondo i dati disponibili, si stanno accumulando ritardi, specie
nell’esecuzione delle opere pubbliche, con il rischio che alcuni traguardi e
obiettivi non vengano raggiunti entro la scadenza del Piano (agosto 2026).
Membri del Governo hanno tuttavia fatto riferimento a una nuova richiesta di
revisione del Piano, attesa per le prossime settimane.
Dall’avvio del programma NGEU, tutti gli Stati membri hanno modificato almeno
una volta il proprio Piano. A titolo di esempio, finora il Consiglio dell’UE ha approvato
quattro revisioni del Piano per l’Italia, tre per Germania e Spagna, una per la Francia.
Tali modifiche possono riguardare la correzione di errori materiali, la riformulazione
di determinati traguardi e obiettivi, o la rimodulazione più incisiva di alcuni interventi,
allorché emergano circostanze oggettive che ne impediscono l’attuazione.
Nell’ambito del programma REPowerEU è stato introdotto il Piano
Transizione 5.0, che destina 6,3 miliardi al sostegno degli investimenti per la
transizione digitale ed energetica delle imprese effettuati nel biennio 2024-25.
Al 16 aprile scorso erano state prenotate risorse per 678 milioni; il pieno
utilizzo delle risorse allocate appare al momento difficile da conseguire.
All’utilizzo inferiore alle attese hanno inizialmente contribuito il ritardo nella
definizione delle regole per la fruizione degli incentivi e alcune complessità procedurali,
su cui il Governo è intervenuto con le modifiche introdotte dalla Legge di bilancio per
il 2025. Nell’anno in corso, il ricorso all’agevolazione potrà risentire dell’incertezza
indotta dalle politiche commerciali statunitensi.
4.2. Le riforme
Il DFP dà conto tra l’altro dei progressi nell’attuazione del programma di
riforme e di investimenti concordato con la Commissione e il Consiglio per
ottenere l’estensione da quattro a sette anni del periodo di aggiustamento dei
conti. Le riforme sono definite in continuità con quelle del PNRR e riguardano
alcuni dei principali problemi strutturali del Paese, come il funzionamento
della giustizia civile, l’efficienza della Pubblica Amministrazione e l’ambiente
imprenditoriale13.
Giustizia. – Le linee di azione del Governo mirano a consolidare e
rafforzare i progressi conseguiti finora, come la riduzione della durata dei
processi e l’abbattimento dell’arretrato, andando oltre gli obiettivi e le
scadenze del PNRR. A tale fine, sono state adottate alcune misure sia sul
rito, apportando correttivi e integrazioni alla riforma del processo civile
(D.lgs. 149/2022), sia sulle risorse umane, prevedendo la stabilizzazione del
personale assunto con i fondi del PNRR e introducendo incentivi al personale
amministrativo degli uffici giudiziari.
Il funzionamento del sistema della giustizia civile è migliorato significativamente
nel corso degli ultimi quindici anni, sebbene la durata dei procedimenti rimanga
superiore a quella delle altre principali economie europee. Il miglioramento si è
affievolito nel 2024.
Secondo i dati del Ministero della Giustizia, negli uffici giudiziari di primo grado
il disposition time, che approssima il tempo necessario per esaurire i procedimenti
aperti, è stato di poco inferiore a 490 giorni, sugli stessi livelli dell’anno precedente;
per raggiungere l’obiettivo del PNRR servirà una riduzione di oltre 240 giorni nei
prossimi 18 mesi (negli ultimi cinque anni la riduzione è stata di circa 70 giorni).
È proseguito, invece, l’abbattimento dell’arretrato (i procedimenti in attesa di giudizio
da più di tre anni), sostanzialmente in linea con gli obiettivi del PNRR.
Cfr. “Audizione preliminare all’esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-29”,
Testimonianza del Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia Sergio Nicoletti
Altimari, Commissioni riunite 5a della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione)
e 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio), Roma, 7 ottobre 2024.
Più che dalla carenza di risorse, le difficoltà di alcuni uffici giudiziari dipendono
da fattori interni che rendono meno efficienti i flussi di lavoro. L’esperienza del passato
mostra che investimenti nella digitalizzazione e interventi di natura organizzativa,
come la riforma della geografia giudiziaria, che hanno favorito le economie di scala
e di specializzazione, possono riflettersi in un miglioramento dell’offerta di giustizia.
