
Gerusalemme – Il rinomato professore di diritto costituzionale e internazionale, Eugene Kontorović, ha lanciato un duro monito alle istituzioni israeliane, prendendo come esempio emblematico il trattamento riservato al presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, per smascherare quella che definisce la profonda ipocrisia dell’Europa nei confronti del diritto internazionale e dell’autodeterminazione.
In un editoriale pubblicato sul Jerusalem Post, Kontorović ha ricordato l’episodio verificatosi durante una conferenza internazionale contro l’antisemitismo svoltasi a Gerusalemme, alla quale Dodik era stato invitato ufficialmente. Nonostante la natura dell’evento e il delicato tema trattato, la stampa israeliana ha riportato che al governo sarebbe stato richiesto l’arresto di Dodik su segnalazione delle autorità bosniache, circostanza che ha poi portato alla sua improvvisa uscita dalla conferenza.
Tre giorni dopo, l’Interpol ha respinto ufficialmente la richiesta di Sarajevo, giudicandola infondata in base ai propri regolamenti, che vietano l’uso del sistema per fini politici. Kontorović sottolinea come l’accusa rivolta a Dodik – “indebolimento dell’ordine costituzionale” – non sia considerabile come reato ordinario e quindi non perseguibile tramite i canali dell’Interpol.
Tuttavia, osserva l’autore, “il danno era già fatto”: l’obiettivo delle autorità bosniache era ottenere titoli negativi sulla stampa, screditare Dodik a livello internazionale e impedirgli di prendere parte a un evento globale sull’antisemitismo – nonostante la Bosnia-Erzegovina abbia una storia complicata con la comunità ebraica.
L’arma della giustizia politicizzata
Kontorović evidenzia che questo episodio è solo la punta dell’iceberg di un sistema più ampio, in cui strumenti istituzionali vengono utilizzati a fini politici. Secondo il professore, la figura dell’Alto Rappresentante in Bosnia-Erzegovina – un funzionario europeo non eletto con poteri straordinari – rappresenta l’apice di questa distorsione.
“Un viceré moderno”, scrive il giurista, “che può annullare leggi, ignorare il parlamento e riscrivere i codici secondo la propria volontà, senza alcuna responsabilità verso il popolo bosniaco”.
Secondo Kontorović, la posizione dell’Alto Rappresentante, pur essendo formalmente prevista dall’Accordo di Dayton, non dispone dei poteri autocratici che sono stati attribuiti nel tempo con il sostegno di alcuni Stati europei. L’uso di questi poteri, osserva il professore, si è concentrato in gran parte contro la Republika Srpska, minandone l’autonomia e scatenando reazioni come quella di Dodik, che oggi affronta una condanna a un anno di carcere per aver disobbedito a un decreto dell’Alto Rappresentante – un caso che il professore definisce “esemplare del modello globale in cui si tenta di eliminare i leader conservatori tramite il sistema giudiziario”.
Un avvertimento per Israele
Attraverso l’esempio bosniaco, Kontorović invita Israele ad aprire gli occhi sulle reali intenzioni di alcuni Stati europei, spesso pronti ad accusare lo Stato ebraico di violazioni del diritto internazionale, mentre nel frattempo “appoggiano o tollerano regimi coloniali moderni nei Balcani”.
“In Palestina, Israele non riscrive le leggi dell’Autorità Nazionale Palestinese. In Bosnia-Erzegovina, invece, l’Europa fa esattamente questo da decenni, con piena consapevolezza e legittimazione forzata,” afferma.
Il professore conclude che l’Europa agisce in Bosnia non per autodifesa, come Israele nei Territori, ma per “sapere cosa è meglio per gli altri”, rafforzando un sistema proconsolare in contrasto con i principi di sovranità democratica.
Chi è Eugene Kontorović
L’autore dell’articolo è professore di diritto costituzionale e internazionale presso la Scalia School of Law della George Mason University e Senior Scholar presso il forum giuridico israeliano Kohelet Policy Forum. Le sue analisi si concentrano spesso sui conflitti tra sovranità nazionale e organismi sovranazionali, con un’attenzione particolare al Medio Oriente e all’Europa orientale.