
(AGENPARL) – Wed 25 June 2025 https://www.aduc.it/articolo/assegnazione+casa+familiare+si+deve+tutelare_39417.php
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Assegnazione casa familiare: si deve tutelare l’interesse del minore.
Nei procedimenti di separazione, ed anche in quelli di divorzio, uno degli argomenti di maggiore conflitto è quello della casa familiare, o meglio della sua assegnazione.
In caso di figli minori, o maggiorenni non economicamente autosufficienti, infatti, è il Tribunale che decide chi deve continuare a vivere nella casa familiare.
Capita, molto spesso, che il padre, genitore non collocatario, debba lasciare la casa dove sino a quel momento aveva abitato per trasferirsi altrove.
Capita, altrettanto spesso, che pur dovendo sostenere i costi di un contratto di locazione, il padre debba anche provvedere al pagamento del mutuo, in quota parte o per intero.
In questo contesto spesso si dimentica che l’assegnazione della casa coniugale e/o familiare non è pro genitore ma pro minori, o maggiorenni non economicamente autosufficienti. Ciò comporta che, indipendentemente dalla ragioni che il genitore adduce per vedere assegnata a sé la casa, il Tribunale debba valutare se l’interesse del minore è tutelato nell’abitare nella medesima casa e quale dei due genitori, che richiedono l’assegnazione, sia più idoneo a prestare assistenza.
Da ciò deriva che se in una coppia non vi sono figli minori oppure maggiorenni non economicamente autosufficienti o ancora i figli si sono trasferiti altrove, allora l’assegnazione non può essere richiesta.
In questi casi la casa dovrà essere venduta oppure il coniuge che continua a goderne in via esclusiva dovrà pagare all’altro, su richiesta espressa, l’indennità di occupazione.
Questo principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14460/2025 (1)
Il caso.
Una madre, prima di introdurre il procedimento di separazione, aveva lasciato la casa familiare e/o coniugale per trasferirsi, insieme alla figlia minore, presso l’abitazione della nonna materna.
Tale situazione da temporanea, per tutta una serie di motivi, diveniva stabile tanto che la minore cresceva a casa della nonna e sviluppava la propria vita scolastica e sociale proprio nei dintorni della stessa.
Nel corso della separazione, tuttavia, la madre chiedeva l’assegnazione della casa coniugale che le veniva negata tanto dal Tribunale quanto dalla Corte d’Appello che ritenevano il rientro presso la casa familiare non idoneo a tutelare l’interesse della minore.
La donna decideva di ricorrere in Cassazione che confermava le decisioni già assunte nei due precedenti gradi di giudizio.
La Corte di Cassazione argomentava la propria scelta specificando che costringere la minore a trasferirsi nuovamente nella casa coniugale, dopo sei anni vissuti a casa della nonna con cui aveva instaurato un fortissimo rapporto, avrebbe comportato la rottura degli equilibri costruiti nel tempo.
La bimba, infatti, aveva costruito in quella comunità legami affettivi e sociali, la perdita di questi equilibri poteva avere solo effetti negativi sul piano emotivo, scolastico e relazionale.
Sara Astorino, legale, consulente Aduc
COMUNICATO STAMPA DELL’ADUC
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