(AGENPARL) – gio 25 luglio 2024 Ripercorriamo i fatti
In Italia la vicenda degli airbag difettosi prodotti dall’azienda giapponese Takata ha assunto rilevanza a livello mediatico a maggio 2024, quando migliaia di persone hanno ricevuto una comunicazione in cui veniva loro notificato un difetto nei dispositivi di gonfiaggio dei cuscini salvavita delle automobili di cui sono proprietari. Nella nota, trasmessa da Groupe PSA e DS Automobilies in qualità di aziende produttrici delle vetture coinvolte, veniva specificato che “le sostanze chimiche contenute in questi dispositivi di gonfiaggio potrebbero deteriorarsi nel tempo, esponendo guidatore e passeggero al rischio di rottura del dispositivo di gonfiaggi dell’airbag con una forza eccessiva in caso di incidente, in grado di provocare gravi lesioni o morte” e si raccomandava quindi ai destinatari delle lettere di non utilizzare i veicoli stessi. Alla luce di tali premesse, le citate società hanno disposto il richiamo di oltre 497mila vetture Citroën modello C3 e di oltre 108mila veicoli modello DS3 non solo in Italia, ma anche in altri Paesi in Europa, Medio Oriente e Nord Africa. Il problema è riconducibile in particolare all’utilizzo di un gas, il nitrato d’ammonio, al posto del tetrazolo, sensibilmente più costoso: al momento dell’attivazione dell’airbag per un incidente, questo gas, in determinate condizioni climatiche di caldo e umidità, raggiunge una pressione elevata, innescando una vera e propria esplosione, tale che pezzi di metallo possono essere proiettati all’interno del veicolo con conseguente ferimento o addirittura decesso degli occupanti.
Nel nostro Paese il tema ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica anche in seguito al decesso di Martina Guzzi, la giovane donna che il 28 maggio a Catanzaro ha perso la vita mentre si trovava alla guida di una Citroën C3 il cui airbag è improvvisamente esploso.
La pericolosità degli airbag a marchio Takata, tuttavia, era già emersa molto tempo fa in altri Paesi e aveva coinvolto anche le automobili di altri noti marchi. I primi malfunzionamenti sono stati registrati nel 2008 negli Stati Uniti, dove la Honda ha richiamato 4mila vetture e dove, l’anno successivo, si sono verificati i primi incidenti mortali. Nel 2010, sempre negli USA, Honda ha esteso il ritiro a centinaia di migliaia di altri veicoli e l’ente americano per la sicurezza stradale ha avviato i primi controlli che, tre anni più tardi, hanno portato ad una vera e propria inchiesta. Nel 2015 il numero di richiami negli Stati Uniti è arrivato addirittura a quota 42 milioni di veicoli e nel 2017 la Takata ha dichiarato fallimento. Numerose auto dotate dei dispositivi difettosi, tuttavia, erano ancora in uso in tutto il mondo, tanto che qualche anno più tardi, nel 2023, è stata Volkswagen a mettere in atto un provvedimento di richiamo che ha coinvolto circa 270mila mezzi.
Alla luce della cronologia degli eventi, è rilevante evidenziare come la data di produzione delle vetture richiamate sia compresa tra il 2009 e il 2019: si tratta quindi di un termine ampiamente successivo sia rispetto all’apertura dell’inchiesta negli Stati Uniti sia al fallimento della società.
Sulla scia di quanto riportato, si è dunque arrivati agli avvenimenti più recenti: in seguito all’invio agli automobilisti italiani delle lettere da parte delle società produttrici delle vetture coinvolte, numerosi cittadini si sono rivolti alle sedi territoriali Federconsumatori per avere informazioni e assistenza su una questione che ha, comprensibilmente, suscitato allarme e apprensione. Gli utenti hanno in particolare segnalato la fattuale impossibilità di procedere alla sostituzione degli airbag difettosi a causa dell’indisponibilità, presso i centri assistenza autorizzati, delle componenti necessarie alla riparazione. L’Associazione ha quindi inviato una comunicazione alle due società invitandole a ottemperare ai propri obblighi, richiedendo un incontro per discutere delle eventuali soluzioni attivabili, senza tuttavia ricevere alcun riscontro. La comunicazione è stata seguita, all’inizio del mese di giugno, dall’invio di specifica segnalazione al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini nonché al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, allo scopo di sollecitare un intervento istituzionale, nonché all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: in particolare la segnalazione all’Authority è stata trasmessa in relazione alla condotta delle aziende coinvolte, che si è configurata come non in linea con l’obbligo di diligenza professionale che sono tenute a rispettare e che ha dato luogo ad una pratica commerciale scorretta. La Federconsumatori ha inoltre inviato una comunicazione all’Associazione Nazionale tra le Imprese Assicuratrici (ANIA), chiedendo di accertare, presso le Compagnie, l’operatività delle garanzie assicurative in caso di sinistri e danni a terzi avvenuti in condizioni che abbiano reso necessario, per motivi di lavoro o di salute, l’impiego del veicolo nonostante il divieto nonché di verificare la disponibilità da parte delle imprese assicuratrici a sospendere le polizze per il periodo in cui le auto non potranno essere utilizzate. L’11 luglio è stata infine trasmessa una ulteriore diffida a Groupe PSA e DS Automobilies, al fine di reiterare la richiesta di incontro già presentata: solo in seguito a questa seconda comunicazione, Federconsumatori ha ricevuto un riscontro scritto, rivelatosi tuttavia decisamente inadeguato e insoddisfacente rispetto alla gravità dei fatti. Nella comunicazione ci si limita infatti a vaghe rassicurazioni, senza fornire alcuna risposta concreta alle esigenze degli utenti né indicare tempistiche e soluzioni.
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Nell’ambito delle evidenze raccolte sono emerse alcune criticità ricorrenti per i consumatori coinvolti. In particolare, si sono presentati problemi nei casi in cui l’auto richiamata era l’unica vettura a disposizione dell’intero nucleo familiare e nelle situazioni in cui l’utilizzo del veicolo si rendeva comunque necessario per motivi di lavoro o di salute – ad esempio per le famiglie dei pazienti oncologici, per lo svolgimento di visite mediche e terapie – o ancora nei casi di vacanze estive già programmate e prenotate per le quali era previsto appunto l’impiego dell’automobile e che sono quindi state disdette o hanno richiesto costi aggiuntivi per un noleggio. Le suindicate problematiche sono riconducibili ad un’unica, principale questione di fondo: nonostante le aziende fossero da tempo a conoscenza del difetto, non sono intervenute per assicurare adeguata disponibilità dei pezzi di ricambio e, contestualmente, non è stata neanche proposta una soluzione alternativa, come quella del noleggio a titolo non oneroso per i consumatori.
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