
L’anno 1945 segna la fine della Seconda guerra mondiale. Con la creazione delle Nazioni Unite e dell’UNESCO, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ha avuto inizio l’opera di riconciliazione e di ricostruzione, un ripensamento profondo dei valori, dei doveri che sono alla base della vita sociale. Diritto fondamentale proclamato dalla Dichiarazione Universale è l’istruzione perché, tra l’altro, dà a ciascun individuo una chiara coscienza della propria dignità di uomo e dei mezzi per raggiungerla compiutamente; l’educazione prepara gli individui a partecipare ai cambiamenti di una società sempre più complessa e a migliorare le relazioni tra i popoli, in un clima di solidarietà intellettuale e morale dell’Umanità. La presa di coscienza dei limiti dei modelli e dei sistemi ereditati dal passato, concepiti per uomini diversi, in una società diversa, pone l’esigenza di iniziative didattiche a carattere permanente che, alle diverse età, favorisca un costante arricchimento in tutti i campi del sapere e un esercizio dei diritti e dei doveri del cittadino in maniera adeguata alle esigenze del tempo in cui vive, in un visione educativa che mira ad una educazione internazionale, globale, interculturale. Compito dell’educazione doveva essere anche la costruzione della pace. una pace che fosse un processo, non un avvenimento. Se l’educazione e la vita al limite coincidono, se l’educazione di fatto è permanente, allora avrà valore educativo qualsiasi iniziativa che fornirà all’individuo nuove esperienze e nuovi stimoli, soprattutto se essa non sarà occasionale, ma consapevolmente orientata.
La nascita dell’UNLA, il 2 dicembre 1947, su iniziativa di studiosi di altissimo profilo (suo primo Presidente è stato Saverio Nitti) con l’obiettivo di creare un movimento popolare di carattere culturale per la lotta contro l’analfabetismo tra le popolazioni del Mezzogiorno d’Italia, va inquadrata nel clima generale della ricostruzione postbellica, non solo sul piano materiale, ma anche, soprattutto, su quello culturale, sociale, morale e spirituale. L’unione è stata fondata per venire incontro all’incapacità del 13% degli italiani di leggere e scrivere; all’epoca il 59,2% della popolazione non aveva neppure la licenza elementare. I “Maestri” dell’UNLA furono, per affermazione di Maria Montessori, i più diretti cooperatori alla ricostruzione sociale basata sui “Diritti dell’Homo “. Fin dalla sua fondazione, ad opera della pedagogista ed illustre studiosa Anna Lorenzetto, il rapporto tra noi e gli altri è sempre stato, in via prioritaria, uno dei valori fondamentali, come pure garantire a tutti il diritto all’educazione, per preparare gli individui al cambiamento di una società sempre più complessa e assicurarle i vantaggi di un sempre più vasto potenziale di intelligenze, di talenti, di energie. Per altro, a completamento della preparazione di base, nei Centri dell’UNLA erano presenti una tipografia, laboratori ed officine dove era possibile imparare un mestiere spendibile nell’immediato, a servizio della società. La trasformazione della società, obiettivo prioritario del movimento per l’alfabetizzazione superava la prassi di affrontare la lotta all’analfabetismo con corsi scolastici di pochi mesi e un apprendimento strumentale del leggere e scrivere. Nel gennaio 1948 fu aperto il primo Centro di Cultura Popolare “Tor di Quinto” che dal 1983 si chiama C.C.E.P Raffaele Carnevale; su richiesta del Provveditore agli Studi l’UNL A istituì 37 Centri di Cultura Popolare, concentrati soprattutto nel Mezzogiorno. I promotori della nascita dei Centri erano guidati dalla convinzione di fondo che nel Mezzogiorno e nelle isole e in genere in tutte le aree di sottosviluppo era necessario unire la lotta contro l’Analfabetismo, il semianalfabetismo e l’istruzione professionale, nel quadro di una larga opera di cultura popolare, di cultura civica e democratica. Il dramma del sottosviluppo non è dato solo dalla situazione economica o dal diffuso analfabetismo, ma dai problemi più gravi che esistono prima dell’alfabeto e che lo seguono: problemi di cultura, di educazione democratica, di inserimento nella vita della società moderna. Da qui la polifunzionalità dei Centri, la possibilità dell’incontro tra l’alfabeto e l’analfabetismo, tra un alfabeto minore quale strumento del leggere e dello scrivere e l’alfabeto maggiore, quale conquista del sapere, del lavoro, della cultura, alfabeti caratterizzati da un’impronta internazionale, ma anche da una struttura locale che derivava ai Centri dalla loro democrazia interna, una