
Le tensioni geopolitiche sulla produzione di chip hanno raggiunto un nuovo picco con l’annuncio che Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), leader globale nella produzione di chip, sospenderà le vendite di chip avanzati alla Cina. Questa decisione, stimolata dal rilevamento di chip TSMC in prodotti di intelligenza artificiale della cinese Huawei – azienda soggetta a restrizioni negli Stati Uniti – sottolinea le pressioni sempre più intense sulla filiera globale dei semiconduttori. Con l’avvicinarsi dell’insediamento del presidente eletto Donald Trump, si profilano nuove possibili politiche aggressive verso la supremazia tecnologica americana, in un contesto di competizione accesa tra Stati Uniti, Cina e Taiwan.
Il caso Huawei e la risposta di TSMC
Secondo resoconti recenti, TSMC ha trovato uno dei suoi chip da 7 nanometri (o più piccoli) in un dispositivo di intelligenza artificiale prodotto da Huawei, la quale è nella lista delle aziende soggette a restrizioni da parte del Dipartimento del Commercio statunitense. Questo ritrovamento ha scatenato una reazione immediata da parte delle autorità americane, che hanno emesso un ordine per fermare le spedizioni di componenti avanzati a Huawei, temendo che tali tecnologie potessero essere impiegate anche in ambiti militari. Per conformarsi a queste restrizioni, TSMC ha dichiarato che a partire da lunedì interromperà le vendite di chip avanzati alle aziende cinesi di progettazione, mantenendo quindi una distanza da Huawei e da qualsiasi utilizzo non autorizzato delle sue tecnologie.
L’importanza strategica di Taiwan nella produzione di chip
Taiwan riveste un ruolo centrale nella produzione mondiale di chip, stimata a una quota del 68% nel 2023, secondo i dati riportati da Visual Capitalist. Tuttavia, si prevede che questa percentuale scenderà al 60% entro il 2027, a causa della crescente pressione degli Stati Uniti a rafforzare la produzione nazionale tramite politiche mirate. Il Taiwan è anche uno dei principali fornitori dei colossi tecnologici statunitensi, tra cui Nvidia e Apple, che si affidano a TSMC per i loro chip di ultima generazione. La vicinanza strategica di Taiwan con gli Stati Uniti appare dunque fondamentale per il mantenimento di una supremazia tecnologica occidentale, ma allo stesso tempo rende Taiwan vulnerabile agli attacchi e alle pressioni di altre potenze, Cina inclusa.
Gli Stati Uniti e la strategia del CHIPS and Science Act
Nel 2022, gli Stati Uniti hanno varato il CHIPS and Science Act, una legge che ha l’obiettivo di incentivare la produzione di semiconduttori sul territorio nazionale. Con investimenti miliardari, questa misura mira a ridurre la dipendenza americana dalla produzione asiatica, rafforzando la capacità produttiva degli impianti statunitensi. Attualmente, gli Stati Uniti detengono il 12% della produzione mondiale di chip, ma si stima che questa percentuale possa aumentare fino al 17% entro il 2027, grazie a una combinazione di incentivi fiscali, sovvenzioni e potenziali nuove misure di politica industriale che potrebbero essere annunciate da Trump una volta in carica.
L’implementazione del CHIPS and Science Act risponde alla crescente percezione, negli Stati Uniti, che il dominio asiatico nella produzione di chip rappresenti una vulnerabilità strategica e che, per garantire la sicurezza nazionale, sia necessario investire in infrastrutture e tecnologie domestiche. La legge ha già attratto l’interesse di numerose aziende, sia americane che straniere, disposte a localizzare o ampliare le loro fabbriche all’interno del Paese per beneficiare degli incentivi.
La posizione della Cina e il ruolo della Corea del Sud
Mentre gli Stati Uniti cercano di espandere la propria quota di mercato, la Cina, con l’8% della produzione mondiale di chip, continua a investire pesantemente nello sviluppo interno, nel tentativo di ridurre la sua dipendenza dalle tecnologie estere. Tuttavia, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e il divieto imposto a TSMC e ad altre aziende di vendere chip avanzati rallentano gli sforzi cinesi, rendendo ancora più difficoltoso il percorso verso l’autosufficienza tecnologica.
La Corea del Sud, che detiene una quota del 12% nella produzione globale di chip, si trova in una posizione strategica simile a quella di Taiwan, pur adottando una politica relativamente neutrale. Le principali aziende sudcoreane, come Samsung e SK Hynix, collaborano con le aziende statunitensi e al contempo mantengono rapporti commerciali con la Cina, cercando di destreggiarsi in un contesto geopolitico sempre più teso.
Considerazioni finali
L’escalation delle tensioni sulla produzione di chip mette in luce l’importanza dei semiconduttori come strumento di potere politico ed economico. Il settore dei chip rappresenta ormai uno dei fronti principali della competizione tra le maggiori potenze mondiali, che si contendono l’accesso alle tecnologie più avanzate. L’intervento di TSMC e il ruolo attivo degli Stati Uniti mostrano la determinazione delle democrazie occidentali nel limitare l’accesso a risorse tecnologiche avanzate da parte di rivali geopolitici.
L’insediamento di Donald Trump potrebbe intensificare ulteriormente le politiche statunitensi a favore di una produzione nazionale di chip, portando a un nuovo scenario di scontro commerciale e tecnologico tra Stati Uniti e Cina. Gli sviluppi dei prossimi mesi saranno cruciali per capire in che direzione si muoverà la filiera globale dei semiconduttori, con conseguenze che si rifletteranno sull’economia e la sicurezza delle nazioni di tutto il mondo.