Pubblica amministrazione. – Prosegue l’attività di riforma avviata con
il PNRR, incentrata sulla semplificazione dei procedimenti amministrativi,
sul miglioramento della qualità dei servizi pubblici e sul rafforzamento
delle competenze e la valorizzazione del capitale umano. Con riferimento
al pubblico impiego, sono proseguite le attività volte a digitalizzare e
semplificare le procedure di concorso, a promuovere le attività formative, ad
attuare una maggiore mobilità interna e a valorizzare il merito. Gli effetti di
queste misure potranno essere valutati su un orizzonte temporale più lungo.
Rispetto a dieci anni fa ci sono stati miglioramenti nel funzionamento della Pubblica
amministrazione: è aumentata la trasparenza dell’azione pubblica, si sono ridotti i
tempi delle interazioni tra il sistema produttivo e l’amministrazione (ad esempio, nei
tempi di pagamento e di affidamento degli appalti pubblici) ed è stata ampliata e resa
più diffusa la possibilità di accedere ad alcuni servizi pubblici online. Nostre analisi
mostrano che la digitalizzazione ha avuto effetti positivi lungo queste direzioni e che i
benefici sono stati maggiori dove le amministrazioni disponevano di risorse umane più
adeguate e qualificate.
L’ambiente imprenditoriale. – Il Governo a dicembre scorso ha approvato
la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (L. 295/2024), che ha
previsto, tra le misure principali, un riordino della normativa sulle concessioni
autostradali e alcune misure a favore del consumatore nel mercato assicurativo.
Con riferimento alle concessioni autostradali, gli effetti dell’apertura alla
concorrenza potrebbero essere circoscritti, per via del possibile ricorso agli
affidamenti diretti a società in house, e diluiti nel tempo, per la durata residua
elevata delle attuali concessioni. In passato, altri interventi che puntavano ad
aprire il mercato nei servizi pubblici locali hanno avuto effetti contenuti per
gli stessi motivi.
Per il futuro vi sono ulteriori margini di intervento nel commercio al
dettaglio, dove è possibile ridurre i vincoli alle promozioni di vendita e all’avvio
delle nuove attività, e nei servizi professionali, nonché negli appalti pubblici.
Secondo i dati dell’OCSE, tra il 2018 e il 2023 gli indicatori che misurano
la restrittività della regolamentazione non sono variati in misura significativa e i
margini di profitto nei servizi maggiormente regolati sono aumentati. Per quanto
riguarda gli appalti pubblici, l’utilizzo delle gare competitive è ancora fortemente
limitato.
Il Governo ha altresì confermato il suo impegno a sostenere la spesa
pubblica in ricerca e sviluppo, in modo da salire allo 0,6 per cento del PIL
entro il 2029. Si tratta di un obiettivo raggiungibile visto che negli ultimi
dati comparabili tra paesi, riferiti al 2021, la spesa era pari allo 0,5 per cento;
l’Italia si avvicinerebbe così al livello medio dell’UE e a quello degli Stati
Uniti, pur rimanendo sotto quelli di Germania e Francia (rispettivamente
0,9 e 0,7 per cento). L’incremento delle risorse deve accompagnarsi a una
sua razionalizzazione, superando l’attuale frammentazione sia tra dicasteri
sia tra livelli di governo, che si ripercuote negativamente sulla scala e sul
coordinamento degli interventi. In particolare, le regioni sono destinatarie
di finanziamenti europei significativi (con i fondi strutturali e con le risorse
disponibili con la piattaforma europea STEP), che rischiano di essere
impiegati in iniziative isolate, duplicando azioni analoghe a carattere
nazionale o europeo.
* * *
La valutazione del quadro macroeconomico è particolarmente ardua
nella fase attuale. Le misure adottate dagli Stati Uniti sui dazi, annunciate
in momenti diversi e talora sospese, non rappresentano solo un freno agli
scambi commerciali internazionali, ma anche un fattore di grande incertezza
sulle regole che governeranno il commercio mondiale nei prossimi anni.
Tale incertezza si è immediatamente riflessa nelle turbolenze dei mercati
finanziari.
Questa situazione non crea un contesto favorevole alla crescita in un
paese aperto al commercio con l’estero come l’Italia. Sia le proiezioni della
Banca d’Italia sia quelle del Governo presentate nel DFP ne tengono conto,
riducendo l’espansione prevista per il triennio 2025-27. Permangono inoltre
rischi per l’attività produttiva.