democrazia diretta. Ogni Centro è diverso dall’altro perché frutto del lavoro fatto in prima persona da persone diverse e perché profondamente radicato nell’ambiente in cui nasce; diversi sono i problemi fondamentali della loro vita, del loro lavoro, dei loro paesi. Se l’educazione e la vita, al limite, coincidono, se l’educazione di fatto è permanente, allora avrà valore educativo qualsiasi iniziativa che fornirà all’individuo nuove esperienze e nuovi stimoli, soprattutto se essa non sarà occasionale, ma consapevolmente orientata. L’azione svolta dall’UNLA è testimonianza di una ricerca e progettualità pedagogica ed educativa che non ha precedenti nella storia e rappresenta, nel suo insieme, una nuova poderosa sintesi di tutto quanto le teorie pedagogiche precedenti avevano prodotto. Si faceva riferimento non solo all’istruzione, ma anche alla dimensione mentale e spirituale che aprisse l’uomo alla conoscenza di “un nuovo modo di essere al mondo”, un modo nuovo di pensare il rapporto dell’uomo con il tempo educazione, una educazione che deve durare tutta la vita senza che la si debba limitare ad una età resa abituale dalla tradizione. Del resto la “vis educativa” e la “libido sciendi”, scaturiscono dalla natura stessa dell’uomo, quale desiderio di un sempre più vasto e, soprattutto, strutturato conoscere. L’educazione permanente nel senso di “durata”, cioè di “continuità del processo della vita interiore”, di “continuità nel permanere”, scaturiscono dai principi dell’Umanesimo, dall’evoluzione della società e dalla riflessione psicologica. L’uomo senza cultura è necessariamente limitato nella sua visione del mondo e nella sua comprensione delle varie questioni pubbliche. Le sue prerogative di cittadino sono esercitate entro limiti estremamente ridotti. Da qui la necessità di nuovi saperi, nuovi linguaggi, idonei a prevenire e contrastare i diversi analfabetismi che non sono solo dati statistici della società di oggi, ma una risultante storica. E’ la passività intellettuale che ha posto barriere tra gli uomini a trovare il modo di superare le sedimentazioni operate dall’abitudine nella scuola e nella vita sociale. L’azione dell’UNLA è stata giustamente definita il primo esperimento italiano di Educazione Permanente La concezione di una educazione nuova “rivoluzionaria”, una proposta educativa destabilizzante, per l’assetto istituzionale, apportava modifiche sostanziali al ruolo tradizionale dell’educazione, poneva in crisi l’“autorità”, “il dittatore esterno” perché doveva tendere a “trasformare” il mondo”, non più a conoscerlo e a codificarlo, rifuggendo dall’astrattismo teorico. Questo è possibile solo attraverso un generale ripensamento del processo educativo e delle teorie educative che lo sostengono, una pedagogia e una didattica al servizio della scuola e del suo legame con le concrete quotidiane esperienze delle persone, una nuova cultura in grado di fare della prospettiva di “trasformare il mondo”, del ruolo della pedagogia della vita interiore” una “vivente disciplina della scuola”, assumendo, il ruolo di protagonisti nella realtà in cui si vive, attraverso un atteggiamento mentale orientato ad una trasformazione interiore mediante la quale l’uomo diventi consapevole che non è più “la misura di tutte le cose” , “il centro del cosmo”. Mai, come oggi, c’è bisogno di “homines humani” e “politi” da contrapporre agli esseri “indocti et agrestes”. L’uomo “colto” partecipa alla realtà e, a differenti livelli a seconda del suo posto nella società, agisce perché il sapere è conoscenza in azione. L’educazione permanente promuove il “senso perenne della ricerca” che deve avere come fine l’auto-educazione. E’ necessario, quindi, sviluppare, la capacità di “apprendere ad apprendere” perchè la scuola adatta alla società in cui viviamo deve insegnare ad imparare fuori della scuola e senza la scuola, per tutto l’arco della vita, attraverso un processo ininterrotto di aggiornamento e sviluppo delle proprie conoscenze, tale da favorire la possibilità di autonomo controllo e progettazione di intervento sul contesto di vita e di lavoro individuale. E’ l’educazione che prepara gli individui a partecipare ai cambiamenti di una società sempre più complessa e le assicura i vantaggi di un vasto potenziale di intelligenze, di talenti, di energie. Nello stesso tempo, il progresso dell’educazione promuove il miglioramento delle relazioni tra i popoli contribuendo a instaurare uno spirito di comprensione e di pace internazionale e l’avvento di un nuovo ordine mondiale fondato sulla giustizia e la solidarietà.
