(AGENPARL) – mar 03 dicembre 2024 LEGGE CALDEROLI SU AUTONOMIA: DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE EMILIANO SULLA
SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE DEPOSITATA OGGI
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano dichiara: “Oggi la
Corte costituzionale ha depositato la sentenza sulla “legge Calderoli”
(sent. n. 192/2024), confermando e anzi rafforzando il duro giudizio già
desumibile dal suo Comunicato del 14 novembre. Si può ben dire che dalle
affermazioni della sentenza l’impianto della “legge Calderoli” esce
sostanzialmente demolito. Le censure formulate dalle Regioni ricorrenti e
in particolare dalla Regione Puglia sono state largamente accolte. E
laddove sono state respinte lo si deve solo al fatto che la Corte ha dato
un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme superstiti. È
una sentenza che non si limita ad affrontare la specifica questione del
processo di differenziazione dell’autonomia delle Regioni a statuto
ordinario, ma va molto oltre, rileggendo l’intero Titolo V della Carta
costituzionale e tracciando le coordinate fondamentali del regionalismo
italiano, tra le quali spiccano i princìpi di solidarietà e di
sussidiarietà, alla cui luce deve essere letto l’art. 116, terzo comma,
della Costituzione. La sentenza ricorda le basi solidaristiche e
cooperative del nostro regionalismo e si sofferma sulla complessità dei
suoi elementi, sostanziali e istituzionali, che «spetta solo al Parlamento
di comporre». Ricorda, inoltre, il rapporto strettissimo fra diritti
costituzionali e regime delle autonomie: «l’attribuzione alle diverse
regioni di funzioni pubbliche che implicano prestazioni a favore dei
cittadini, con cui si garantiscono i loro diritti civili e sociali, può
avere conseguenze diverse sul piano dell’equità e risente del modo diverso
di intendere quest’ultima» e, pertanto, «esiste un trade-off tra autonomia
regionale e eguaglianza nel godimento dei diritti, rispetto al quale deve
essere trovato un ragionevole punto di equilibrio, attraverso un’adeguata
allocazione delle funzioni e idonei meccanismi correttivi delle disparità,
evitando conseguenze negative in termini di diseguaglianze». Forte è un
duplice ammonimento: non è possibile devolvere alle Regioni che chiedono la
differenziazione intere materie o blocchi di materie, perché la devoluzione
può riguardare solo singole funzioni; vi sono materie particolarmente
delicate alle quali afferiscono funzioni «il cui trasferimento è, in linea
di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di
sussidiarietà». A tal proposito, vengono elencate nell’ordine: commercio
con l’estero, tutela dell’ambiente, produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto
e di navigazione, professioni, ordinamento delle comunicazioni, norme
generali sull’istruzione. Per le funzioni afferenti a queste materie
particolarmente delicate è necessario dimostrare con specifica precisione
le ragioni della devoluzione, mentre quanto alla scelta di differenziare la
Corte promette di esercitare uno “scrutinio” stretto di costituzionalità
sulle singole leggi di differenziazione che in futuro dovessero
sopravvenire. Anche per tutte le altre funzioni, però, è indispensabile
un’attenta istruttoria, che chiarisca sia le esigenze regionali sia la
mancanza di pregiudizi per l’unità nazionale e per i diritti di tutti i
cittadini italiani. La Consulta ribadisce, poi, sia che i livelli
“essenziali”delle prestazioni non sono semplici livelli “minimi”, ma devono
coincidere con il contenuto essenziale dei diritti cui sono ancorati, sia
che la loro determinazione è premessa necessaria per l’avvio del processo
di differenziazione. Quanto ai profili finanziari, la sentenza chiarisce
che è necessario che le risorse occorrenti per l’esercizio delle funzioni
eventualmente devolute «siano individuate con un criterio che assuma come
parametro la gestione efficiente. Questo criterio, in linea di principio,
esclude il riferimento alla spesa storica per il finanziamento delle
funzioni trasferite, richiedendo la rimozione delle eventuali inefficienze
che si annidano nella stessa, e costituisce il parametro per valutare
oggettivamente se la devoluzione realizzi la migliore allocazione delle
funzioni interessate, assicurando i vantaggi in termini di efficienza, che
costituiscono un aspetto significativo del principio di sussidiarietà». La
sentenza, accogliendo una specifica censura della Regione Puglia, definisce
ingiustificato un meccanismo che consenta alle Regioni beneficiarie della
devoluzione di ottenere sempre le risorse necessarie per la copertura dei
costi derivanti dall’esercizio delle nuove funzioni, avvalendosi di una
sorta di “paracadute” finanziario annuale a carico dello Stato. «Appare
quindi congruo che, se una regione chieda ulteriori forme e condizioni
particolari di autonomia rispetto alle altre regioni ordinarie, diventi
responsabile, anche sotto il profilo finanziario, delle risorse che
l’intesa e la legge rinforzata individuano come modalità di finanziamento
delle funzioni attribuite». Le Regioni beneficiarie della differenziazione,
infine, non possono ritenersi esonerate dal principio dell’equilibrio di
bilancio e dalle obbligazioni solidaristiche concernenti il concorso agli
obiettivi di finanza pubblica”.
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