
(AGENPARL) – gio 27 giugno 2024 Atti Parlamentari
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XIX LEGISLATURA
DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI
Camera dei Deputati
DOCUMENTI
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1439
PROPOSTA DI LEGGE
D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI
PORTA, DI SANZO, LAI, FERRARI, GRIBAUDO, SERRACCHIANI, MARINO, MALAVASI, SIMIANI
Disposizioni di semplificazione amministrativa per favorire il
rientro dei giovani italiani e degli italici dall’estero al fine di
contrastare i fenomeni di spopolamento e denatalità e di favorire
la ripresa economica
Presentata il 29 settembre 2023
ONOREVOLI COLLEGHI ! – I fenomeni di
spopolamento di vaste aree periferiche del
Paese, anche a seguito dell’emigrazione delle
giovani generazioni all’estero, accentuati dall’innalzamento dell’età della popolazione
residente e dalla denatalità, si presentano
sempre più allarmanti per il nostro Paese.
Infatti, secondo le più recenti rilevazioni
dell’Istituto nazionale di statistica, la popolazione residente è già scesa sotto i 60
milioni di abitanti, un fenomeno che ha
riguardato, oltre che in particolare il Mezzogiorno e le isole, quasi tutti i borghi con
meno di 10.000 anime che, rispetto al 1951,
hanno perso quasi 300.000 unità di popolazione. Peraltro, se si accentua questa tendenza, non solo la popolazione in Italia
intorno al 2050 diminuirebbe a circa 50
milioni di abitanti – cosa che comporterà
una drastica riduzione del prodotto interno
lordo – ma accadrebbe anche che poco più
di un abitante su due sia in età lavorativa.
Appaiono compromessi non solo la corresponsione delle pensioni, per effetto delle
sempre minori contribuzioni dei lavoratori
in servizio, ma tutto il complesso delle
prestazioni sociali, mentre in alcune attività, come quelle turistiche, agricole ed
edilizie, già ora si avverte una notevole
mancanza di addetti. Analoghi problemi si
segnalano anche in comparti prima ritenuti
al sicuro, come la sanità, l’edilizia, la scuola
e perfino la pubblica amministrazione, con
il calo del numero dei partecipanti ai concorsi pubblici (o il rifiuto di eventuali vincitori di spostarsi dal Sud al Nord del
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Paese, per l’inadeguatezza delle retribuzioni rispetto al costo della vita), che crea
non poche difficoltà anche per l’attuazione
dei progetti del Piano nazionale di ripresa
e resilienza. In tutti i casi, come segnalano
autorevoli analisi internazionali, la rinuncia a quelle che si definiscono « intelligenze
fluide », tipiche dell’età giovanile, a favore
di quelle cosiddette « cristallizzate » delle
età più mature, comporterà solo conseguenze negative per lo sviluppo economico
del Paese.
Mentre si rincorrono le soluzioni, come
l’utilizzo dei flussi migratori provenienti
dalle aree meno sviluppate del pianeta e il
sostegno alle famiglie, con l’auspicabile maggiore inserimento della donna nel mercato
del lavoro, i cui effetti sul tasso di fertilità,
tuttavia, non potranno vedersi prima di
due decenni, nel breve termine si possono
prendere in esame altre soluzioni, non alternative a queste ma complementari. Si
tratta delle risorse umane, non sempre
prese in debita considerazione nel nostro
Paese, che sono costituite dal vasto numero
di discendenti di emigrati italiani nel mondo,
i quali, accanto ai sei milioni di cittadini
residenti all’estero (compresi i più recenti
espatriati), secondo le stime più attendibili
ascenderebbero a un numero compreso tra
sessanta e ottanta milioni di persone, all’interno del quale appare dominante proprio la componente giovanile, soprattutto
nell’America latina centrale e caraibica,
con un livello di scolarizzazione abbastanza elevato e con forte influenza culturale italiana. Si tratta di una componente
dell’italianità nel mondo che, soprattutto
nell’America latina, appare seriamente interessata a rientrare in un Paese che ai loro
occhi si rivela non meno di altri attraente
sotto il profilo delle opportunità occupazionali e dello stile di vita. Non ci si deve
nascondere, tuttavia, che, relativamente alla
quota di essi che ancora attende o non può
agevolmente ottenere la cittadinanza italiana, possa esservi l’eventualità che costoro, una volta ottenutala, al pari di tanti
altri giovani italiani residenti in Italia possano avere la tentazione di raggiungere
mete europee e nordamericane più appetibili, privando così del loro apporto il
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Paese che potrebbe offrire tali opportunità.