L’esperienza dei Centri di Cultura Popolare ha avuto risonanza mondiale e i Centri sono diventati meta di numerosi studiosi, esperti e responsabili dei vari paesi, borsisti dell’UNESCO, dell’ONU e di Paesi del Terzo Mondo, per stages pratici di aggiornamento. Con il Centro di Cultura Popolare, come sappiamo, la lotta contro l’analfabetismo veniva legata all’educazione degli adulti e considerata momento di questa, in anticipo di 10 anni rispetto a quanto sarà codificato nella conferenza di Montreal, realizzando, secondo l’UNESCO, il legame alfabetizzazione educazione permanente, una sintesi culturale adatta a rispondere ai bisogni delle popolazioni e alla loro partecipazione al rinnovamento della società. Dal 4 al 6 aprile 1951 si tiene a Roma il “Convegno Internazionale sull’educazione degli adulti indetto dall’UNLA con il patrocinio dell’UNESCO e del MPI, Convegno che di colpo portò l’Italia al ruolo di guida di quella che verrà chiamata “l’Educazione Permanente”. Finito il Convegno, l’UNESCO riconobbe l’UNLA “Organizzazione per progetti associati”.
Nella sua molteplice attività, la prof.ssa Anna Lorenzetto, in veste di consulente di vari organismi Internazionali e autrice dei Rapporti alle Missioni effettuate per conto dell’UNESCO, quale membro di rilievo viene incaricata, in occasione della campagna di alfabetizzazione di Cuba di condurre uno studio sul progetto cubano. Il Rapporto sulla Campagna di Alfabetizzazione a Cuba, fu redatto da A. Lorenzetto e adottato come Rapporto Ufficiale dal Governo Cubano.
La campagna di Alfabetizzazione a Cuba, voluta da Fidel Castro nel 1961, rappresenta uno degli eventi educativi di maggior rilievo dei nostri tempi, un evento che i Cubani rivendicano come il più rivoluzionario dopo la rivoluzione stessa, iniziata il 1 gennaio del i961, anno che prese il nome di “Anno dell’Educazione” il 22 Dicembre 1961 Fidel Castro proclamò solennemente Cuba “Territorio libero dall’Analfabetismo”. La grande campagna era finita. Cominciava, a Cuba, il “seguimiento” e la superaciòn “obrera i campesina”.
Nella Monografia sulla Campagna del Municipio de La Habana possiamo leggere: “La Campagna di Alfabetizzazione è stata caratterizzata dall’ampio appoggio che incontrò in tutta la popolazione cubana, dai bambini agli anziani, dagli operai ai contadini, dalle donne agli studenti, tutti si disposero ad insegnare a leggere e scrivere alla parte della nostra popolazione che ancora non aveva accesso alla cultura. Non solamente insegnarono a chi non sapeva, ma anche contribuirono economicamente affinché la Campagna di Alfabetizzazione fosse in grado di offrire il materiale ncessario: libretti, matite, lavagne, gessi, affitti di locali, pagamento dell’energia elettrica, aiuto economico a coloro che dovevano lasciare le loro occupazioni per imparare a leggere e scrivere….”.
“Que todo analfabeto tenga alfabetisador. Que todo alfabetisador tenga analfabeto “Questa la formula magica lanciata da Fidel Castro.
Una caratteristica della Campagna di alfabetizzazione cubana furono gli inni e le poesie. Fra le molte poesie, vorrei ricordare “Despertas” Di Edoardo Saborit che fu anche musicata e cantata in tutta l’isola.
Risveglio
Quante cose posso ora dirti
perché finalmente ho imparato
a scrivere.
Ora posso dirti che ti amo.
