
(AGENPARL) – Mon 07 April 2025 **La memoria in viaggio, le scuole toscane nei luoghi italiani della
deportazione**
L’assessora Nardini: “Non possiamo dimenticare le responsabilità
indelebili del fascismo”
/Scritto da Walter Fortini, lunedì 7 aprile 2025 alle 20:00/
Il campo di Fossoli, a due passi da Carpi nella campagna modenese, conserva
sette vite in mezzo ad un prato ammantato di verde e docili margherite dove
un tempo c’era melma (quella che si creava appena pioveva), persecuzione e
l’anticamera della morte: quattro vite vissute durante la seconda guerra
mondiale ed altre tre che si si susseguono a guerra finita. I mattoni rossi
delle ventisei baracche che ancora rimangono delle quasi cento che c’erano,
distribuite sui nove ettari del campo vecchio e i sei del campo nuovo,
raccontano la responsabilità dei fascisti italiani nella deportazione di
uomini, donne, bambine e bambini e la complessità storica degli anni a
cavallo tra la fine della guerra e la rinascita della democrazia. Ed è non
a caso da Fossoli, ottanta anni dopo la liberazione di Auschwitz, che
inizia il viaggio sui luoghi della deportazione nazifascista in Italia
voluto dalla Regione Toscana, sei anni dopo l’ultimo treno della memoria
(sfoglia qui lo speciale)
partito nel 2019 e che sarà di nuovo organizzato il prossimo gennaio, con
destinazione ancora Auschwitz.
Un pellegrinaggio di quattro giorni per questa settimana in pullman: poco
meno di centocinquanta persone, ottantuno studentesse e studenti delle
scuole secondarie di secondo grado toscane con venticinque professori che
hanno partecipato ai corsi di approfondimento organizzati dalla Regione,
ventuno istituti a rappresentare l’intera Toscana, assieme all’assessora
all’istruzione e alla cultura della memoria Alessandra Nardini, ad Ugo
Caffaz che ventitré anni fa ha fatto nascere il treno toscano della
memoria e ad una testimone diretta della Shoah, Andra Bucci, che assieme
alla sorella Tatiana è sopravvissuta a Birkenau (leggi la loro storia
), sorelline entrate in quell’inferno a quattro e sei anni. Con loro,
rappresentanti della Fondazione Museo e Centro di documentazione della
Deportazione e Resistenza – Luoghi della Memoria Toscana, che ha
organizzato il viaggio, e rappresentanti degli altri istituti storici
toscani della Resistenza e dell’età contemporanea, della comunità
ebraica, delle associazioni antifasciste e della Resistenza toscane, come
l’Anpi, l’Aned, l’Anei e l’Anfim. Con loro per parlare delle leggi razziali
del 1938, della negazione di diritti e libertà e della persecuzione, delle
deportazioni e spesso la morte che in quegli anni riguardarono non solo le
persone ebree ma anche i soldati che dopo l’armistizio dell’8 settembre
1943 dissero “no” alla Repubblica di Salò, i cosiddetti Imi, le
partigiane e i partigiani, oppositrici e oppositori al regime fascista, la
comunità Lgbtquia+, tante persone ignare rastrellate per strada ed altre
uccise per rappresaglia, cittadini considerati ‘diversi’ come i testimoni
di Geova, le persone con disabilità e i rom e sinti. Come quella
sessantina di rom e sinti, artisti ambulanti, che in quanto giudicati
civili pericolosi, tra il 1940 e il 1943, furono internati dal regime
fascista a Prignano sulla Secchia, a ridosso dei monti dell’Appenino
emiliano, in un ghetto recintato con il filo spinato e che dopo il 1943
confluirono in buona parte nelle fila dei partigiani, dando vita alla
brigata dei Leoni di Breda Solini.
Prima tappa Fossoli dunque e poi due giorni a Trieste, dove sorge il campo
della risiera di San Sabba, perché per comprendere appieno l’inferno e
quel viaggio all’ingiù, per citare Primo Levi, che furono i lager, il
disegno che li ideò, il dramma della deportazione e l’aberrazione delle
leggi razziali anche italiane, occorre fare un passo indietro e partire
dall’interno dei confini nazionali.
