
(AGENPARL) – Roma, 13 Giu 2022 – “Nonostante i segnali positivi che emergono dal bollettino dell’ISTAT, l’Italia non riesce a invertire quei trend che da tempo penalizzano il mercato del lavoro, a iniziare dall’ennesimo calo delle retribuzioni”. Lo afferma Domenica Marrella, segretario generale della Confael – Confederazione Autonoma Europea dei Lavoratori – commentando i dati del primo trimestre del 2022 pubblicati questa mattina dall’Istituto Italiano di Statistica.
Il segnale più preoccupante arriva dal calo delle retribuzioni: -0,1% rispetto al trimestre precedente, -0,2% rispetto a un anno fa. “Possiamo trovare tutte le scuse che vogliamo – spiega Marrella – come la crisi energetica e il conflitto in Ucraina. Ma questo trend si è innescato ben prima, l’OCSE nelle scorse settimane ha certificato che siamo l’unico Paese europeo in cui le retribuzioni sono calate rispetto a 30 anni fa”.
E anche i dati che sembrano segnali positivi in realtà nascondono luci e ombre. E’ il caso del calo dei disoccupati e degli inattivi: “Ancora una volta – prosegue Marrella – l’aumento dei posti di lavoro è essenzialmente dovuto ai contratti a termine (+2,4% rispetto all’ultimo trimestre dell’anno scorso), mentre i contratti a tempo indeterminato crescono appena dello 0,2%. I dati di oggi insomma non possono essere il segno di una crescita reale dell’occupazione, se i posti di lavoro in più oggi ci sono e domani no”.
L’aumento dei contratti a termine, secondo il segretario della Confael, deve essere valutato insieme al dato sui tassi di occupazione: “La crescita maggiore – spiega – si registra nella fascia più giovane, quella tra i 15 e i 34 anni, mentre per gli over 50, i tassi si dimezzano. Chi perde il lavoro a una certa età, rischia di non trovarne uno nuovo: il mercato italiano insomma non è in grado di assicurare stabilità ai lavoratori”.
“Se i salari continuano a calare – conclude Marrella – se non c’è una crescita vera dell’occupazione, se la vita professionale non è stabile, allora il mercato del lavoro non può dare prospettive adeguate. E questo finisce per penalizzare l’intero Paese, e non si può parlare di una crescita reale”