Ora si te lo posso dire…
Sulla quiete sabbia del fiume
e sul tronco di quell’albero
sto scrivendo il tuo nome e il mio
che uniti per sempre saranno,
io sapevo leggere nei tuoi occhi
ciò che la tua anima mi voleva dire
ora posso leggerlo nelle tue lettere
ora comincio, amor mio, a vivere.
Perchè la patria mi ha dato n tesoro,
ho imparato a leggere e scrivere.
Despertas
(Cuantas cosas ya puedo decirte / porque al fin he aprendito / a escribir. / Ahora puedo decir que te qulero, / ahora si te lo puedo decir… / En las quietas arenas del rio / y en el tronco de aquel fromboyàn /voy ponlendo tu nombre y el mlo / que enlazados por slempre estaràn. / Yo sabis leer en tus ojos /lo que tu alma me queria decir / ahora puedo leerlo en tus cartas / ahora empiezo, mi amor a vivir. / Ya la patrla me ha dado un tesoro, / ha aprendido a leer y escribir).
Nella campagna di alfabetizzazione mondiale decisa dall’Onu e affidata all’UNESCO, sappiamo che l’Italia ha avuto un ruolo di grande rilievo e ha dato un contributo importante alla realizzazione del progetto elaborato dall’UNESCO. L’Italia era stata ammessa nel 1947 a fare parte degli stati membri dell’UNESCO, poco dopo entrerà a fare parte del Consiglio Esecutivo, rappresentata dal prof. Stefano Jacini; la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO nasce ufficialmente a Roma l’11 Febbraio 1950 con sede a Villa Massimo. E’ doveroso ricordare in questa sede, il Direttore Generale italiano dell’UNESCO Vittorino Veronese e le numerose iniziative da lui intraprese, tra le quali la salvaguardia dei monumenti della Nubia, iniziativa che segnò l’avvio della significativa e fortunata attività dell’UNESCO nel campo del Patrimonio culturale dell’Umanità. Significativo è stato il contributo della prof.ssa Anna Lorenzetto che dal 1972 al 1974 ha assunto la responsabilità di Direttore della Divisione alfabetizzazione dell’UNESCO.
Anche nel primo Convegno Mondiale “Alfabeto e Società”, l’Italia ha dato un contributo importante alle idee e al progetto della campagna mondiale di alfabetizzazione deciso dall’ONU, elaborato in seguito dall’UNESCO. La stampa italiana e estera annunciano: “l’UNESCO ha dichiarato guerra all’Analfabetismo”. Il 24 settembre 1962, a Roma, presso il Palazzo della Civiltà del Lavoro si sono aperti i lavori del Convegno “Alfabeto e Società”, alla presenza delle più alte cariche dello Stato e del Governo, le rappresentanze dell’UNESCO e diplomatiche. La prolusione fu affidata al prof Arangio Ruiz, presidente dell’UNLA, e alla prof.ssa Anna Lorenzetto. L’organizzazione dell’importante Convegno, che ha fatto il punto sulla situazione internazionale, sulla scorta delle ultime inchieste, è stata assunta dall’UNLA, su iniziativa della quale era stato trasmesso a tutti gli Stati del Mondo un questionario allo scopo di raggiungere il maggiore numero di dati da presentare ai congressisti quale base di studio ai loro lavori. L’elaborazione dei dati e delle notizie sarà utilizzata per la realizzazione del Repertorio dell’analfabetismo e dell’alfabetizzazione nel mondo che non solo fu di grande utilità al Convegno, ma ancora oggi rappresenta un importante documento, per la ricchezza delle notizie sulla situazione dell’analfabetismo in quel tempo. Al questionario dell’Unione risposero 58 paesi: 10 dell’Africa, 15 delle Americhe, 20 dell’Asia, 13 dell’Europa. Il Convegno ha avuto un’eco notevolissima sulla stampa italiana e sui maggiori organi di informazione: 63 quotidiani di tutte le tendenze politiche e di ogni regione d’Italia hanno dato notizia del Convegno e 38 di essi hanno seguito con attenzione lo svolgimento dei lavori, hanno reso noti tutti i principali problemi dibattuti e i risultati conseguiti dal Convegno. La scelta della Capitale come sede dei lavori del Convegno, decisa dall’UNESCO, ha avuto un valore morale perché ha riconosciuto al nostro Paese il merito di avere adottato metodi nuovi che non si limitavano a sanare la piaga dell’analfabetismo, ma si preoccupavano anche di inserire nel ciclo della vita associata gli ex analfabeti adulti, assicurando nuove forze sociali. Ricordiamo, inoltre, che i centri sociali dell’UNLA sono stati prescelti come istituti-pilota per molte regioni dell’Africa e dell’Asia, dopo opportuni adattamenti.