Il secondo obiettivo del presente progetto
[articolo 2, comma 1, lettera b)] è l’apertura alla categoria degli « italici », ossia a
coloro che, pur non possedendo la cittadinanza italiana, si riconoscono nei valori
culturali, sociali e nello stile di vita italiano
e che dall’associazione che li censisce e li
rappresenta sarebbero quantificati in circa
120 milioni in tutto il mondo, in prevalenza
intellettuali, artisti, imprenditori e professionisti nei vari campi. A essi la presente
proposta di legge consentirebbe di circolare
liberamente tra il Paese di origine e il
nostro, a beneficio di quest’ultimo giacché
il solo risiedervi fisicamente o stabilirvi
almeno parte delle proprie attività e divenirne soggetto fiscale potrebbe dare un
apporto prezioso alla soluzione dei problemi citati in premessa.
La legislazione italiana da qualche tempo
cerca di mettersi al passo con gli altri
ordinamenti agevolando le pratiche di ingresso e di soggiorno in Italia con procedure più semplici di quelle fino a ora
vigenti. Così per le start-up di iniziativa
extraeuropea, nel decreto-legge 18 ottobre
2012, n. 179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è
stato previsto un procedimento semplificato che consente dal 2014 di avviare le
procedure per l’ottenimento del visto e del
permesso di soggiorno direttamente presso
il Ministero dello sviluppo economico. Questa tendenza è stata confermata dalla modifica al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, di
cui al decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286, introdotta dall’articolo 1, comma
148, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,
che concede visto e permesso di soggiorno
agli investitori extraeuropei. Un’ulteriore
modifica introdotta dall’articolo 6-quinquies, comma 1, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25,
prevede visti egualmente più rapidi per i
cosiddetti « nomadi digitali » extraeuropei.
Infine, il decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20,
convertito, con modificazioni, dalla legge 5
maggio 2023, n. 50, che promuove attività
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formative professionali e di lingua e cultura italiana all’estero da parte di imprese
aderenti ad associazioni professionali con
percorsi che dovrebbero trovare sbocco nella
concessione di visti di ingresso in Italia in
qualunque momento e al di fuori dei decreti regolatori dei flussi. Come si vede la
tendenza nel nostro Paese a superare vecchi sbarramenti burocratici è già in atto e
a questa occorre raccordarsi. In considerazione di ciò, l’articolo 1 della presente
proposta dichiara il ripopolamento del Paese e il recupero al medesimo delle forze
giovanili ovunque disponibili fine pubblico
da curare in via principale rispetto ad altre
preoccupazioni di indole puramente formale e burocratica. In questo senso la
presente proposta di legge in generale non
pone limiti di età per l’ingresso in Italia,
salvo il limite di trentasei anni per i discendenti degli italiani per ragioni fiscali
(articolo 5, comma 1), anche per non impedire a qualche minoranza di emigrati
anziani che godono di pensioni italiane di
stabilirsi nel nostro Paese garantendo la
tranquillità economica ai familiari più giovani che eventualmente li seguissero; per la
stessa ragione la proposta di legge non
intende fissare alcun limite di ingresso per
gli « italici », in modo da favorire il rientro
dei giovani, presupponendo realisticamente
che chi avesse un’età superiore può fare
altrettanto utilizzando le disposizioni di
legge già esistenti.
In generale va riconosciuto che l’attuale
legislazione si rivela sufficientemente aperta
agli ingressi degli stranieri nel nostro Paese, prevedendo un’ampia possibilità di visti e di condizioni che ne consentono l’ingresso e la permanenza. Tuttavia, a fronte
di una disponibilità teorica sta la congerie
di norme, il più delle volte frutto di stratificazioni legislative, inserimenti successivi
e allargamento di competenze quasi tutte
attribuite ai Ministeri dell’interno e degli
affari esteri e della cooperazione internazionale, che, attraverso richieste di adempimenti amministrativi e vari orpelli burocratici, invece di favorire finisce per scoraggiare e penalizzare chi volesse risiedere
nel nostro Paese e, cosa più grave, tiene
fuori quasi del tutto le regioni e gli enti
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locali, che sono i soggetti che in ultima
analisi devono gestire un fenomeno che più
di altri presenta ricadute locali. Particolarmente penalizzante appare che l’attuale
quadro legislativo non preveda una specifica normativa nei riguardi dei discendenti
degli emigrati italiani, degli espatriati recenti e degli stranieri di cultura italiana
che intendono stabilirsi in tutto o in parte
in Italia, diversamente da quanto avviene
in altri Paesi che come il nostro possono
contare su una considerevole comunità di
loro discendenti all’estero.
