
(AGENPARL) – lun 11 dicembre 2023 Il Testo unico bancario, trent’anni dopo
Indirizzo di saluto di Fabio Panetta
Governatore della Banca d’Italia
Convegno “A 30 anni dal Testo Unico Bancario (1993-2023): The test of time”
Roma, 11 dicembre 2023
Sono lieto di introdurre la prima giornata del convegno dedicato al trentennale
dell’adozione del Testo unico bancario. La seconda si svolgerà presso l’Università di
Roma Tre, a testimonianza del rilevante contributo che l’Accademia offre alla riflessione
in campo bancario.
L’iniziativa odierna è stata preceduta da tre incontri ospitati dalle Università di Palermo,
Venezia Ca’ Foscari e Napoli Parthenope. Gli incontri hanno visto un’intensa discussione
sui modelli di attività delle banche, sulla vigilanza di tutela e sui rapporti tra supervisione
e gestione delle crisi bancarie.
Il dibattito svolto sin qui consente alcune riflessioni sull’evoluzione della normativa
bancaria e sui suoi possibili sviluppi.
Il Testo unico bancario, introdotto nel 19931, inglobò il decreto di recepimento della
seconda direttiva banche, unitamente a norme sulla trasparenza dei servizi bancari e
sul credito al consumo. Esso confermò la vigilanza della Banca d’Italia sulle banche,
stabilendo che le autorità creditizie nazionali esercitassero i propri poteri in armonia
con l’ordinamento europeo. Introdusse inoltre un’embrionale sorveglianza sui sistemi di
pagamento, al fine di assicurarne l’efficienza e l’affidabilità.
Le scelte del legislatore italiano si inserivano in un ordinamento europeo rinnovato, che
con il Trattato di Maastricht aveva istituito l’Unione economica e monetaria e attribuito
al Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC) la responsabilità della politica monetaria
comune, oltre che il compito di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di
pagamento.
Il Trattato prevedeva inoltre la facoltà, esercitata vent’anni dopo, di attribuire alla Banca
centrale europea (BCE) compiti di vigilanza prudenziale, mantenendo il legame tra le
funzioni di banca centrale e quelle di vigilanza. Da noi tale scelta fu riaffermata dal Testo
unico bancario.
Il Testo unico fu adottato con il d.lgs. n. 385/1993.
Il Testo unico determinò una semplificazione normativa senza precedenti, riordinando
un insieme di leggi che si erano andate stratificando nel tempo. Esso realizzò una netta
delegificazione della disciplina bancaria ed estese il campo di intervento normativo delle
autorità creditizie. Indicò le finalità della vigilanza, cui ancorare l’attività della Banca d’Italia
e delle altre autorità creditizie, superando la neutralità della legge bancaria del 1936.
Il tessuto normativo è stato successivamente più volte adeguato sia mediante iniziative
nazionali, quale la legge sul risparmio del 2005, sia attraverso interventi volti a conformare
le regole nazionali a quelle europee – si pensi alla direttiva sui contratti di credito con i
consumatori2 e a quella sui servizi di pagamento3.
Gli sviluppi recenti sono stati scanditi dalla reazione alla crisi finanziaria e dai relativi
interventi da parte del legislatore dell’Unione. È in risposta alla crisi che fu istituito il
Meccanismo di vigilanza unico a livello europeo (Single Supervisory Mechanism, SSM),
il cd. primo pilastro dell’Unione bancaria, cui fece seguito la creazione del secondo
pilastro – il Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM).
Il Testo unico si confronta oggi con questo assetto regolamentare e di vigilanza – su cui
non mi soffermerò, essendo ormai la cornice del nostro lavoro quotidiano.
Il Testo unico fa riferimento al sistema bancario nazionale, ma ha al tempo stesso un
respiro europeo. Già nella prima formulazione, l’articolo 6, disponeva che “le autorità
creditizie esercitano i poteri loro attribuiti in armonia con le disposizioni comunitarie,
applicano i regolamenti e le decisioni della Comunità europea e provvedono in merito alle
raccomandazioni in materia creditizia e finanziaria”. Pur in presenza di rilevanti eccezioni,
quali le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa e sugli intermediari non
bancari, le norme di cui esso si compone sono oggi in buona parte di derivazione unionale,
sebbene regolino i compiti di autorità creditizie nazionali e i rapporti tra di esse.
