
(AGENPARL) – Catania, 04 maggio 2022 – «È un tempo sospeso, quello che stiamo vivendo, in bilico tra gli echi di una guerra alle porte della nostra Storia e la lenta ripresa dopo la crisi epidemica appena vissuta. Un tempo contraddittorio fatto di faticosa ricostruzione e prepotente desiderio di rinascita, per certi aspetti molto simile al secondo dopoguerra». Lo dichiara il regista Antonio Calenda.
«Ed è proprio quel tempo, quel dopoguerra, quell’Italia che raccoglieva i frammenti di una guerra feroce pronta a ricomporre se stessa, che intendo rievocare con questo Elisir d’amore».
«L’opera, lieve e complessa ad un tempo, ha una leggiadria bucolico pastorale che intendo garbatamente sovvertire, immergendola nel Novecento italiano, preindustriale, in quella civiltà agricola ancora pura e incorrotta che ovunque, ma soprattutto in Sicilia, dominava».
«La scelta di ambientarlo a Catania e non nel “Paese de’ Baschi”, come indicato dal librettista Felice Romani, mi è stata suggerita – e in qualche modo resa lecita – da un verso dell’opera che, per bocca del ciarlatano, venditore di filtri d’amore, Dulcamara, cita il Mongibello, l’Etna».
«Nell’evocare la nostra Storia, cogliendo il frangente della rinascita del dopoguerra, ho pensato al mezzo di locomozione per eccellenza – per andare al lavoro, per divertirsi, per vivere – simbolo di un momento storico cruciale: la bicicletta».
«L’intenzione è far riemergere la struggente dimensione poetica e antropologica splendidamente ritratta nel film “Ladri di biciclette”, attingendo anche al repertorio di suggestioni brillanti e comiche di “Pane, amore e fantasia”, ritratto insieme grottesco e realistico di un’umanità in cerca di riscatto e riaffermazione e per la quale l’unico bene durevole, trasversalmente accessibile a tutti gli esserci umani, indipendentemente dallo status sociale ed economico di ciascuno, fosse l’Amore, miraggio evanescente di una felicità dai contorni sfumati, nel disincanto della guerra appena vissuta».
«E così Belcore diventa un bersagliere con i suoi commilitoni sempre in corsa, e l’immaginario esplode in riferimenti iconografici propri di un tempo che per certi versi, dati i recenti fatti di politica internazionale, sentiamo più vicini, addirittura prossimi».
«Le biciclette invadono la scena con l’arrivo dei contadini per la giornata di lavoro, disegnano tragitti che rievocano quadri familiari e lirici, struggenti e nostalgici, mentre su tutti una grande rappresentazione del Mongibello sovrasta la scena come un’immensa divinità tellurica e benevola che domina la storia».