La presente proposta di legge, all’articolo 3, delinea una procedura per cui l’ingresso nel nostro Paese dei discendenti
degli emigrati italiani non in possesso della
cittadinanza possa essere attuato trasformando alla scadenza in visto permanente il
permesso di ingresso già posseduto o eventualmente da richiedere ai sensi della normativa vigente. In secondo luogo, il visto,
che continuerà a essere concesso dal consolato di competenza, incorporerà anche il
permesso di soggiorno rilasciato oggi dalle
questure, adempimento chiaramente superfluo e inutile per l’utente e la pubblica
amministrazione, frutto di una visione ancestrale e antistorica della presenza nel
territorio nazionale. In ogni caso, dal possesso di tale visto discenderebbe tutto il
complesso di diritti e di interessi legittimi
degni di tutela, come è previsto per chi non
è cittadino italiano dall’articolo 2, commi 4
e 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286. L’impostazione proposta non muta, nella sostanza, il
panorama legislativo in subiecta materia,
dal momento che in pratica si risolve in
un’operazione di semplificazione amministrativa delle varie tipologie dei visti di
ingresso, previsti in particolare dagli articoli 4 e 5 del citato testo unico, che ne
attribuiscono la competenza sia ai questori,
con durate temporali diverse a seconda
della natura della richiesta, sia alle autorità
consolari ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. La
novità principale consiste invece nel fatto
che il compito della conversione in permesso di soggiorno permanente verrà at-
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tribuito integralmente agli uffici dell’anagrafe del comune in cui risiede il richiedente (articolo 3, comma 2). Ciò è previsto
non solo per dare una parvenza di normalità e di eguaglianza con gli altri residenti,
ma anche per consentire all’ente locale una
veduta d’insieme della popolazione che ha
usufruito di questi benefìci nel suo territorio, indispensabile per elaborare le relative politiche e iniziative da intraprendere
e per determinare in quali direzioni destinare eventuali risorse a disposizione. Poi,
indirettamente, si tratta di alleggerire le
questure e le prefetture da carichi di lavoro
meno congeniali con i compiti di una polizia moderna, i cui uffici oltretutto appaiono in sofferenza rispetto al loro adempimento (come dimostra l’arretrato nella concessione dei permessi di soggiorno agli stranieri e dei passaporti). Oltre al problema
del rientro dei discendenti degli emigrati
italiani e dei più recenti espatriati, la proposta di legge mira a facilitare l’ingresso
nel territorio nazionale di personalità straniere che verosimilmente manifestassero il
proposito di operare in Italia, ad esempio
nei vari campi dell’arte, dell’imprenditoria,
dell’istruzione, delle professioni e della ricerca scientifica. Tutto ciò, oltre che essere
coerente con le tendenze in atto nell’Unione europea, miranti a evitare avventure
pericolose per chi intendesse raggiungere
Paesi in cui verosimilmente si è in regola,
costituirebbe un’ulteriore semplificazione
nel momento in cui l’istituto del permesso
di soggiorno a tempo indeterminato è già
ampiamente contemplato nel nostro ordinamento. Inoltre, questo sistema si preoccupa di far cadere, perché prive di fondamento (teorico e statistico), le preoccupazioni – spesso ricorrenti nelle analisi istituzionali – circa il comportamento della
popolazione straniera nel nostro Paese, ritenendo che a garanzia siano sufficienti le
vigenti disposizioni (articolo 5, commi 5 e
6, del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica n. 286 del 1998)
che pongono a carico delle questure la
vigilanza e la potestà di intervenire con la
possibilità di revocare i permessi.
L’articolo 4 della proposta di legge stabilisce che competenti alla concessione dei
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nuovi visti saranno le autorità diplomaticoconsolari italiane, in nulla innovando, nella
sostanza, l’articolo 5 del regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica
n. 394 del 1999. Viceversa, in coerenza con
quanto appena affermato e, soprattutto,
con la finalità semplificatrice della presente proposta di legge, l’articolo 3, comma
3, prevede che non si applichi, in quanto
superfluo, l’obbligo di segnalazione alla locale questura, con le relative sanzioni, previsto dall’articolo 7 del testo unico di cui al
decreto legislativo n. 286 del 1998.
