
(AGENPARL) – Thu 27 March 2025 IL SINDACO LECCESE CONSEGNA LE CHIAVI DELLA CITTÀ
A TAHAR BEN JELLOUN
QUESTO POMERIGGIO LA CERIMONIA A PALAZZO DI CITTÀ
Si è svolta questo pomeriggio, nella sala consiliare di Palazzo di Città, alla presenza del direttore artistico del Bif&st 2025 Oscar Iarussi, della presidente di AFC Anna Maria Tosto, degli assessori e consiglieri comunali, la cerimonia di consegna delle chiavi della città a Tahar Ben Jelloun, scrittore, poeta e saggista franco-marocchino insignito di diversi premi internazionali e nominato per il Nobel alla Letteratura.
Tahar Ben Jelloun, presidente della giuria del concorso Meridiana del Bif&st 2025, è lo scrittore contemporaneo in lingua francese più tradotto al mondo.
A consegnargli le chiavi della città il sindaco di Bari Vito Leccese:
“Ho incrociato la narrativa di Ben Jelloun casualmente, una mattina di maggio agli inizi degli anni 90 – ha esordito il sindaco -. Ero appena rientrato dall’Africa maghrebina, dove per lavoro, nel giro di 15 giorni, avevo fatto la spola tra El Laayoune, Rabat, Algeri, Tindouf. Avevo ancora negli occhi la luce di quel viaggio e la profondità della notte, con le stelle a portata di mano.
Cercando un libro da leggere, in una libreria cittadina, fui attratto – lo confesso – dalla copertina di un romanzo, “La creatura di sabbia”: dopo un’occhiata veloce e curiosa alla biografia dell’autore, decisi di comprarlo e leggerlo.
Lo divorai nel giro di due giorni.
Così ho conosciuto Tahar Ben Jelloun. Scrittore, poeta, saggista, giornalista, artista.
Un intellettuale a tutto tondo che con la sua scrittura, semplice e luminosa, ci regala pagine indimenticabili di riflessione su temi di grande attualità.
In un’intervista del 2017, Ben Jelloun definisce la letteratura come una geografia dell’immaginario.
Eh sì, quell’immaginario che si nutre anche della geografia dei luoghi in cui uno nasce e vive.
Perché io credo che dal pensiero inquieto di Albert Camus al pensiero meridiano di Franco Cassano ci sia un filo conduttore, uno spazio simbolico di una mediterraneità che ha radici culturali profondissime, di cui oggi è interprete Tahar Ben Jelloun.
Una narrazione carica di luce e di suggestioni che trae alimento dal Mediterraneo, quel mare capace di unire con le proprie acque popoli e nazioni capace potenzialmente di abbattere ogni barriera etnica e religiosa.
Quel mare che nel sogno di Giorgio La Pira è il lago di Tiberiade, un mare di Galilea più grande che ci consegna la famiglia di Abramo delle tre religioni monoteiste..Sono proprio le atmosfere e i paesaggi mediterranei che esaltano i contesti, i colori, le percezioni. La percezione del colore, degli odori, dei sensi e delle voci.
Perché nel Mediterraneo e in tutti i suoi aspetti culturali e geografici, resi emblematici dal rapporto con il mare e con una solarità infuocata e abbacinante, i luoghi, i simboli e i personaggi presentano una fisionomia del tutto particolare.
Proprio come “L’enfant de sable” in cui Ben Jelloun mette a nudo in uno struggente gioco di specchi, di inganni e di rifrazione con uno stile poetico a tratti commovente, le problematiche legate all’identità di genere, in una società patriarcale. Pensate, un capolavoro scritto nel 1985, quarant’anni fa.
Una storia dolorosa e complessa. Tragica per il protagonista Mohamed Ahmed.
Perché “il Mediterraneo ha la propria tragicità solare che non è quella delle nebbie” come diceva Camus contrapponendo il Mediterraneo all’Europa “umida e buia”.
È proprio questa compresenza dialogica e conflittuale che viene analizzata con grande lucidità dal nostro Franco Cassano in Pensiero Meridiano.
E con queste suggestioni Tahar Ben Jelloun affronta questioni di grande attualità, dal tema della felicità coniugale con “Le bonheur conjugal”, allo stereotipo del machismo legato alla sessualità maschile che si infrange di fronte alla malattia in “L’Ablation”.
Sempre in quell’intervista del 2017 Ben Jelloun sostiene che lo scrittore non è solamente uno che scrive libri ma è anche un cittadino che può intervenire nella vita pubblica.
E questo ruolo pubblico lo ha sublimato con la sua opera, forse la più conosciuta in Italia, “Il razzismo spiegato a mia figlia”.
Un trattato, una dichiarazione universale che in forma semplice, come può essere il linguaggio che si usa quotidianamente nel rapporto con i propri figli, ci indica una strada maestra che è quella dell’imparare a vivere “insieme”, perché solo vivendo insieme possiamo sconfiggere il razzismo.