Corriere del mattino Martedì 25 settembre 1962
L’UNESCO dichiara guerra all’analfabetismo nel mondo
In preparazione alla campagna promossa dall’organizzazione culturale dell’ ONU, si è aperto a Roma, alla presenza di Segni, un congresso che studierà i mezzi migliori per combattere questa piaga sociale La relazione introduttiva del prof. Arangio Ruiz. ROMA, 24 II Presidente della Repubblica è intervenuto stamane al palazzo della civiltà del lavoro all’EUR alla cerimonia di apertura del congresso mondiale sul tema analfabetismo e società», indetto dalla Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo. Erano a riceverlo il sen. Lepore, in rappresentanza del Senato, l’on. Quinteri, in rappresentanza della Camera, il ministro Folchi, il sottosegretario Badaloni in rappresentanza del ministro Gui, e l’on. Grisolia, in rappresentanza del sindaco di Roma. Il cavaliere del lavoro Raoul Chiodelli, vicepresidente della Federazione nazionale cavalieri del lavoro, ha aperto ufficialmente il convegno.
In questi anni – ha detto Il dott. Chiodelli – caratterizzati da prodigiosi sviluppi del-la scienza e della tecnica, si è ormai affermato il concetto che un effettivo pregresso civile, sociale e politico non possa rea-lizzarsi senza essere basato solidamente sui fondamenti della morale e della cultura; è perciò motivo per me ha concluso – di compiacimento e di onore portare il saluto dell’ente pa-lazzo della civiltà del lavoro a tutti i partecipanti di ogni paese a questo convegno ».
Successivamente ha preso la parola il prof. Arangio Ruiz, presidente dei lavori del congresso. «Nell’intitolazione stessa del convegno abbiamo racchiuso – ha detto – il concetto che sin dalle nostre non più tanto prossime origini ci ha guidati: che cioè l’apprendimento dell’alfabeto non sia veramente determinante, nep-pure per il progresso del singolo, se tale conquista, per sè faticosa nella sua astrattezza, non sia inclusa nella vasta cornice di spontanee e ben guidate conversazioni sui problemi che la vita presenta per tutti gli uomini, in particolar modo per quelli di una regione o villaggio del tale o tal altro paese.
Nell’ora in cui – ha proseguito l’oratore – l’UNESCO, per sollecitazione delle Nazioni Unite, si appresta a condurre con tutte le sue forze una guerra destinata a stroncare la piaga dell’analfabetismo nel mondo, abbiamo creduto, incoraggiati da più parti, da più parti, che fosse per noi doveroso il nostro posto nello schieramento: poiché, guardandoci intorno – ha pro-seguito il prof Arangio Ruiz – abbiamo incontrato paesi ed associazioni che sono alla ricerca di metodi migliori, abbiamo creduto che fosse giunta l’ora di confrontare le varie esperienze. Il prof. Arangio Ruiz, dopo essersi augurato che dai lavori del congresso possano scaturire nuovi elementi per illumina-re e risolvere il grave problema dell’analfabetismo nel mondo, ha ribadito l’opportunità che in questa lotta tutti i paesi si devono affiancare, sentirsi uni-ti e solidali «nell’opera di por-tare l’umile gente di ogni paese alla dignità del discorso par-lato e scritto ».
Dopo un breve intervento del signor Bowers, direttore della divisione educazione degli adulti e della gioventù dell’U.N.E. S.C.O., ha preso la parola il sottosegretario alla Pubblica Istruzione on. Maria Badaloni, che ha ricordato come la vita di ogni comunità che opera in ogni angolo della terra sia oggi penetrata e spinta da un anelito e da un moto di sviluppo potenziato dal progresso scientifico e tecnico e della rapida evoluzione civico-politica
della società. «Occorre dunque ha detto l’on. Badaloni provvedere senza più ritardo alla educazione di base.