Per quanto riguarda le tendenze dei conti pubblici, i risultati conseguiti
nel 2024 migliori delle attese compensano l’effetto del peggioramento del
quadro macroeconomico, lasciando pressoché inalterati gli andamenti dei
principali saldi rispetto a quanto previsto nel PSBMT di settembre per il
periodo 2025-27.
Il DFP dà conto dell’attuazione della traiettoria della spesa netta
indicata nel PSBMT. Per quest’anno il tasso tendenziale di crescita della
spesa netta stimato dal DFP è dell’1,3 per cento, in linea con l’obiettivo
del Piano. La crescita dell’indicatore di spesa netta sarebbe molto inferiore
a quella della spesa primaria (3,4 per cento), soprattutto per effetto delle
misure discrezionali di aumento delle entrate. Anche nel biennio 2026-27
il profilo della spesa netta sarebbe in linea con gli impegni del PSBMT.
Il rispetto di questa traiettoria è l’elemento cardine del percorso settennale
di consolidamento delle finanze pubbliche, concordato con le autorità
europee, che dovrebbe consentire di riportare l’indebitamento netto sotto
il 3 per cento del prodotto dal 2026 e di mantenere – con alta probabilità –
il rapporto tra il debito e il PIL su una traiettoria stabilmente discendente
nel medio termine. La piena comprensione e la valutazione dell’andamento
della spesa netta richiedono maggiori dettagli sul contributo delle sue sottocomponenti, in particolare delle misure discrezionali dal lato delle entrate.
Sebbene le regole europee abbiano scelto la spesa netta come indicatore
di riferimento per la sorveglianza di bilancio, questa rimane solo uno
strumento intermedio; l’obiettivo ultimo è la riduzione del debito. In caso
di ulteriori rallentamenti della crescita o aumenti dei tassi di interesse, è
possibile che l’incidenza del debito nel medio periodo risulti superiore
a quanto prefigurato dal PSBMT, anche nel caso di un pieno rispetto
della traiettoria di spesa netta. Sarebbe utile disporre dell’andamento
previsto del debito nel medio-lungo periodo in funzione di diversi scenari
macroeconomici.
Più in generale, nell’ambito della revisione della normativa nazionale
di finanza pubblica, attualmente in corso, le indicazioni della Commissione
europea circa il contenuto dei documenti di programmazione e monitoraggio
andrebbero considerate come requisiti minimi. In quanto paese ad alto debito,
siamo soggetti allo scrutinio dei mercati e delle istituzioni internazionali. La
disponibilità di un ampio insieme di previsioni e analisi ufficiali su orizzonti
sufficientemente estesi costituisce un punto di riferimento per l’attività
parlamentare e per l’opinione pubblica, ma anche un termine di confronto
per le stime che vengono prodotte da organismi internazionali (quali il Fondo
monetario internazionale o la Commissione europea) e da soggetti privati14.
Il recente miglioramento del rating italiano da parte di un’importante
agenzia incoraggia a perseverare nelle riforme strutturali e in una politica
di bilancio avveduta. Esse divengono ancora più essenziali di fronte
all’incertezza causata dal deteriorarsi dei rapporti commerciali.
Va affrontata con questo approccio anche la decisione di aumentare
le spese militari, dettata dai recenti sviluppi geopolitici. La deterrenza
nei confronti di possibili aggressioni e la difesa dei confini del continente
rappresentano beni pubblici europei, e in quanto tali vanno garantiti e
finanziati soprattutto attraverso iniziative comuni.
La prudenza nella gestione delle finanze pubbliche, affiancata al
coraggio nell’attuare le riforme alle quali ci siamo impegnati, permetterà
al Paese di affrontare con minori difficoltà le importanti sfide dei prossimi
anni, consentendo ulteriori miglioramenti del nostro merito di credito.
Cfr. “Indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma delle procedure di programmazione economica
e finanziaria e di bilancio in relazione alla riforma della governance economica europea”, memoria
della Banca d’Italia, Commissioni riunite 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica
e bilancio) e 5a della Camera dei deputati (Bilancio, tesoro e programmazione), Roma, 9 aprile 2024.
