
(AGENPARL) – lun 31 luglio 2023 COMUNICATO STAMPA
preghiera di pubblicazione e diffusione)
Padule di Fucecchio: ecco il progetto per rimuovere le plastiche galleggianti
L’intesa coinvolge Regione Toscana, Consorzio Basso Valdarno, Università di Pisa
Un progetto della durata di due anni che vedrà stanziati circa 68 mila euro
Fucecchio (FI), 31 luglio 2023 – Un progetto di ricerca scientifica per intercettare e rimuovere le plastiche
galleggianti nel Padule di Fucecchio, prima che arrivino al mare. Con questo obiettivo Regione Toscana,
Consorzio di Bonifica 4 Basso Valdarno e Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei sistemi, del territorio
e delle costruzioni dell’Università degli Studi di Pisa hanno implementato la propria collaborazione, attiva
sul fronte della definizione di strumenti per il miglioramento della gestione dei livelli idrici nel cratere
palustre, con una ulteriore attività legata al “Progetto di ricerca scientifica per lo studio di metodi per il
contenimento e lo sbarramento di materiale plastico superficiale flottante nel Padule di Fucecchioâ€.
Il progetto è stato presentato questa mattina dall’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni, da
Maurizio Ventavoli, presidente del Consorzio di Bonifica 4 Basso Valdarno e da Stefano Pagliara, docente
alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa, alla presenza di Alessio Spinelli, sindaco di Fucecchio (FI), del
sindaco Nicola Tesi e dell’assessore all’ambiente Fulvio Rossellini per il Comune di Ponte Buggianese (PT) e
di Sandro Beneforti assessore del Comune di Larciano (PT).
«Questo progetto, che darà un contributo per monitorare i nostri corsi d’acqua, prende vita grazie alla
collaborazione con l’Università di Pisa, il Consorzio di Bonifica 4 Basso Valdarno e con i Comuni che si sono
resi disponibili – ha dichiarato l’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni -. Abbiamo già installato
qualche barriera in via sperimentale in questo territorio e ne installeremo tre all’interno del cratere del
Padule di Fucecchio, nel canale di immissione perché, come sappiamo, le plastiche che ci sono nei nostri fiumi
arrivano in mare, dove si deteriorano e raggiungono dimensioni molto piccole, finendo poi nel ciclo
alimentare, con gravi danni per la salute umana. Raccoglierle nei fiumi ci consente di riciclarle perché sono
ancora in uno stato in cui è possibile farlo. Peraltro sono barriere che raccolgono le plastiche galleggianti,
quindi non interferiscono con i sedimenti che devono andare ad alimentare le nostre coste che sono in grande
difficoltà . Non interferiscono con la flora e con la fauna e in via definitiva saranno anche realizzate proprio
con il legno degli alberi caduti nel Padule. Quindi, con un’attenzione anche all’inserimento paesaggistico
ambientale in un luogo così delicato e bello, come questo che è l’area protetta umida più importante del
centro Italia. Nei due anni di durata, il progetto ci consentirà di analizzare le plastiche e capire quali siano i
punti di immissione per intervenire in maniera preventiva».
«Si tratta di un progetto della durata di due anni che vedrà stanziati circa 68mila euro, di cui 17mila a carico
della Regione Toscana, altri 17mila a carico del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del
Territorio e delle Costruzioni dell’Università di Pisa e 34mila a carico del Consorzio di Bonifica 4 Basso
Valdarno – spiega Maurizio Ventavoli presidente del Consorzio di Bonifica 4 Basso Valdarno -. Il progetto
prevede la messa a punto di un sistema di sbarramento – idoneo per la riserva naturale Padule di Fucecchio
– con l’immissione di tre barriere per bloccare le plastiche galleggianti, posizionate anche a rotazione per
permettere la navigabilità dell’area».
«Il progetto – spiega Stefano Pagliara, docente alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa – prevede
l’analisi del bacino del Padule di Fucecchio, del movimento delle plastiche e lo studio scientifico dei metodi
per intercettare e rimuovere le plastiche galleggianti e si articola in tre punti. Il primo prevede lo studio
idraulico del bacino per inquadrare i movimenti delle plastiche e sperimentare la barriera più idonea. Nel
laboratorio di Idraulica DESTEC Pisa è stato studiato un prototipo per la raccolta selettiva delle plastiche,
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costituito da una barriera in polietilene che intrappola e raccoglie il materiale galleggiante e semi affondato
che si muove spinto dalla corrente».