Saggiamente il tema del convegno sottolinea la relazione analfabetismo società a indicare l’imperativo per ogni società ordinata di togliere gli impedimenti, di provvedere al-lo sviluppo personale di ciascun membro.
La voce repubblicana Martedì 25-Mercoledì 26 settembre 1962
700 MILIONI DI ANALFABETI NEL MONDO DEI QUALI QUASI TRE MILIONI IN ITALIA
Aperta la campagna internazionale dell’UNESCO contro l’analfabetismo.
Il Presidente della Repubblica apre i lavori del convegno mondiale all’EUR. I rappresentanti di 64 paesi del mondo prendono parte ai lavori del primo Convegno sull’analfabetismo mondiale, inaugurato ieri dal Presidente della Repubblica all’Auditorium del Palazzo della Civiltà del Lavoro, all’EUR. Il Convegno, indetto dalla Associazione italiana UNLA (Unione Nazionale per la lotta contro l’analfabetismo), ha aperto ieri in Italia la campagna mondiale per la conquista dell’alfabeto da parte di 700 milioni di persone, sparse in tutti i continenti. I risultati dei lavori serviranno come schema di un programma che l’UNESCO presenterà alla prossima sessione dell’Assemblea del settembre 1963 in vista di un impegno massiccio per debellare dalla faccia del pianeta questa piaga antica.
Se l’educazione degli adulti – ha detto tra l’altro la dottoressa Anna Lorenzetta, vice presidente dell’UNLA – è una scelta nel mondo socia-le, la lotta contro l’analfabetismo è una necessità. E co-me necessità sopravanza le stesse esigenze dell’individuo che ha il diritto di essere alfabetizzato, alle stesse esigenze dei gruppi sociali e per-fino gli interessi di una società in senso globale, perchè ha in sè stessa (…) il suo fondamento etico».
Il Convegno, che ha come tema Alfabeto e società», si articola in tre commissioni di lavoro ognuna delle qua-li dovrà esaminare i problemi, i metodi, la legislazione, l’organizzazione e gli obietti-vi che l’UNESCO deve perseguire per elevare a dignità umana i 700 milioni di persone che vivono al di là di ogni contatto con il mondo della attenzione, abbiamo creduto che fosse giunta l’ora di confrontare le varie esperienze: fedeli anche in questo alla persuasione che l’educazione degli adulti sia un complesso dialogo nel quale ciascuno, dal vertice alla base, abbia da imparare da tutti gli altri». Il prof. Arangio Ruiz ha concluso affermando che il sentirsi affiancati e solidali nell’opera di portare l’umile gente di ogni paese alla dignità del discorso parlato e scritto e dell’attività socialmente proficua si rivelerà sempre meglio come una delle vie maestre attraverso le quali si celebra, al disopra di tutte le frontiere materiali ed ideali, l’umana fraternità. Non è senza senso che il Convegno dell’EUR sia stato promosso e organizzato dalla Unione Nazionale per la lotta contro lo analfabetismo. In Italia, infatti, ove per riconoscimento unanime, molto si è fatto in questo campo dopo il crollo del fascismo, la piaga dell’analfabetismo, specie nelle zone del centro-sud della Penisola, è stata anche se con mezzi non sempre ade-guati, coraggiosamente aggredita. Due milioni di persone sono state portate a ca-pire il significato di un testo scritto. E se in questa grande opera di redenzione uтаna l’UNLA non è stata la sola tuttavia essa ha dato un profondo contributo. Ei risultati raggiunti non sono soltanto di carattere culturale. ma hanno anche un grande significato umano e sociale. In molti centri del’UNLA. leggiamo in una relazione, che gli abitanti di paesi isolati hanno trovato un ambiente, gli altri, la società. Vale la pena a questo proposito sottolineare un esempio significativo: in un paesino lucano, da quando esiste il Centro dell’UNLA, sono diminuiti i casi di alcolismo, perchè gli uomini si rifugiamo in biblioteca anzichè all’osteria, Ciò dimostra che anche una modesta cultura sconfina nello spirito.
