
REGGIO CALABRIA, 26 MAGGIO 2020 – La Calabria è seduta su una montagna di risorse non spese. Da anni giacciono nelle casse della Regione, alcune sono ferme addirittura da oltre tredici anni.
Al 31 dicembre 2019 ha speso solo il 25% delle risorse del Fondo di sviluppo regionale. Per quanto riguarda invece l’utilizzo dei fondi del ciclo 2014-2020, a fronte di 2 miliardi e 378 milioni di euro, la spesa certificata al 31 dicembre 2019 è di 634 milioni. Del miliardo e 198 milioni del Patto per la Calabria i pagamenti effettuati sono stati di 13 milioni e 854 mila euro.
Non dimentichiamo poi i fondi sulla sanità: in Calabria circa mezzo miliardo di euro disponibile per la realizzazione dei tre nuovi ospedali della Sibaritide, di Vibo Valentia, della Piana di Gioia Tauro, e delle Case della Salute è inutilizzato da decenni. È necessario recuperare i ritardi che si sono registrati in questi anni attraverso la nascita di un istituto in grado di semplificare e sburocratizzare l’iter teso a imprimere un’accelerazione delle attività utili ad avviare i cantieri. In Calabria oltre ai tre nuovi ospedali e alle Case della salute si è determinato un accumulo di risorse finanziarie in materia di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie che non ha precedenti nella storia della regione e che rappresenta la prima voce per disponibilità dell’intero bilancio regionale: parliamo di poco meno di due miliardi di euro. A queste risorse dobbiamo poi aggiungere quelle inutilizzate dei tre cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013, 2014-2020 e che non hanno alcun impegno giuridicamente vincolante.
In totale parliamo di oltre 4 miliardi di euro non spesi e custoditi nelle casse della Regione. Una classe dirigente per essere all’altezza deve prima di tutto dimostrare di saper spendere bene tutte le risorse che ha a disposizione, altrimenti non si è credibili se si va a Roma a chiedere ulteriori risorse quando da tanti anni quelle che abbiamo a disposizione non si traducono in opere, sviluppo e occupazione. Ad esempio, per la metropolitana leggera tra Cosenza, Rende e Università della Calabria su 4 milioni e 900mila euro è stato speso, al 31 dicembre 2019, solo il 3% delle risorse e oggi la Commissione europea, di fronte alle criticità, ai ritardi e alle lungaggini portate avanti da Regione e Comune, è in procinto di definanziare l’opera. La cosa grave è che la Regione non ha fatto nulla ed era a conoscenza da oltre un anno della paventata revoca dei finanziamenti.
Dobbiamo evitare l’ennesimo spreco di risorse: vanno spese recuperando anche i ritardi del passato e non farlo in questa fase di emergenza sociale, economica e sanitaria dovuta all’epidemia Covid-19 sarebbe un crimine.
La riprogrammazione deve essere l’occasione per rafforzare in maniera strutturale gli interventi sanitari, per colmare il divario digitale a partire dalla scuola, per sostenere i settori più colpiti anche con aiuti al circolante, per promuovere innovazione sociale con i Comuni e con le reti di Cittadinanza attiva.
Secondo le ultime previsioni Svimez è previsto un calo del Pil al Mezzogiorno di 15 punti percentuali rispetto al 2008 e il rischio di uno choc occupazionale per 500mila unità. Un dato senza precedenti nella storia contemporanea, una prospettiva insostenibile da scongiurare con coraggio rilanciando gli investimenti.
Al Sud c’è un motivo di ulteriore preoccupazione: il rischio di fallimento delle imprese meridionali è quattro volte superiore a quelle del centro nord ed è proprio qui che può indirizzarsi l’offerta di soccorso mafiosa. Lo Stato deve arrivare prima di loro, bisogna essere più veloci. Questo significa che non solo bisogna migliorare sul fronte degli aiuti rispondendo ai bisogni delle famiglie, ma nella fase di rilancio degli investimenti servono proposte e strumenti che mirano alla semplificazione e sburocratizzazione delle procedure, senza rinunciare ai controlli di legalità. Pensiamo a un Regia come quella che ha permesso di realizzare in tempi rapidi il Ponte di Genova. Un modello agile e veloce con la garanzia di trasparenza e tracciabilità.
Il Decreto Semplificazioni, atteso a breve in Consiglio dei ministri, punterà proprio a una semplificazione burocratica, mantenendo la garanzia della legalità. Allo studio anche il “passaporto delle imprese” che permetterà alle aziende di sapere subito se hanno i requisiti per partecipare a un appalto e si procederà alla digitalizzazione del comparto dei lavori pubblici, rendendo trasparente e tracciabile il flusso delle informazioni. (News&Com)