Il pellegrinaggio toscano diventa il momento per provare a conoscere e fare
i conti con il passato. Perché se è vero che tante cittadine e tanti
cittadini italiani contribuirono a salvare molte vite, che le partigiane e
i partigiani seppero scegliere la parte giusta da cui schierersi, è
altrettanto vero che ci furono anche fascisti collaborazionisti che si
macchiarono di delazioni, persecuzioni e assasinii, come ci furono persone
che restarono indifferenti rispetto a quanto stava accadendo. Il viaggio
diventa quindi l’occasione per capire come pregiudizi e manifesti
pseudiscientifici prima e collaborazione attiva con i tedeschi poi abbiano
contribuito in maniera attiva a persecuzioni e deportazioni e quanto sia
pericolosa l’indifferenza.
“L’Italia a differenza di altri Paesi non ha saputo fare fino in fondo i
conti con la propria storia – sottolinea l’assessora Alessandra Nardini – :
per questo abbiamo deciso di ripartire con i nostri pellegrinaggi di
Memoria proprio dai luoghi dove tutto è inziato nel nostro Paese, per fare
chiarezza e raccontare la verità sulle responsabilità del fascismo”.
A Fossoli il primo giorno studentesse e studenti hanno visitato il campo di
concentramento e poi, a Carpi, il Museo Monumento al Deportato. Prima di
cena hanno incontrato lo storico Carlo Spartaco Capogreco che ha studiato i
campi di internamento civile voluti dal Duce tra il 1940 e 1943 e quelli di
concentramento e deportazione della Repubblica sociale di Salò.
“Partiamo da qui – prosegue l’assessora – perché vogliamo sottolineare
le responsabilità indelebili del fascismo e perché quel pezzo di storia
non può essere né riscritto né cancellato o negato. Lo facciamo perché
vogliamo che studentesse e studenti possanon conoscere la storia e crescere
come cittadine e cittadini consapevoli. Lo facciamo insieme alle e ai
docenti toscani che hanno scelto di partecipare al percorso di formazione
finanziato in questi mesi dalla Regione”. “Tenere viva la Memoria –
conclude – crediamo che sia un dovere per le istituzioni, a tutti i
livelli, a maggior ragione di fronte ai pericolosi rigurgiti nazifascisti a
cui assistiamo e alle guerre che insanguinano il mondo, per educare le
giovani generazioni ad essere costruttrici di pace”.
“E’ importante essere qui – dice Sofia Canovaro, studentessa dell’isola
d’Elba, presidente del Parlamento degli studenti della Toscana – per poter
camminare sulla storia, che non può rimanere solo sui libri ma deve
diventare un percorso vivo per conoscere le lezioni del passato e cercare
di non ripeterlo nel futuro”. “Vedere questi luoghi di detenzione e da
cui si partiva per ad Auschwitz o altri lager ci tocca nel profondo. E ‘
un colpo allo stomaco. Ma è importante esere qui per ripartire dai valori
che si oppongono a quegli orrori, gli orrori del nazifascismo, e costruirci
il futuro”.
“In fondo – annota Ugo Caffaz, – Auschwitz è dentro di noi e dobbiamo
capirlo: conoscerlo per lo meno. Lo diceva Primo Levi, che non ha retto al
peso di tutto quello che ha patito e non escludo che non abbia retto anche
al negazionismo e riduzionismo storico che stava crescendo”.
Le tante vite di Fossoli
Visitare Fossoli, spazio dal 2001 gestito da una fondazione, è un po’ come
fare un viaggio a ritroso dagli anni Quaranta del Novecento fino agli anni
Settanta.
Fossoli fu all’inizio un campo di prigionia per i soldati alleati dal 1942
al 1943: un campo fatto da principio di sole tende. Ma dopo l’armistizio,
dal 5 dicembre 1943 al 2 agosto 1944, divenne campo di concentramento e di
transito verso i lager in Germania per ebrei, partigiani ed antifascisti
utiilzzato prima dalla Repubblica sociale di Salò (per cui, nel manifesto
di Verona, gli ebrei sono diventati nel frattempo “stranieri e nemici”) e
poi dalle SS. Ideale per la larga pianura attorno controllabile a vista e
per la vicinanza della stazione di Carpi lungo la ferrovia per il Brennero.
