(AGENPARL) – Roma, giovedì 20 maggio 2021 – Un’ interessante interrogazione trasmessa al Senato nel maggio 2021 l’articolo 27 della Costituzione; nel documento il Senatore Claudio Barbaro richiama l’attenzione del Ministro della giustizia sul grave ritardo dell’ Italia al recepimento della normativa della direttiva (UE) 2016/343, del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti relativi alla presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.
Nell’ Atto n. 4-05490 Pubblicato il 19 maggio 2021, nella seduta n. 328 presentato dal Senatore Claudio BARBARO al Ministro della giustizia si premette quanto segue:
“L’articolo 27 della Costituzione stabilisce che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”; all’uopo, in materia del diritto ad un equo processo ed alla presunzione di innocenza, gli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’art. 6 della CEDU, l’art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e l’art. 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sono di stretta attinenza e di assoluta pregnanza;
La direttiva (UE) 2016/343, del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, tuttavia, tarda ad essere recepita, nonostante siano passati 5 anni dalla sua entrata in vigore; all’art. 11, la direttiva prevede che entro il 1° aprile 2020, e successivamente ogni tre anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione i dati disponibili relativi al modo in cui sono stati attuati i diritti sanciti e prescritti dalla medesima fonte comunitaria. Il senatore Claudio Barbaro chiede in aula chiarimenti e chiede di conoscere se il Ministro in indirizzo intenda monitorare la situazione sulla raccolta dei dati richiesti dalla direttiva (UE) 2016/343 relativi al modo in cui sono stati attuati i diritti sanciti dal dettame stesso; se intenda adoperare gli strumenti a sua disposizione, compresi quelli ispettivi e di controllo, al fine di verificare ed eventualmente censurare comportamenti contrari all’articolo 27 della Costituzione, anche trasmettendone le risultanze agli organi competenti, in particolar modo per quanto concerne le esternazioni di alcuni pubblici ministeri in materia di presunzione di innocenza degli imputati”.
Nell primo profilo, l’art. 4 della Direttiva prescrive agli Stati membri di adottare le misure necessarie per garantire che, nel fornire informazioni ai mass media, le dichiarazioni rilasciate dalle pubbliche autorità e le decisioni giudiziarie, diverse da quelle sulla colpevolezza, non presentino l’indagato o l’imputato come colpevole, fino a che la sua responsabilità non sia stata legalmente accertata. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero informare le autorità pubbliche dell’importanza di rispettare la presunzione di innocenza nel fornire o divulgare informazioni ai media, fatto salvo il diritto nazionale a tutela della libertà di stampa e dei media (v. considerandum n. 19).
Alla luce di quello che stà accadendo in Italia negli ultimi anni, sembrano distanti dalla nostra giustizia, tutti le norme sopra riportate. Magistrati e pubblici ministeri sembrano essere interessati ad apparire sulle “pubbliche piazze”, accecati dalla notorietà, partecipano in televisione a programmi e dibattiti, rilasciando interviste prima che i processi vengano svolti ed il giudizio sia concluso, quasi che lo studio televisivo o la strada divenissero aule di tribunale, dove il popolo spettatore giudica per primo il caso. Spesso i monologhi violano il principio del contraddittorio e della presunzione di innocenza. Il cittadino confuso ogni giorno assiste al pontificare del giurista di turno che solennemente ci propina ricette salva Italia.
A tal proposito il presidente della Corte costituzionale, Gianfranco Coraggio, ha colto l’occasione della presentazione della Relazione annuale, in un’accesa conferenza stampa, si è espresso chiaramente, sollecitando Pm e giudici a fare “meno show”. I magistrati , inquirenti o giudici, continuano ad occupare la scena mediatica, e si inseriscono nell’attività degli altri due poteri dello Stato, Parlamento e Governo. Questa invasione di campo crea scompiglio e lede uno dei principi fondamentali della nostra costituzione che è la divisione dei poterei: esecutivo, legislativo, e giudiziario. Non a caso e non ultimo il recente intervento di Ksenija Turkovic, presidente della Prima sezione della Corte europea, che sollecita il nostro governo a porre l’attenzione sui “vecchi mali della giustizia italiana” come la grave disparità di potere tra accusa e difesa, la situazione di quasi totale soggezione alle Procure, in cui si trovano gli indagati fin dal momento dell’arresto o dell’avviso di garanzia. Una condizione di inferiorità resa possibile, solo dalla colleganza tra pubblici ministeri e giudici, uniti in una unica categoria e una sola carriera. Il ministro della giustizia italiana Marta Maria Carla Cartabia avrà il compito di portare a compimento le riforme in itinere.