
Enzo Cirillo, giornalista e scrittore, ci offre con il suo libro “Mani Pulite: fu vera gloria? Perché non è mai morta la Prima Repubblica e perché l’Italia rischia” un’analisi lucida e provocatoria su una delle stagioni più controverse della storia italiana recente. Attraverso un’accurata ricostruzione dei fatti e una riflessione sulle conseguenze delle inchieste di Tangentopoli, Cirillo ci invita a confrontarci con domande fondamentali sul rapporto tra corruzione, politica e società civile.
Nel corso di questa intervista, approfondiremo con l’autore i temi centrali del libro: le occasioni mancate per un reale cambiamento, il ruolo ambiguo della sinistra durante e dopo Tangentopoli, e la sorprendente persistenza delle dinamiche di potere della Prima Repubblica. Discuteremo anche del contributo che cittadini, istituzioni e cultura possono offrire per arginare una corruzione che sembra aver mutato forma, ma non essere mai scomparsa.
Con l’acume di chi ha vissuto in prima linea gli anni cruciali della crisi politica e giudiziaria italiana, Enzo Cirillo ci guiderà in un viaggio nella storia recente, evidenziando come il passato continua a discutere il presente, e lasciandoci con una riflessione: può l ‘Italia ancora cambiando rotta?
Domanda. Nel suo libro descrive Tangentopoli come un punto di crisi che non ha generato il cambiamento sperato. Ritiene che vi siano stati momenti in cui l’Italia avrebbe potuto davvero voltare pagina? Se sì, cosa ha impedito questa trasformazione?
Enzo Cirillo. Il ruolo della Sinistra. Con la crisi del 1992 l’Italia, uscita traumatizzata e stravolta dalle inchieste giudiziarie, avrebbe potuto effettivamente ricreare le condizioni di un corretto rapporto tra cittadini e politica. Si poteva voltare pagina ma c’era comunque un limite, un “vulnus” che le inchieste non avevano fatto emergere: l’operato dei giudici non aveva scalfito che marginalmente il ruolo dell’opposizione rappresentata dal Pci Pds. I comunisti, all’epoca delle inchieste, erano nel sistema tangenti in maniera organica, esattamente come tutti gli altri partiti dell’arco costituzionale. Il pool di Mani pulite però non affondò il bisturi in questa realtà, cercando di ritagliarsi un “salvacondotto “ per un ruolo politico come ammesso, solo venti anni dopo, dal giudice Luciano Violante quando dichiara: “Noi giudici volevamo il passaggio del testimone politico. Volevamo il potere”.
Domanda. La Prima Repubblica, secondo la sua analisi, sembra non essere mai veramente finita. Quali sono i tratti distintivi di quel sistema politico che ritroviamo ancora oggi nelle dinamiche di potere italiano?
Enzo Cirillo. Nel 1992 Silvio Berlusconi vince le elezioni politiche nazionali, raccogliendo l’eredità ed i consensi dei vecchi partiti del Caf distrutti dalle inchieste del pool. Votando Forza Italia ed un politico nuovo, rispetto al vecchio sistema, il Paese, a fatica, cerca di voltare pagina, tentando di salvare quanto si poteva del vecchio regime partitocratico. Trentadue anni dopo, grazie all’ex presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini, scopriamo che il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro tenta di organizzare insieme a Prodi e Rosy Bindi un colpo di Stato per rovesciare un presidente del Consiglio democraticamente eletto e non ancora nel pieno dei suoi poteri. Ecco la migliore dimostrazione di come la vecchia Repubblica volesse risorgere dalle sue ceneri fin da subito. Distrutti da un’atomica politico giudiziaria in molti pensarono che tutto potesse riprendere come prima e peggio di prima.
Domanda. Uno dei temi centrali del libro è la continuità della corruzione in vari settori. Cosa dovrebbe fare la società civile per contrastare queste logiche e creare una cultura della legalità più radicata?
Enzo Cirillo. Il libro arriva ai nostri giorni e conferma come il fenomeno corruzione, voto di scambio, ricatti e compensazioni illegali siano ormai parte integrante di un sistema politico e sociale niente affatto diverso da quello indagato da Tangentopoli. Ecco perché sostengo che l’Italia stia rischiando ancora molto. Le vicende ultime dello spionaggio su commissione dicono che la battaglia in difesa della legalità non può e non deve essere affidata solo a magistrati e forze dell’ordine. Serve una mobilitazione di coscienze e istituzioni che devono vedere in prima linea i cittadini onesti e la scuola, la politica, l’imprenditoria e la società civile non contaminata da mafie e indifferenza.