Il grande rilievo dell’Italia nei confronti dei popoli del Terzo Mondo, tra i paesi del Nord Europa e i paesi africani, ha rappresentato un contributo decisivo in favore dei Paesi in via di Sviluppo. Il metodo d’azione italiano è stato ritenuto il più indicato per combattere l’analfabetismo nel mondo, che all’epoca riguardava oltre 700 milioni di persone, un numero di poco inferiore alla metà dell’intera popolazione mondiale, come indicavano studi recenti. I Paesi rappresentanti al Convegno furono 45 e comprendevano le rappresentanze di 5 Continenti; ai lavori presero parte anche 20 delegati delle organizzazioni sindacali e scolastiche che nel mondo si occupavano della lotta contro l’analfabetismo.
Nel Congresso Mondiale dei Ministri dell’Educazione, che ebbe luogo a Teheran (8-19 Sett. 1965) Anna Lorenzetto presenta la relazione “La nuova educazione degli adulti che nasce dall’alfabetizzazione”, la relazione, definita ufficialmente “La Tesi Italiana” suscita grande interesse in vari paesi tant’è che viene tradotta in varie lingue, fra le quali l’Arabo e il Vietnamita. Del 1967 è il libro “La storia di un’idea”, in lingua italiana, spagnola, francese, inglese, con testo di Anna Lorenzetto, dedicato dall’UNLA a tutti i paesi e a tutti i popoli che hanno partecipato alla campagna mondiale di alfabetizzazione. Il lavoro dell’UNLA è stato apprezzato e conosciuto in tutto il mondo, tanto da essere l’Associazione più visitata studiata in Europa, portata avanti come esempio nei vari Congressi nazionali e internazionali, premiata nel 1958 dall’ Accademia dei Lincei con il premio “Antonio Feltrinelli”, dall’UNESCO con il premio “Mohamed Reza Pahlavi” conferito al dirigente del Centro di Cultura Popolare di Santu Lussurgiu per “un lavoro meritevole, nel campo dell’alfabetizzazione ; il premio “Nadejda K. Kroupskaia” (moglie di Vladimir Lenin) viene conferito dall’ UNESCO all’Associazione per la complessa attività pratica e per il contributo concettuale a livello nazionale e internazionale; nel 1977 Anna Lorenzetto è stata insignita della Medaglia d’Oro ai Beneneriti della scuola, della cultura, dell’arte.
UNLA: 8 settembre giornata internazionale dell’alfabetizzazione
La giornata internazionale dell’alfabetizzazione è stata istituita nel novembre 1965 dall’UNESCO in risposta al preoccupante analfabetismo ancora diffuso e per sottolineare l’importanza dell’istruzione, quale diritto fondamentale e inalienabile. Oggi, il processo di alfabetizzazione è considerato centrale per la risoluzione delle grandi problematiche mondiali come la povertà, la mortalità infantile, la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, la violazione dei diritti umani e il mancato raggiungimento della parità di genere. Si stima che nel mondo le persone analfabete adulte, cioè di età superiore ai 15 anni, sono 781 milioni, dei quali due terzi donne. I tassi più alti si toccano nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia occidentale e meridionale, percentuali più basse si hanno nei paesi arabi e nell’America Latina. Quindi, si può osservare che oggi solo l’85% della società mondiale è alfabetizzata, l’impegno continuo della comunità internazionale sicuramente può contribuire a promuovere l’alfabetizzazione su larga scala. L’alfabetizzazione è un processo imprescindibile per costruire un futuro più sostenibile, per questo fa parte del 4°Obiettivo dello Sviluppo Sostenibile, che mira a “garantire la qualità dell’istruzione inclusiva ed equa e di promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti”. L’obiettivo per cui entro il 2030 tutti i giovani e una parte importante degli adulti, uomini e donne, siano alfabetizzati può essere perseguito solo con un consapevole impegno a livello globale.