Da un lato, la Banca d’Italia è chiamata ad applicare norme dell’Unione direttamente
efficaci, cosicché il peso delle disposizioni contenute nel Testo unico e della stessa
vigilanza regolamentare, che tradizionalmente si esprime nelle nostre Istruzioni di
vigilanza, risulta ridotto. Voglio ricordare che la Banca d’Italia incide sulla normativa
bancaria europea contribuendo alla formazione dei Regulatory Technical Standards e
degli Implementing Technical Standards dell’EBA e alla determinazione dei principi
cardine della vigilanza bancaria in seno al Comitato di Basilea, che vengono poi tradotti
in atti legislativi dell’Unione prima e nazionali poi.
Dall’altro lato, la BCE è tenuta ad applicare, in esecuzione dei compiti affidati all’SSM,
sia il diritto dell’Unione sia il diritto nazionale traspositivo di direttive – e pertanto anche
il nostro Testo unico e la stessa normativa secondaria adottata dalle autorità creditizie,
Banca d’Italia inclusa4.
Dir. 2008/48/CE.
Dir. 2007/64/CE.
Si veda l’art. 4, paragrafo 3, del regolamento SSM e l’art. 6bis, comma 4, del Testo unico.
Più in generale, l’istituzione dell’SSM e dell’SRM ha profondamente cambiato l’architettura
della vigilanza e il sistema di prevenzione e gestione delle crisi, pur in assenza del terzo
pilastro, relativo al sistema europeo di garanzia dei depositi.
Come ho già rilevato, il Testo unico include la disciplina della liquidazione coatta
amministrativa, che è invece interamente nazionale e rappresenta un modello che nel
tempo ha dato prova della sua efficacia. Si pensi alla possibilità per i commissari liquidatori
di cedere attività, passività, rami d’azienda, beni e rapporti individuabili in blocco: si tratta
di uno schema ben presente agli stessi estensori della Bank Recovery and Resolution
Directive quando hanno introdotto lo strumento della vendita dell’attività di impresa.
In sede europea si sta lavorando al fine di armonizzare le procedure di insolvenza
bancarie dei singoli paesi membri, qualora non venga applicato il meccanismo della
risoluzione. Si tratta di una materia delicata, con impatti diretti sulla valutazione
dell’interesse pubblico alla risoluzione affidata al Single Resolution Board. E sulla quale
il Testo unico ha molto da dire.
Qualche parola nell’ottica dei possibili futuri sviluppi della legislazione bancaria.
L’attualità e il ruolo del Testo unico dipenderanno dalla velocità del processo di
integrazione europea, anche in settori finora non completamente armonizzati e che
tutt’oggi trovano in esso la principale fonte normativa.
Ci si può chiedere se in prospettiva il nostro Testo unico possa rappresentare un modello
per la costruzione di un testo unico bancario europeo. Si tratta di una questione non
semplice, in quanto in Europa le fonti della legislazione bancaria risultano assai complesse
a causa della loro elevata eterogeneità (non solo regolamenti, ma anche direttive, che
necessitano in quanto tali di essere trasposte) e dell’ampiezza della produzione normativa,
che comprende fonti sia legislative5 sia di rango più propriamente regolamentare6.
In tale prospettiva, le direttrici che hanno ispirato il nostro Testo unico offrono un utile
esempio. Ad esempio, la semplificazione del quadro normativo e il necessario riordino
della vasta normativa bancaria europea secondo uno schema di suddivisione delle
materie (autorità, attività e soggetti vigilati, vigilanza, gestione delle crisi, trasparenza,
sanzioni) potrebbero seguire la ripartizione contenuta nel Testo unico.