TAVOLE e FIGURE
Tavola 1
Quadro macroeconomico nei più recenti documenti ufficiali
(variazioni percentuali)
PSBMT 2025-2029 (settembre 2024)
quadro programmatico
DFP 2025 (1)
quadro tendenziale
PIL reale
Importazioni
Consumi famiglie e ISP
Spesa PA
Investimenti
Esportazioni
PIL nominale
Deflatore dei
consumi privati
(1) Il documento non include un quadro programmatico.
Tavola 2
Principali indicatori di bilancio delle Amministrazioni pubbliche (1)
(in percentuale del PIL)
Entrate
Spese
di cui: interessi
Avanzo primario (2)
Indebitamento netto
Fabbisogno complessivo
134,8
134,2
133,7
134,2
133,9
154,4
145,8
138,3
134,6
135,3
Debito
Fonte: per le voci del conto economico delle Amministrazioni pubbliche, elaborazioni su dati Istat
(cfr. Istat, Conto trimestrale delle AP,reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società, Statistiche flash,
4 aprile 2025).
(1) Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali. – (2) Un segno
negativo indica un disavanzo.
Tavola 3
Entrate delle Amministrazioni pubbliche (1)
(in percentuale del PIL)
Imposte dirette
Imposte indirette
Imposte in c/capitale
Pressione tributaria
Contributi sociali
Pressione fiscale
Produzione vendibile
e per uso proprio
Altre entrate correnti
Altre entrate in c/capitale
Totale entrate
Fonte: per le voci del conto economico delle Amministrazioni pubbliche, elaborazioni su dati Istat
(cfr. Istat, Conto trimestrale delle AP, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società, Statistiche
flash, 4 aprile 2025).
(1) Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
Tavola 4
Spese delle Amministrazioni pubbliche (1)
(in percentuale del PIL)
Redditi da lavoro dipendente
Consumi intermedi
Prestazioni sociali in natura
Prestazioni sociali in denaro
Interessi
Altre spese correnti
Totale spese correnti
di cui: spese al netto
degli interessi
Investimenti fissi lordi
Altre spese in conto capitale
Totale spese in conto capitale
Totale spese
di cui: spese al netto
degli interessi
Fonte: per le voci del conto economico delle Amministrazioni pubbliche, elaborazioni su dati Istat (cfr. Istat, Conto
trimestrale delle AP, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società, Statistiche flash, 4 aprile 2025).
(1) Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
Tavola 5
Quadro dei conti pubblici nei più recenti documenti ufficiali
(in percentuale del PIL)
PSBMT 2025-2029 (settembre 2024)
quadro programmatico
DFP 2025 (1)
quadro tendenziale
Indebitamento netto
Avanzo primario
Spesa per interessi
135,8
136,9
137,8
137,5
136,4
134,9
135,3
136,6
137,6
137,4
Crescita della spesa netta
P.m. crescita del PIL reale
Debito
(1) Il documento non include un quadro programmatico.
Figura 1
Diagramma degli estremi e dei quartili
delle previsioni di crescita del PIL (1)
Previsioni per il 2025
Previsioni per il 2026
(*) Per coerenza con le previsioni pubblicate nel Documento di Finanza Pubblica, si riportano per la Banca d’Italia
le stime di crescita non corrette per le giornate lavorative. Le corrispondenti proiezioni di crescita corrette per le
giornate lavorative sono 0,6 e 0,8 per cento nel 2025 e nel 2026 rispettivamente.
(1) Gli intervalli sono basati sulle proiezioni dei principali analisti privati censiti da Consensus Economics a aprile e delle
principali istituzioni internazionali.
Figura 2
Debito delle Amministrazioni pubbliche
(in percentuale del PIL)
Fonte: per il PIL, Istat.
Figura 3
Tasso lordo dei BOT e dei BTP decennali,
onere medio e vita media residua del debito
(valori percentuali e anni)
Fonte: per la spesa per interessi, Istat.
(1) Rapporto tra la spesa per interessi nei 4 trimestri precedenti e la consistenza del debito alla fine del corrispondente trimestre dell’anno precedente. – (2) Rendimento all’emissione calcolato come media ponderata, sulla base
delle quantità assegnate, dei tassi composti di aggiudicazione alle aste di emissione regolate nel mese. – (3) Media
mensile del rendimento a scadenza del titolo benchmark scambiato sul mercato telematico dei titoli di Stato. –
(4) Scala di destra..
Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia