
(AGENPARL) – mar 04 aprile 2023 comunicato stampa martedì 4 aprile 2023
Grano duro, meno semine in Puglia. Cia Agricoltori: “Crollo dei prezzi decisivo”
Sicolo: “Alle stelle il prezzo di semola, pane e pasta; alle pezze quello corrisposto ai cerealicoltori”
0,39 cent agli agricoltori, +31% in valore l’export per i pastai, da 4,7 a 9,8 euro un kg di pane
Lo studio dell’Università di Bari: 1.370 euro a ettaro i costi di produzione per il grano
Miano (Cia Capitanata): “Così il grano italiano va in serie B, a fare il mercato sono i grani esteri”
De Noia (Cia Levante): “Rischio dipendenza dall’estero di una filiera essenziale del made in Italy”
In Puglia e più in generale nel Mezzogiorno d’Italia, nel 2023 è diminuito il numero di aziende
agricole che hanno deciso di seminare a grano duro i loro terreni. E’ quanto emerge dall’indagine
ISTAT sulle intenzioni di semina pubblicata pochi giorni fa. Il dato, con un decremento del 3,2%, è
ricavato da una ricerca su un campione di 15mila aziende. “Decrescono la superficie agricola
coltivata e il prezzo del grano duro italiano, che nel giro di un anno è diminuito di un terzo; allo
stesso tempo, aumentano i prezzi di tutti i prodotti trasformati della stessa filiera: dalla semola, al
pane e alla pasta, come confermano le rilevazioni del Mise. Il primo e più importante anello della
filiera è penalizzato, tutti i segmenti successivi raccolgono i profitti di una vera e propria esplosione
dell’export: nel 2022, le esportazioni di pasta italiana sono cresciute del 5,1%, del 31% in termini di
valore, per un totale di 3,7 miliardi. Qualcosa non torna. Allo stesso tavolo, alcuni commensali si
riempiono la pancia, ad altri non vengono lasciate nemmeno le briciole”. Gennaro Sicolo,
presidente CIA Puglia e vicepresidente nazionale CIA Agricoltori Italiani, snocciola dati ufficiali e
usa una metafora eloquente per spiegare lo squilibrio che sta affossando la cerealicoltura pugliese
e italiana. Per un chilo di grano duro, ai cerealicoltori pugliesi attualmente vengono corrisposti 39
centesimi.
PREZZI A CONFRONTO. La Facoltà di Agraria dell’Università di Bari, di recente, ha calcolato in
1.370 euro il costo complessivo sostenuto da un cerealicoltore pugliese per seminare, coltivare,
curare e raccogliere il grano prodotto da un ettaro di terra. Il prezzo medio di un chilo di pasta
realizzato con semola di grano duro, secondo un’indagine di Assoutenti, è di 1,95 euro, ma può
arrivare fino a 4,7 euro; per un chilo di pane, il prezzo medio è di 4,7 euro ma a Ferrara arriva
a 9,8 euro secondo le rilevazioni ufficiali del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
“Chi permette che a determinare il prezzo del grano italiano siano i grani esteri fa retrocedere il
nostro frumento duro in serie B”, ha aggiunto Angelo Miano, presidente provinciale di CIA
Capitanata, “perché ciò che viene importato massicciamente ha standard qualitativi, livelli di
salubrità e costi di produzione inferiori a quelli che vincolano i cerealicoltori italiani”. Occorre
valorizzare l’intera filiera 100% italiana del grano duro, garantendo un equo riconoscimento a
produttori e trasformatori e assicurando la qualità e salubrità di grano, semola e pasta italiana ai
consumatori. Per la produzione, in Italia, i cerealicoltori devono attenersi a un preciso e severo
disciplinare che garantisce la migliore qualità e la massima salubrità del grano duro italiano. I
diversi produttori esteri attivi sul mercato internazionale non hanno il medesimo disciplinare e le
stesse regole vigenti in Italia.
COSA RISCHIA LA FILIERA. La Puglia è la prima produttrice italiana di grano duro, con una
media che negli ultimi anni si è attestata attorno ai 9,5 milioni di quintali annui, il 30% dell’intera
produzione nazionale. L’80% in provincia di Foggia, la parte restante trova dimora soprattutto nel
Barese e nella BAT. “Il rischio è che, progressivamente, come sta già accadendo, diminuiscano le
superfici coltivate e la produzione, lasciando sempre più spazio alla dipendenza dall’estero
dell’intera filiera del made in Italy per i prodotti trasformati come pane e pasta”, ha spiegato
Giuseppe De Noia, presidente di CIA Levante (Bari-Bat). “E’ un rischio che dovrebbe mettere tutti
in allarme, perché stiamo parlando di qualità e salubrità, di benessere e salute per i consumatori”.


