
REGGIO CALABRIA “La Giunta – ha quindi ricordato il presidente ff – ha poi completato l’assegnazione di 175 milioni di euro per investimenti e assunzioni nella sanità, e per favorire l’accelerazione della spesa è stato individuato un adeguato supporto tecnico da parte del Dipartimento Programmazione. Secondo Spirlì, «per quanto riguarda l’emergenza sanitaria, se era difficile per tutti figurarsi per una regione con queste difficoltà strutturali. Con senso di responsabilità, e nonostante la confusione dettata dalle norme vigenti che attribuiscono al commissario ad acta l’attuazione del piano operativo Covid e del piano vaccinale, abbiamo fronteggiato l’emergenza istituendo le zone rosse, approntato un piano straordinario di riconversione delle strutture per l’ampliamento dei posti letto e distribuito ingenti risorse per fare fronti alle nuove assunzioni. Per rappresentare il quadro del nostro sistema sanitario, basterebbe un solo dato: nell’ultimo decennio nelle strutture sanitarie in Calabria sono stati investiti 15 euro pro-capite, la media nazionale è stata di 45 euro. Il Piano di rientro della Calabria risale al 2009 e prevedeva una serie di interventi da attuare nel biennio per il riequilibrio economico finanziario, ma così non è stato. Troppe le mancanze, le inadeguatezze, con vari interventi del governo culminato con i vari Decreti Calabria che hanno esautorato la Regione Calabria”. Tutto ciò – ha sostenuto il presidente ff – appare paradossale, se pensiamo che in Calabria le spese dalla sanità assorbono il 66% delle spese correnti del bilancio regionale. I dati che emergono in tutta la loro gravità dicono che in questi annui di commissariamento il deficit non solo è diminuito ma addirittura è aumentato. A questi bisogna aggiungere il debito complessivo delle aziende sanitarie, che in molti stimano a circa 3 miliardi, centesimo più e centesimo meno. Tutto ciò in un contesto di disordine amministrativo nel quale addirittura mancano i bilanci: l’Asp di Cosenza non ha ancora presentato il consuntivo 2018, mentre a Reggio non risultato approvati i bilanci dal 2013 al 2018, per non parlare dei tempi medi di pagamento che hanno raggiunto punte di 900 giorni. Gli stringenti vincoli del regime commissariale hanno avuto anche devastanti effetti sull’offerta sanitaria, riducendo i posti letto su 10mila residenti a 19 contro una media italiana di 41. Un contesto paradossale, nel quale i calabresi si accollano il peso delle elevate mi, poste regionali per coprire i disavanzi generati in gran parte da ruberie, disorganizzazione, inefficienze, e nel contempo sono costretti a ricorrere alle strutture private e a strutture extraregionali aumentando l’emigrazione sanitaria”. (News&Com)