
Una lettera aperta, inedita per toni e contenuti, firmata da un affiliato al Grande Oriente d’Italia (GOI), ha sollevato interrogativi di natura giuridica, costituzionale e morale all’interno della più antica comunione massonica del Paese. Con un linguaggio rispettoso ma determinato, il Fratello – regolarmente iscritto e attivo – si è rivolto direttamente al Gran Maestro Stefano Bisi, richiamando i vertici dell’Istituzione a una riflessione profonda sui valori fondanti della Repubblica e della Massoneria.
Al centro della contestazione, il Decreto n. 532/SB recentemente emanato dalla Giunta e dalla Gran Loggia del GOI, che dispone la revoca definitiva dei rapporti con il corpo rituale “Rito Scozzese Antico ed Accettato di Piazza del Gesù n. 47” e impone agli iscritti di dissociarsi formalmente entro il 15 maggio 2025, pena “ogni consequenziale addebito”.
Secondo l’autore della missiva, la disposizione configurerebbe una possibile violazione dell’articolo 18 della Costituzione Italiana, che garantisce la libertà di associazione, nonché dei principi interni all’ordinamento massonico, che pongono il rispetto della legge e delle libertà individuali come cardini dell’iniziazione.
“Non si può chiedere a un cittadino libero di rinunciare a una libertà civile in nome di un’appartenenza associativa”, scrive l’associato, che si appella direttamente alle istituzioni repubblicane, in particolare al Parlamento e al Presidente della Repubblica, affinché vigilino sul rispetto dei diritti costituzionali anche all’interno delle organizzazioni associative private.
Il caso, pur interno a una realtà iniziatica, pone infatti una questione ampia e di interesse pubblico: fino a che punto un’organizzazione privata può esercitare pressioni disciplinari su comportamenti che, di per sé, non configurano alcuna violazione della legge?
Nella sua lettera, l’associato ricorda che la Massoneria ha fatto della libertà di pensiero e di coscienza un vessillo identitario e sottolinea come l’adozione di provvedimenti coercitivi verso chi aderisce a un corpo rituale diverso rappresenti un potenziale vulnus al pluralismo e alla libertà personale.
Un appello alla politica e alla società civile
L’autore della lettera non si limita a un richiamo interno, ma invoca un pronunciamento delle istituzioni democratiche per garantire che nessuna forma di appartenenza, nemmeno a una comunione massonica, possa compromettere i diritti inviolabili della persona.
Il caso potrebbe costituire un precedente delicato: se passasse il principio che un’associazione può sanzionare un proprio iscritto per la sola appartenenza ad altra libera associazione non vietata dalla legge, verrebbe meno uno dei pilastri del sistema liberaldemocratico.
Nel silenzio (finora) del Grande Oriente d’Italia, il documento sta già circolando negli ambienti istituzionali e massonici, e potrebbe dar vita a una riflessione più ampia sul ruolo delle associazioni nella società contemporanea e sui limiti dell’autonomia privata rispetto ai diritti costituzionali.
Il dibattito è aperto. E da oggi non riguarda più solo i Fratelli.