
Marco Prosperini è un attore e regista italiano di grande esperienza, il cui percorso artistico è profondamente influenzato dalle sue radici toscane e laziali. Con una formazione prestigiosa all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e una solida carriera che spazia tra teatro, cinema e televisione, Prosperini ha saputo coniugare con maestria l’amore per la recitazione e la passione per la regia. In questa intervista, condividerà con noi il suo viaggio nel mondo dello spettacolo, i suoi modelli di riferimento, le sfide incontrate e le sue riflessioni sul futuro del teatro e della televisione in Italia. Scopriremo come le sue origini e le sue esperienze formative abbiano plasmato la sua visione artistica e come sia riuscito a mantenere un approccio coerente e artigianale al lavoro, pur affrontando le sfide del cambiamento nel panorama culturale italiano.
Domanda. Come hanno influenzato le tue origini, con un padre livornese e una madre di Collepardo, la tua visione artistica e il tuo percorso nel mondo dello spettacolo?
Marco Prosperini. Essere cresciuto in due regioni importanti come la Toscana e il Lazio, con genitori provenienti da queste terre, ha sicuramente influenzato positivamente il mio percorso teatrale. Queste due regioni, pur diverse tra loro, mi hanno offerto l’opportunità di avere una formazione variegata: la Toscana da un lato, il Lazio dall’altro. Sono entrambe ricche dal punto di vista artistico e culturale, e considero una fortuna aver potuto confrontarmi con queste differenze, che mi hanno dato quegli spunti essenziali per crescere come artista, attore e regista.
Domanda. Sei laureato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e hai frequentato il corso di Cinematografia. Come queste due esperienze formative hanno contribuito a plasmare la tua carriera sia come attore che come regista?
Marco Prosperini. Aver avuto la possibilità di laurearmi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e di fare esperienza al corso di Cinematografia è stato fondamentale. Queste scuole forniscono un bagaglio culturale prezioso. Ricordo sempre le parole del mio direttore, Aldo Trionfo, uno dei più grandi registi italiani ed europei: “L’Accademia ti offre una borsa, una solida base, in cui raccogliere tutto il materiale necessario per costruire la tua carriera. È fondamentale che questa borsa sia robusta e capiente, per poter contenere tutto ciò che ti servirà nel tuo percorso”.
Domanda. Tra recitazione e regia, quale disciplina senti più vicina al tuo cuore e perché? Come riesci a bilanciare questi due aspetti della tua carriera?
Marco Prosperini. La recitazione ha un fascino che la regia non ha, e viceversa. Se si ha la possibilità di fare entrambe le cose, è bene continuare. È difficile scegliere tra le due: recitare davanti al pubblico è un’esperienza intensa, così come creare un progetto da regista e vederlo crescere, quasi come crescere un figlio. Regia e recitazione sono due aspetti fondamentali della mia vita artistica che non tralascerò mai. Cercherò sempre di affrontarli con contenuti e esperienze diverse, ma con un comune denominatore: l’espressione dell’arte, guidata dalla mia sensibilità, dal cuore, dall’istinto, dalla cultura e dall’intelligenza.
Domanda. Essendo sia attore che regista, come cambia il tuo approccio al lavoro quando sei davanti alla telecamera rispetto a quando sei dietro?
Marco Prosperini. Ognuna di queste due discipline richiede competenze ed esperienze diverse, ma spesso si incontrano, proprio come le parallele che si uniscono all’infinito. L’esperienza in una influisce sull’altra e viceversa, ma ciò non cambia il mio approccio al lavoro. Essere regista e attore aggiunge valore e qualità, ma l’approccio rimane sempre artigianale. Come diceva il mio maestro Alberto Lionello, “tutte le esperienze fanno brodo”. Anche quelle negative servono, quindi non rimpiango nulla di ciò che ho fatto e rifarei tutto.
Domanda. Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato nella tua carriera, sia come attore che come regista, e come l’hai superata?