Un sistema che non interferisce con la vita del fiume, non reca danno alla flora e alla fauna e che è progettato
per restare in posizione per lungo tempo. Inoltre, resta operativo durante le piogge ordinarie grazie a un
sistema di ancoraggio, realizzato tramite funi, su dei pali infissi sulle sponde e sul letto del fiume. Il
galleggiante non è invasivo, tiene conto della stagionalità del corso d’acqua e permette lo scorrimento libero
delle acque senza alterarne la portata e la velocità , così come il passaggio di animali acquatici e dei detriti
fluviali naturali, che afferiscono al mare alimentando le coste.
Il funzionamento del dispositivo si basa su un sistema modulare di raccolta selettiva di materiali galleggianti
che, posizionato sulle sponde con la concavità rivolta verso la direzione del flusso di corrente d’acqua,
intercetta il materiale sulla base del proprio assetto: quello con maggior galleggiamento è intercettato dalla
barriera, dove il flusso dell’acqua lo convoglia verso il centro in corrispondenza di un’area di raccolta. Ogni
modulo ha una lunghezza di 2 metri e una sezione circolare di diametro pari a 10/20 cm. Il sistema è
altamente efficace per le plastiche galleggianti, sfrutta il basso peso specifico di questi oggetti per
intrappolarli, senza essere invasivo per materiali naturali semi sommersi, per la flora e la fauna.
Si passerà poi alla fase successiva, con l’installazione di tre barriere per lo sbarramento della plastica. Si
tratta di barriere galleggianti posizionate anche a rotazione per permettere la navigabilità dell’area. Tenendo
conto della ricchezza della flora e della fauna e le particolarità idrogeologiche e paesaggistiche, che rendono
il territorio del Padule tutelato da tre aree protette, verrà effettuata una sperimentazione sul campo di una
o più barriere per intercettazione delle plastiche galleggianti in legno (es. pioppo – castagno – canna di
bambù) così da realizzare un sistema a basso impatto ambientale con tipologia naturalistica biotecnologica.
Nella loro realizzazione verrà valutato l’utilizzo di alberi caduti che si trovano nell’area di studio mentre per
il recupero del materiale plastico l’uso dei barchini tipici del luogo.
Infine, l’ultimo step, quello della raccolta dati e del monitoraggio per due anni. Il monitoraggio del materiale
di rifiuto galleggiante, in accordo e in cooperazione logistica con il Consorzio di Bonifica 4 Basso Valdarno, si
alternerà con ispezioni sul posto. Il rifiuto galleggiante bloccato sarà catalogato, pesato e suddiviso per
tipologia di materiale così da creare un database storico.
L’intesa arriva dalla consapevolezza che una delle principali fonti di pressione dei rifiuti marini deriva dal
trasporto delle plastiche provenienti da fiumi e acque superficiali interne: recenti studi attribuisco ai fiumi
la responsabilità di essere i maggiori vettori di diffusione dei detriti di origine antropica. Ogni anno il sistema
fluviale globale rilascia negli oceani un quantitativo di plastica che può raggiungere più di 2 milioni di
tonnellate. Mettere quindi in atto misure per la riduzione dei fattori determinanti ha l’obiettivo di
minimizzare la quantità di macroplastiche presenti nell’ambiente marino e i danni da esse causate.
L’inquinamento da plastiche desta infatti particolare preoccupazione a causa della loro potenziale tossicitÃ
e dimensione e conseguente danno per gli animali che le ingeriscono e le disposizioni assunte dalla
normativa hanno incentivato le Istituzioni a promuovere intense attività di indagine e di misurazione degli
input globali di detriti plastici accumulati nel tempo. Un progetto che s’inserisce anche all’interno di un
quadro europeo di attenzione sul tema: tutte le attività di ripristino dell’ecosistema marino e terrestre fanno
parte degli obiettivi che le Nazioni Unite si sono prefissate nell’Agenda 2030.
La creazione e il posizionamento di apposite barriere lungo i corsi d’acqua, permette alla plastica di essere
recuperata più facilmente e quando è ancora riciclabile, in quanto non ancora entrata in contatto con il sale
marino ed esposta all’azione di acqua e sole principali cause del suo degrado e scomposizione in
microplastiche; che oltre ad essere fonte di inquinamento sono facilmente ingeribili dalla fauna marina.
Recuperare i rifiuti nei fiumi è il modo migliore per creare nuovi prodotti riciclati: il mare restituisce materiale