Come si può evincere dal testo, il presente progetto di legge, all’articolo 4, intende fare propri gli auspici e le preoccupazioni che salgono da vari settori della
società e delle istituzioni italiane che, analogamente a quanto accade in quasi tutti i
Paesi del mondo che si trovano a fronteggiare problemi di inserimento di stranieri
richiedendo la padronanza della lingua e la
conoscenza della cultura del posto – e che
a essa si accompagni possibilmente la necessaria preparazione professionale –, giacché per le prime due condizioni culturali
non ci si dovrebbe trovare davanti a un
ostacolo troppo difficile da sormontare, soprattutto quando l’interessato proviene da
tradizioni familiari italiane. Anche nella
presente proposta di legge si prende a base
e si migliora la normativa esistente, nella
misura in cui essa pone come condizione
per dare avvio alle operazioni di concessione del permesso permanente la dimostrazione del possesso di questi requisiti
all’articolo 34, comma 1, del regolamento
di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 in attuazione delle
più generali disposizioni sull’« accordo di
integrazione » degli articoli 4-bis, 22, comma
15, e 23 del testo unico di cui al decreto
legislativo n. 286 del 1998. Su queste, che
risalgono a epoche non troppo lontane in
cui le amministrazioni pubbliche erano carenti di personale con le necessarie competenze linguistiche e per accelerare i propri adempimenti non potevano neanche
contare su supporti informatici come quelli
attuali, è possibile introdurre ulteriori semplificazioni. Quindi, relativamente alla concessione del visto di ingresso in Italia a
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favore dei discendenti da cittadini italiani,
siano essi in grado o meno di mantenersi
autonomamente nel Paese, e degli italici
che intendano entrare in Italia ai sensi
della presente proposta di legge, le autorità
diplomatico-consolari competenti dovranno
concedere entro sessanta giorni il visto richiesto anche attraverso procedure telematiche; in mancanza si applicherà il silenzio
assenso (comma 2). Il visto sarà concesso a
seguito della presentazione di una certificazione sull’idoneità linguistica e culturale.
Viceversa, non dovrà sottostare ai suddetti
adempimenti chi risulti essere in possesso
di tali requisiti per « chiara fama », anch’essa documentabile aliunde con atti e
documenti. La proposta di legge prevede
che tutta la documentazione relativa all’ottenimento del visto e gli ulteriori documenti attestanti il possesso di titoli all’estero possano essere esibiti alle autorità
nazionali competenti, oltre che in italiano,
anche nelle lingue ufficiali e di lavoro dell’Unione europea, stabilite dall’articolo 1
del regolamento (CEE) n. 1 del Consiglio,
del 15 aprile 1958, per chi appartiene a
questo spazio geografico, e in inglese, francese, spagnolo o portoghese per chi proviene da Paesi extraeuropei. La norma serve
a semplificare i rapporti con le pubbliche
amministrazioni ponendo a carico di queste ultime eventuali operazioni di traduzione, oggi agevolate dai sistemi informatici
basati sull’intelligenza artificiale e che fino
a ieri costituivano un carico eccessivamente dispendioso per gli italiani all’estero,
oltre che fonte di discriminazioni e ingiustificati ritardi da parte degli uffici pubblici
preposti.
Poiché il presente progetto di legge intende abbracciare non solo il maggior numero possibile di soggetti interessati ma
anche funzionare concretamente come iniziativa di solidarietà nei confronti degli
italiani e dei loro discendenti che si trovino
in Paesi colpiti da crisi endemiche, tutti i
beneficiari della presente proposta di legge
(articolo 3, comma 5) saranno ammessi
anche al di fuori delle quote previste dagli
articoli 21 e 22 dello stesso testo unico e
dagli articoli 29 e 34, commi 7, 8 e 10, del
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regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
A questo fine e in coerenza con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dello spopolamento, l’articolo 5, comma 1, della
proposta di legge, relativamente alla prima
tipologia di interventi, nel caso si tratti di
giovani fino a trentasei anni, in possesso
della cittadinanza italiana o privi di essa,
che non siano in condizioni di mantenersi
autonomamente, consente di detrarre, per
la durata massima di cinque anni e per un
importo non superiore a 400 euro mensili,
l’80 per cento delle spese sostenute dai
soggetti che li ospitano, se residenti in
comuni con meno di 6.000 abitanti, il 60
per cento, se residenti in comuni con popolazione compresa tra 6.000 e 50.000 abitanti, e il 40 per cento, se residenti in
comuni con popolazione superiore a 50.000
abitanti. Privilegiate in questo caso saranno
soprattutto le realtà periferiche del Paese e
nelle provvidenze, come si vede, sono compresi anche i giovani in possesso della cittadinanza italiana che, soprattutto dalle
aree più periferiche del pianeta, non sono
in grado di autosostentarsi in Italia e potrebbero essere più opportunamente accolti in famiglie di amici e parenti. Si pone
in tutti i casi il termine di cinque anni
perché si ritiene sia sufficientemente congruo per conseguire un titolo di studio
superiore o cercare un lavoro.
Analoga agevolazione, per lo stesso periodo, è prevista per il nucleo familiare dei
cittadini italiani, anche non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero,
ma che si trovino all’estero per ragioni di
studio, di lavoro o familiari, i quali rientrino in Italia per svolgere un’attività lavorativa o professionale continuativa. Tale
beneficio si cumula con altri di natura
fiscale eventualmente dovuti e si intende
riservato alla sola famiglia del rientrante,
propria o di origine.
Per un’oggettiva e più opportuna competenza territoriale l’articolo 6 della presente proposta di legge affida alle regioni e
alle province autonome la realizzazione dei
programmi applicativi dalla legge medesima, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
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regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, organismo che si ritiene più
congruo a gestire siffatto genere di politiche, mentre la loro attuazione sarà attribuita ai singoli comuni. Per lo svolgimento
degli adempimenti conseguenti alla presente disposizione, sia nelle sedi diplomaticoconsolari competenti sia presso le istituzioni italiane, i soggetti interessati potranno farsi assistere, oltre che dagli enti
previsti nell’articolo 42 del testo unico di
cui al decreto legislativo n. 286 del 1998,
anche dalle organizzazioni di volontariato
che, in Italia e all’estero, operano a favore
dell’emigrazione italiana, cui si estenderanno le condizioni e gli adempimenti previsti dall’articolo 26 del regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica
n. 394 del 1999, che potranno così svolgere
anche operazioni di carattere amministrativo ai sensi del comma 4 del medesimo
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articolo e iscriversi nel Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività
a favore degli immigrati ai sensi degli articoli 52, 53 e 54 del medesimo regolamento.
Le spese derivanti dalla presente proposta di legge (articolo 7) graveranno sul
Fondo nazionale per le politiche migratorie, di cui all’articolo 45 del testo unico di
cui al decreto legislativo n. 286 del 1998,
mentre le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano provvederanno alle
spese derivanti dai programmi di attuazione con le risorse disponibili nei propri
bilanci e con le risorse del Fondo nazionale
per le politiche migratorie ad esse assegnate, ai sensi dell’articolo 59 del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, nel limite di spesa che sarà stabilito in sede di
ripartizione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. Al fine di contrastare i fenomeni dello
spopolamento, dell’invecchiamento della popolazione e della denatalità in vaste aree,
soprattutto interne, del Paese e di recuperare all’economia nazionale risorse giovanili italiane sparse nel mondo, anche in un
quadro di solidarietà internazionale, lo Stato
adotta misure di semplificazione amministrativa degli istituti attualmente vigenti in
modo da favorire la migliore circolazione
nel nostro Paese dei soggetti che la presente
legge reputa indispensabili per il raggiungimento di tali fini.
Art. 2.
(Beneficiari)
1. Sono beneficiari delle disposizioni
della presente legge i seguenti soggetti:
a) i discendenti da emigrati italiani
all’estero per via paterna o materna, senza
limiti di generazione, indipendentemente
dal possesso o meno della cittadinanza
italiana;
b) i cittadini di uno Stato straniero
che, in base ai requisiti previsti dall’articolo
4, possano essere considerati, per attività e
livello culturale, appartenere per scelta di
valori all’Italia, ossia gli italiani di altra
nazionalità, individuati negli svizzeri italiani, nei sammarinesi e negli italiani dell’Istria e della Dalmazia, gli italofoni e
coloro che hanno abbracciato valori, stili di
vita e modelli dello stile italiano di vita
diffuso nel mondo, ibridandoli con altre
culture, di seguito denominati « italici »;
c) gli emigrati di prima generazione
espatriati dall’Italia dopo il 1990;
d) i nuclei familiari di emigrati residenti all’estero, cittadini italiani e no, che
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intendano rientrare in Italia con propri
discendenti;
e) i cittadini italiani che si siano affermati all’estero per qualità scientifiche,
culturali, artistiche, imprenditoriali e professionali, che intendano rientrare o circolare anche parzialmente in Italia per svolgere le proprie attività o anche semplicemente per risiedervi;
f) i nomadi digitali di cittadinanza o di
origine italiana che intendano svolgere in
Italia, in tutto o in parte, la propria attività;
g) coloro che si trovino nelle condizioni di ottenere il visto di ingresso ai sensi
degli articoli 4, commi 2 e 3, del testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in quanto
iscritti nella lista dei lavoratori di origine
italiana istituita presso le rappresentanze
diplomatico-consolari, con relativo grado
di ascendenza, di cui all’articolo 21, comma
1, terzo periodo, del medesimo testo unico
di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
Art. 3.
(Visto di ingresso e di soggiorno)
1. I soggetti beneficiari di cui all’articolo
2 possono chiedere il visto di ingresso e di
soggiorno in Italia alle autorità diplomaticoconsolari italiane, ai sensi dell’articolo 5
del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999,
n. 394.
2. Il visto di ingresso di cui al comma 1
incorpora anche il permesso di soggiorno
di competenza delle questure. Alla scadenza, esso è convertito in permesso permanente di soggiorno da parte del comune
eletto dal beneficiario a propria residenza.
Alle successive scadenze il comune di residenza provvede al rinnovo periodico del
documento con la stessa procedura prevista per i documenti di identità.
3. Per i soggetti beneficiari di cui all’articolo 2 titolari del visto di ingresso e di
soggiorno di cui al comma 1 non si applica
l’obbligo di segnalazione alla locale que-
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stura previsto dall’articolo 7 del testo unico
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286.
4. Il visto di ingresso e di soggiorno di
cui al comma 1 esime il titolare, ai fini
dell’ingresso nel territorio nazionale per
studio, ricerca di lavoro o esercizio di una
professione, dall’applicazione delle disposizioni ostative previste in ordine alle capacità di autosostentamento dagli articoli
6, comma 5, 9, comma 1, 9-bis, comma 1,
lettera c), e 29, comma 3, del testo unico di
cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e
in ogni altra disposizione di legge che subordini a tale condizione il rilascio di visti
temporanei o permanenti di soggiorno in
Italia.
5. I soggetti beneficiari di cui all’articolo
2 sono ammessi nel territorio dello Stato
anche al di fuori delle quote previste dagli
articoli 21 e 22 del testo unico di cui al
decreto legislativo n. 286 del 1998 e dagli
articoli 29 e 34, commi 7, 8 e 10, del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
Art. 4.
(Condizioni di accesso e procedura di rilascio del visto)
1. La fruizione delle disposizioni agevolative previste dagli articoli 2 e 3 si applicano esclusivamente ai soggetti ivi indicati
i quali siano in possesso di una conoscenza
della lingua italiana non inferiore al livello
di competenza B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza
delle lingue e di un’idonea formazione,
ottenuta attraverso i programmi previsti
dall’articolo 34, comma 1, del regolamento
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in attuazione delle disposizioni in materia di accordo di integrazione di cui agli articoli
4-bis, 22, comma 15, e 23 del testo unico di
cui al decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286, salvo quanto specificamente disposto dal presente articolo.
2. Gli aventi diritto possono richiedere,
anche attraverso procedure telematiche, il
visto di ingresso e di soggiorno di cui al-
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l’articolo 3 con validità quinquennale, che
è rilasciato dalle autorità diplomaticoconsolari entro sessanta giorni dalla richiesta previo esame della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui al
comma 1 del presente articolo.
3. Sono esenti dalla presentazione della
documentazione comprovante il possesso
dei requisiti di cui al comma 1 coloro che,
rientrando nelle categorie aventi titolo al
rilascio del visto ai sensi degli articoli 2 e 3,
ne siano notoriamente forniti per chiara
fama internazionale a livello artistico, culturale, scientifico, imprenditoriale, professionale, sportivo o sociale, accertata previo
parere dell’istituto italiano di cultura competente per il territorio estero di residenza
del richiedente, sulla base della documentazione prodotta dall’interessato.
4. La documentazione da esibire alle
autorità diplomatico-consolari e le ulteriori
certificazioni di titoli da trasmettere ad
altri uffici dopo l’ingresso in Italia possono
essere prodotte, oltre che in lingua italiana,
in una delle ufficiali e di lavoro dell’Unione
europea, stabilite dall’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 1 del Consiglio, del 15
aprile 1958, per chi proviene dal relativo
spazio geografico, e in inglese, francese,
spagnolo o portoghese per chi proviene da
un Paese extraeuropeo.
Art. 5.
(Agevolazioni fiscali)
1. I soggetti che ospitano giovani di età
non superiore a trentasei anni, discendenti
di italiani emigrati all’estero, indipendentemente dal possesso della cittadinanza italiana, e provenienti da aree di maggiore
disagio economico, i quali non siano in
condizione di mantenersi autonomamente
in Italia, possono detrarre dall’imposta sul
reddito delle persone fisiche, per la durata
massima di cinque anni dall’ingresso nel
territorio nazionale e per un importo non
superiore a 400 euro su base mensile, anche nel caso di rientro di nuclei familiari di
emigrati, le spese sostenute per il loro alloggio e mantenimento, nella misura dell’80
per cento se residenti in comuni con po-
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polazione inferiore a 6.000 abitanti, del 60
per cento se residenti in comuni con popolazione compresa tra 6.000 e 50.000 abitanti e del 40 per cento se residenti in
comuni con popolazione superiore a 50.000
abitanti.
2. L’agevolazione di cui al comma 1 del
presente articolo si applica altresì a coloro
che ospitano cittadini italiani di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), o già residenti
all’estero per ragioni di studio, di lavoro o
familiari, anche se non iscritti nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, che
rientrino in Italia con il proprio nucleo
familiare per svolgervi un’attività lavorativa o professionale continuativa. Il beneficio è cumulabile con altri di diversa natura eventualmente spettanti ed è riservato
alla sola famiglia del rientrante.
Art. 6.
(Regioni e enti locali)
1. La realizzazione dei programmi attuativi della presente legge è affidata alle
regioni e alle province autonome di Trento
e di Bolzano, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, mentre la loro attuazione è riservata ai comuni. Per lo svolgimento degli adempimenti conseguenti, sia
nelle sedi diplomatico-consolari competenti sia presso le istituzioni italiane, i
soggetti interessati possono farsi assistere,
oltre che dalle associazioni indicate nell’articolo 42 del testo unico di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, anche
dagli enti del Terzo settore, di cui all’articolo 4, comma 1, del codice del Terzo
settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio
2017, n. 117, che svolgono in via esclusiva
o principale l’attività di accoglienza umanitaria e integrazione sociale dei migranti
di cui all’articolo 5, comma 1, lettera r), del
medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017, dalle organizzazioni
di volontariato che, all’estero, operano a
favore dell’emigrazione italiana nonché dagli istituti di patronato e di assistenza sociale di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152,
Atti Parlamentari
— 12
Camera dei Deputati
A.C. 1439
XIX LEGISLATURA
cui si applicano le condizioni e gli adempimenti previsti dall’articolo 26 del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, con la
facoltà di svolgere anche le operazioni di
carattere amministrativo di cui al comma
4, lettera b), del citato articolo 26 e di
chiedere l’iscrizione nel registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività
a favore degli stranieri immigrati ai sensi
degli articoli 52, 53 e 54 del medesimo
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
Art. 7.
(Norma finanziaria)
1. Le maggiori spese derivanti dall’attuazione della presente legge sono poste a
carico del Fondo nazionale per le politiche
migratorie di cui all’articolo 45 del testo
unico del testo unico di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
2. Le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono agli oneri
derivanti dai programmi di attuazione della
presente legge, di cui all’articolo 6, con le
risorse dei propri bilanci e con le risorse
del Fondo nazionale per le politiche migratorie ad esse assegnate, ai sensi dell’articolo 59 del regolamento di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 31 agosto
1999, n. 394, nel limite di spesa stabilito in
sede di ripartizione del medesimo Fondo.
Stampato su carta riciclata ecologica