Oggi con il termine analfabetismo si intende un concetto più ampio, parliamo di analfabetismo funzionale, analfabetismo informatico e altre forme, legate all’ignoranza su temi e materie che dovrebbero essere di dominio pubblico. Nel 1958 l’UNESCO definiva l’analfabetismo la condizione di “una persona che non sa né leggere né scrivere, capendolo, un brano semplice in rapporto alla sua vita giornaliera “. Oggi si tende a definire analfabeta l’individuo che non riesce a partecipare alla vita della società in cui vive per incapacità e ignoranza, perché non riesce a comprenderla e interpretarla perché gli mancano gli strumenti base per vivere la contemporaneità. Esistono diverse tipologie di analfabetismo, ma le forme più comuni e gravi sono l’analfabetismo funzionale e l’analfabetismo digitale. La prof.ssa Vittoria Gallina sottolinea che più di 11 milioni di cittadini italiani, tra i 15 e i 64 anni, non sanno orientarsi nella società contemporanea perché non sanno usare le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle varie situazioni della vita quotidiana. Un’emergenza educativa. A rischiare è la democrazia, da più parti è sottolineato il legame tra educazione e democrazia: non si nasce democratici, si diventa democratici. La democrazia dipende da un tipo di educazione con essa coerente altrimenti ci troviamo di fronte ad una democrazia impoverita. L’uomo senza cultura è necessariamente limitato nella sua visione del mondo e nella sua comprensione delle varie questioni pubbliche, le sue prerogative di cittadino sono esercitate entro limiti estremamente ridotti. E’ evidente che è necessario “un nuovo progetto del sapere”: le mappe di riferimento che guidano i comportamenti individuali e collettivi entrano in crisi come i sistemi culturali a cui si riferiscono e la visione del mondo, in continua evoluzione, che rispecchiano. Per altro, non è possibile comprendere i problemi del nostro tempo isolatamente perché sono problemi sistemici, interconnessi e interdipendenti. Le nostre grandi istituzioni sono rimaste legate ad una visione del mondo sorpassata, una percezione della realtà inadeguata per affrontare il nostro mondo globalmente interconnesso, è necessario un profondo cambiamento della percezione e del modo di pensare, se vogliamo sopravvivere.
A seguito della rivoluzione digitale la stragrande maggioranza dei dati mai creati dall’homo sapiens, è stata creata negli ultimi anni (basta un intervallo stimato tra due e dieci anni per arrivare al 90% di tutti i dati). Una sovrabbondanza che la nostra specie non ha dovuto mai affrontare e che senza gli strumenti cognitivi adeguati per farvi fronte, trasforma una realtà complessa in una realtà complicata, impossibile da decifrare. Non è possibile sviluppo sostenibile senza una educazione preliminare alla complessità che riguardi la cittadinanza ma anche e soprattutto le classi dirigenti (pubbliche e private) che questa esprime. L’assenza di “capitale culturale” è il primo e più grave fattore che rallenta il processo di cambiamento di cui l’Italia ha bisogno.
Da decenni l’Italia è prigioniera di un circolo vizioso che non le permette di realizzare i cambiamenti strutturali di cui ha bisogno, possibili solo con sostanziali investimenti sull’educazione in genere, per costruire un sistema educativo che prepari tutti a vivere la vita dei nostri tempi e che formi una classe dirigente adeguata.
I modelli educativi attuali non preparano i giovani alla complessità della vita perché la nostra scuola presenta carenze sul piano della qualità degli esiti formativi e una alfabetizzazione di base mediocre, del tutto inadeguata, lontana dalla svolta antropologica-evolutiva e dal mutamento radicale di una società e dei suoi fondamenti. L’Educazione Permanente può essere una risposta all’uomo di oggi di ritrovare se stesso, di riscoprire i valori essenziali, superando “La cultura mosaico” dei nostri giorni che è alienazione culturale, passività, accettazione di qualsiasi stimolo, rifiuto di ogni coerenza di giudizio. L’uomo “colto”, nella prospettiva di “trasformare il mondo” e assumere il ruolo di protagonista nella realtà in cui vive, partecipa non soltanto perché “critica” la realtà, ma perché a differenti livelli, a seconda del posto che occupa nella società, agisce perché il sapere è conoscenza in azione.
Vorrei concludere ricordando la “Lettera a una professoressa” della scuola di Barbiana, stampato nel 1967. Dice Anna Lorenzetto: “Nulla può essere paragonato alla rivoluzione silenziosa che nella coscienza degli insegnanti e dei responsabili della scuola è stata compiuta da quel “libretto” che riassume in poche pagine la coscienza del popolo che insorge contro l’incoscienza della classe politica e dell’amministrazione scolastica”. Dice Don Milani: “spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio ad averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di “come bisogna fare per fare scuola, ma solo di “come bisogna essere per poter fare scuola”.
Prof.ssa Alba Pugliese, Dirigente del C. C. E. P “Raffaele Carnevale” via A. Serra 93/b Roma e Referente Archivio Storico UNLA