La semplificazione richiede di ridurre le divergenze nazionali e di definire in che misura
la disciplina bancaria contenuta in direttive possa essere trasformata in regolamenti
dell’Unione. I vantaggi sarebbero significativi e riguarderebbero sia la BCE, che potrebbe
applicare le stesse regole alle banche sottoposte alla propria vigilanza, sia le autorità
nazionali, che talora devono applicare norme e linee guida europee incoerenti con il
quadro normativo nazionale.
Le direttive e i regolamenti del Parlamento e del Consiglio.
Gli atti di regolazione della Commissione, in buona parte disposti su proposta dell’EBA.
Un ulteriore esempio riguarda le finalità della vigilanza. L’articolo 5 del Testo unico
introdusse trent’anni or sono la c.d. meta norma secondo cui: “Le autorità creditizie
esercitano i poteri di vigilanza a esse attribuiti dal presente decreto legislativo, avendo
riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva,
all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario nonché all’osservanza delle
disposizioni in materia creditizia”. Una norma analoga non dovrebbe mancare in un
eventuale testo unico bancario europeo. È una essenziale forma di accountability a priori,
che ispira l’azione discrezionale della Vigilanza ancorandola a obiettivi predeterminati
dal legislatore.
Il tema dell’accountability richiama infine quello del ruolo delle autorità europee in
materia bancaria, dei loro rapporti reciproci, della loro relazione con le autorità nazionali
che partecipano agli organi di supervisione europei. Pure su questi temi sarebbe
auspicabile – anche qui, sulla falsariga del TUB – un quadro di regole omogeneo per le
autorità sia europee sia nazionali che individui i necessari presidi di indipendenza e gli
obblighi di rendicontazione; che chiarisca i rapporti con le autorità europee e nazionali
che presiedono ad altri segmenti del mercato finanziario (quali le autorità di mercato e
di vigilanza sulle compagnie assicurative); che definisca le modalità di interazione con
le autorità incaricate della lotta al riciclaggio, auspicabilmente incardinate in un quadro
europeo di riferimento con al vertice l’istituenda Anti-Money Laundering Authority.
Più difficile da seguire è il disegno del Testo unico in materia sanzionatoria. Al riguardo la
CRD (Capital Requirements Directive) ha individuato, oltre alle key provisions meritevoli di
sanzione, anche le misure amministrative e le sanzioni applicabili in caso di violazione di
queste ultime. La direttiva lascia però discrezionalità agli Stati membri nell’individuazione
sia dei precetti sanzionabili, che possono essere ampliati rispetto alle key provisions, sia
delle forme di reazione a tali violazioni. Anche qui sarebbe auspicabile una armonizzazione,
al fine di evitare disparità di trattamento dei soggetti vigilati.
Il discorso diventa più complesso se ci si sposta sul terreno delle sanzioni penali,
dove non vi è un’armonizzazione a livello di Unione. I Trattati consentono tuttavia di
individuare fattispecie penali europee per garantire un’attuazione efficace della politica
dell’Unione nei settori, come appunto in quello bancario, in cui vi sia un’armonizzazione
amministrativa a monte7.
Per concludere, quale impressione possiamo trarre dopo trent’anni dall’approvazione del
Testo unico?
Senz’altro quella di un legislatore lungimirante, che ha saputo definire uno strumento
normativo adeguato allo spirito del suo tempo e in grado di coesistere con gran parte
degli innesti normativi successivi.
Art. 83, paragrafo 2, TFUE.
L’unione bancaria ha tuttavia fatto emergere temi con cui le legislazioni nazionali si
devono confrontare. La vitalità del Testo unico dipenderà dal processo di armonizzazione
europeo: quanto più si procederà nella direzione dell’armonizzazione massima delle
regole e della vigilanza, tanto più esso sarà destinato a perdere centralità.
Non si perderà invece la validità del modello immaginato trent’anni fa, frutto di un grande
sforzo di semplificazione normativa e di delegificazione, volto a conferire completezza
e centralità alla vigilanza cd. integrata. Un modello fin qui ampiamente promosso dalla
prassi applicativa. Un riferimento e uno sprone per il futuro legislatore dell’Unione.
Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia