(AGENPARL) – sab 13 maggio 2023 ATTACCO HACKER IN ABRUZZO, ERA GIÀ TUTTO PREVISTO
COLPA DI UNA RETE INFORMATICA COLABRODO
FRA UN PAIO DI SETTIMANE TOCCHERÀ ALLE BANCHE
Sono gli effetti, assolutamente evidenti, di quanto accaduto a febbraio, spiega uno dei massimi consulenti in cybersicurezza. Paghiamo una scarsa cultura in materia che ha portato il nostro Paese a essere facilmente attaccabile. Il caso degli Enti locali che, nel 40% dei casi, non hanno nemmeno nominato il responsabile della sicurezza informatica. Serve una rivoluzione culturale immediata…
Era già tutto previsto. Un vecchio refrain torna attuale dopo gli attacchi hacker che hanno messo in ginocchio la sanità abruzzese: “Quando, a febbraio, i miei colleghi -spiega Giuseppe Izzo, esperto in cybersicurezza e consulente con Uese Italia di diversi soggetti pubblici e privati- parlavano di episodi isolati, era chiaro a molti di noi che invece quanto accaduto tre mesi fa avrebbe portato, nel corso delle settimane successive, problemi di non poco conto. Eravamo davanti a una azione capillare e mirata di acquisizione di milioni e milioni di dati che poi sarebbero stati sviluppati per portare avanti la propria azione criminale. Il gioco è semplice: immaginate che un corriere vi consegni migliaia di pacchetti in un secondo. Bene, avete bisogno di tempo per scartarli. Lo stesso tempo che serve anche agli hacker per aprire i dati acquisiti e poi presentare il conto. Paghi o divulgo quello che è in mio possesso. In questo caso, un’infinità di cartelle cliniche e di dati sensibili. Le faccio poi una previsione ulteriore, fra qualche settimana una cosa simile toccherà ai piccoli gruppi bancari che non hanno adottato un vero e proprio protocollo ISO 27001, ma che per risparmiare si sono limitati a scopiazzare le procedure da concorrenti più strutturati”.
Ma allora se tutto era previsto, non era forse possibile intervenire prima del patatrac: “Il problema -continua Izzo- è che in Italia non esiste ancora una consolidata cultura della cybersicurezza. Mi dispiace dirlo ma abbiamo tanti esperti informatici che si riempiono la bocca di paroloni e termini anglosassoni, ma che, in realtà, sanno molto poco della materia. Non sanno come sia fatto un personal computer e quali siano gli aspetti vulnerabili. Ecco, penso che sia giunto il momento di avviare una vera e propria rivoluzione culturale e di affidare il delicato compito di contrastare gli hacker a persone che, da tempo, studiano la materia e che si sporcano le mani sul campo. Anche e soprattutto nella Pubblica amministrazione, dove, se è possibile, il livello è ancora più basso. Ci si limita, troppo spesso, a scopiazzare qua e là procedure e protocolli di gestione della sicurezza del tutto insufficienti e comunque datati. Aspetto questo che dà agli hacker uno straordinario vantaggio”.
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