
I prezzi del petrolio hanno subito un drastico calo lunedì, innescato da un mix esplosivo di rinnovate tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e dall’annuncio dell’OPEC+ di voler aumentare la produzione a partire da maggio. Il greggio Brent, il benchmark globale, è sceso del 3,87% toccando i 63,20 dollari al barile, il minimo degli ultimi quattro anni. Il West Texas Intermediate (WTI), riferimento per gli Stati Uniti, ha perso lo 0,8% a 65,74 dollari.
Il crollo arriva nel primo giorno di contrattazioni settimanali, con il presidente Donald Trump che ha rilanciato la sua linea dura sui dazi, mentre l’OPEC+ – inclusi giganti come Arabia Saudita e Russia – ha deciso di accelerare il piano di aumento della produzione con un’aggiunta di 411.000 barili al giorno già a maggio.
Parallelamente, l’Arabia Saudita ha tagliato i prezzi del greggio destinato all’Asia al livello più basso degli ultimi quattro mesi, aumentando ulteriormente la pressione sui mercati petroliferi.
Le tensioni si sono aggravate dopo che la Cina ha annunciato contromisure con dazi del 34% su tutte le importazioni dagli Stati Uniti, in risposta alle stesse misure adottate da Washington. Il Ministero degli Esteri cinese ha definito le mosse americane “ambizioni egemoniche” che minano l’equilibrio commerciale globale e violano le regole dell’OMC.
Le ripercussioni non si sono fatte attendere sui mercati asiatici: l’indice Hang Seng di Hong Kong ha registrato un crollo del 12,46%, segnando la peggiore performance giornaliera in 16 anni. Giù anche Nikkei (-7,68%), Shanghai (-8,48%) e Sensex indiano (-3,76%), mentre l’Asia Dow ha perso oltre il 9%.
Il contesto di crescente incertezza, unito alla prospettiva di un’offerta petrolifera in aumento e a una possibile guerra commerciale globale, sta creando forte instabilità sui mercati energetici e azionari, con il rischio di una nuova recessione globale che torna a farsi sentire.