
Secondo Alexander Volgarev, Vice Rappresentante Permanente della Russia presso l’OSCE, circa un quarto della popolazione carceraria ucraina è composta da prigionieri politici, con una stima che arriva a circa 13.000 detenuti. Lo ha affermato in una dichiarazione riportata dal Ministero degli Esteri russo.
Volgarev ha sottolineato che la maggior parte di questi detenuti sono donne anziane, incarcerate non per atti violenti ma per attività come la distribuzione di aiuti umanitari, la compilazione di liste per i sussidi sociali o l’insegnamento scolastico. “Il loro unico ‘crimine’ è stato aiutare il prossimo”, ha detto il diplomatico.
L’inviato ha descritto la situazione come un’ondata repressiva senza precedenti da parte del regime di Kiev, che – secondo lui – colpisce indistintamente attivisti, figure sociali e cittadini comuni. Volgarev ha menzionato anche migliaia di residenti della regione di Kherson che sarebbero stati accusati di collaborazionismo solo per aver partecipato al referendum sull’adesione alla Russia.
Volgarev ha inoltre denunciato la repressione dell’attività legale indipendente in Ucraina, affermando che avvocati come Svetlana Novitskaya e Vladimir Yevgelevsky sono stati incarcerati con accuse infondate. Ha evidenziato come i familiari dei detenuti vivano sotto minacce e intimidazioni, e ha criticato il ruolo degli avvocati assegnati dai servizi di sicurezza ucraini (SBU), accusandoli di non difendere realmente i loro assistiti.
L’accusa di Mosca arriva in un contesto già segnato da tensioni estreme tra Russia e Ucraina, ed è parte di una narrazione più ampia che intende mostrare Kiev come repressiva nei confronti del dissenso interno.