Marco Prosperini. Nel nostro lavoro ogni giorno è una sfida. Una delle più significative è stata quella di imparare un copione a memoria in tre giorni per sostituire Nestor Garay nella “Lulù” di Wedekind, diretta da Missiroli con la grande Milva. In tre giorni, ho dovuto prepararmi per debuttare al Teatro Manzoni di Milano e proseguire fino alla fine della tournée.
Domanda. Chi sono stati i tuoi modelli di riferimento nel mondo del teatro e del cinema? C’è un regista o attore in particolare che ti ha ispirato?
Marco Prosperini. I modelli a cui mi sono ispirato nel teatro e nel cinema sono molti, sia italiani che internazionali. Alla “Silvio D’Amico” ho avuto insegnanti straordinari come Franca Nuti, Gianfranco De Bosio, Luca Ronconi, Monica Vitti, Anna Miserocchi e Aldo Trionfo. Il mio vero maestro, però, è stato Alberto Lionello. Stando in quinta, cercavo di apprendere il più possibile dalle sue interpretazioni.
Nel cinema, ho avuto la fortuna di debuttare con Pupi Avati in “Una gita scolastica”. Quando si fa una regia, è fondamentale mantenere una coerenza stilistica e tematica, rispettando sempre l’autore del testo o lo sceneggiatore, perché ciò permette di attingere alla propria sensibilità e cultura senza sopraffare l’opera originale.
Domanda. Hai lavorato in entrambi gli ambiti, teatro e televisione, che richiedono approcci tecnici molto diversi. Quali aspetti tecnici della regia televisiva ti affascinano di più rispetto a quelli teatrali?
Marco Prosperini. La regia televisiva mi affascina perché offre la possibilità di fare molte cose con la macchina da presa, ma è importante non dimenticare che dall’altra parte ci sono gli attori, i veri interpreti. Un film non può esistere senza di loro, così come senza una buona direzione della fotografia.
Domanda. Essendo laureato all’Accademia “Silvio D’Amico”, una delle scuole più prestigiose d’Italia, quali consigli daresti ai giovani attori e registi che aspirano a seguire un percorso simile al tuo?
Marco Prosperini. Ai giovani attori consiglio di studiare il più possibile, preferibilmente in scuole come l’Accademia “Silvio D’Amico” o il Centro Sperimentale di Cinematografia. È fondamentale studiare e apprendere dai grandi attori, perché la concorrenza è spietata, oggi come in passato.
Domanda. Nel corso della tua carriera, hai visto l’evoluzione del teatro e della televisione. Come percepisci il cambiamento del panorama artistico in Italia negli ultimi decenni?
Marco Prosperini. Negli ultimi decenni, il panorama artistico è cambiato profondamente. La televisione ha trasformato il teatro, portando attori di fiction a esibirsi sul palcoscenico, cosa che prima era rara. Questo ha reso più difficile per i nuovi attori emergere come protagonisti. Quando ho iniziato, le repliche erano molte di più rispetto a oggi. Anche le stagioni teatrali duravano più a lungo, ma ora sono ridotte a pochi festival e a brevi periodi di repliche. Un tempo era raro, ma oggi è diventata una pratica comune prendere gli attori delle fiction e farli recitare anche in prosa. In passato, invece, si sceglievano attori che si erano affermati nel teatro per poi farli lavorare nel cinema e in televisione. Un esempio di ciò sono le commedie in diretta e i grandi sceneggiati degli anni ’60 e ’70.
Domanda. Guardando al futuro, quali sono i progetti che ti entusiasmano di più? Hai qualche sogno o ambizione che non hai ancora realizzato nel mondo dello spettacolo?
Marco Prosperini. Guardando al futuro, sono ottimista. Sono membro del CdA della Fondazione del Teatro di Roma, che include teatri importanti come l’Argentina, Torlonia, l’India e presto anche il Valle. Stiamo lavorando per riportare il grande teatro a Roma, con un programma artistico che ambisce a raggiungere una rilevanza non solo nazionale ma anche internazionale. Inoltre, mi sento pronto per assumere la direzione artistica di qualche importante teatro, se l’occasione si presenterà.