Si stima che in otto mesi passarono da Fossoli 2844 ebrei ed almeno 2600
deportati politici. Tra loro ci furono anche Primo Levi (leggi qui
), l’autore di “Se questo è un uomo”, e Marcello Martini, testimone e
partecipe
– prima della scomparsa – di tanti treni della memoria toscana. Martini,
catturato a Montemurlo di Prato, passò da Fossoli per essere deportato a
Mauthausen. Levi, che a Fossoli era arrivato nel gennaio del 1944, salì
sul convoglio partito il 22 febbraio diretto ad Auschwitz.
Assieme alle SS c’erano gendarmi delle Repubblica Sociale, ci informa
riguardo la complicità italiana. Andava lento quel treno fatto di carri
merce e vagoni piombati, corpi stipati e fame di aria e cibo. L’ordine di
imbarco era arrivato il giorno prima e fu una notte, racconta lo stesso
Levi, di silenzio, preghiera, canti di lutto e attesa, con la minaccia che
per ogni persona che fosse mancata ne sarebbero stati uccisi dieci. Campo
di transito spesso verso la morte, ma anche luogo di esecuzioni: come la
strage del 12 luglio 1944 quando all’alba le SS fucilarono sessantasette
internati politici che sarebbero dovuti partire l’indomani per la Germania.
Ad agosto 1944 il campo di transito per deportati politici e razziali si
trasferì a Bolzano, ma Fossoli continuò ad essere utilizzato per i civili
rastrellati da inviare in Germania come lavoratori coatti: tra le cinque e
le diecimila persone delle sessantamila fermate per strada senza colpa in
neppure quattro mesi (di cui dodicimila deportate) passarano dal campo
modenese.
Finita la guerra Fossoli fu dapprima utilizzato per internare esponenti
fascisti e stranieri indesiderabili privi di documenti, ma anche profughi
di ritorno dai campi di concentramento. Una convivenza difficile e
complicata, come si può intuire, durata due anni. Dal 1947 al 1954 vi
trovò casa quella che poi diventerà la comunità di don Zeno Saltini,
fondata sulla fratellanza, la solidarietà e l’accoglienza degli orfani di
guerra: Nomadelfia, per l’appunto, poi trasferitasi in provincia di
Grosseto. L’ultima vita di Fossoli è quella, dal 1954 al 1970, del
Villaggio San Marco, destinato ad ospitare i profughi giuliano-dalmati in
fuga dall’Istria e dalla Yugoslavia di Tito. Un’altra storia complessa del
Novecento.
Le scuole
Al viaggio della memoria toscano partecipano studentese e studenti,
professoresse e professori dell’IS Leonardo Da Vinci (FI), dell’ITIS Meucci
(FI), dell’IIS Galilei (FI), del Ferraris Brunelleschi di Empoli (FI),
dell’IIS Peano (FI), dell’ IIS Cellini Tornabuoni (FI), dell’ISISTL
Russell-Newton di Scandicci (FI), del Liceo Machiavelli (FI), del Liceo
Scientifico e Linguistico Niccolò Rodolico (FI), dell’Istituto Agrario
Firenze (FI) e Chino Chini (FI), dell’ IIS Galilei-Artiglio Viareggio (LU)
Liceo Linguistico G. Guarducci Viareggio (LU), dell’ ISI Pertini (LU),
dell’IIS Dagomari (PO), dell’Istituto Valdichiana con sede a Montepulciano
(SI), del Liceo Artistico Petrocchi (PT), dell’ISIS Carducci Volta
Pacinotti Piombino (LI), del XXV Aprile di Pontedera (PI), del Polo
Bianciardi (Grosseto), della Scuola Montessori-Repetti (Massa e Carrara).
Avrebbe dovuto partecipare anche il liceo classico musicale Petrarca di
Arezzo, che per un problema organizzativo non ha potuto alla fine prendere
parte al viaggio.