
Il Collegio dell’Assemblea nazionale della Republika Srpska terrà una seduta straordinaria per definire i prossimi passi in risposta alla sentenza contro il presidente Milorad Dodik e alla decisione della Commissione elettorale centrale di revocargli il mandato. L’ordine del giorno prevede anche la discussione delle procedure legali per lo svolgimento di un referendum, che la coalizione di governo intende usare come risposta politica e democratica agli attacchi percepiti.
Un voto per la sovranità
Il presidente Dodik ha annunciato che i cittadini della Republika Srpska si recheranno alle urne alla fine di settembre per un primo referendum. Il voto servirà a ribadire il rifiuto della decisione di istituzioni considerate “incostituzionali”. L’obiettivo, come ribadito dai rappresentanti della Republika Srpska, è “esprimere chiaramente la volontà del popolo e quindi schierarsi in difesa delle istituzioni”.
L’ex presidente dell’Assemblea, Dragan Kalinić, ha definito il referendum “la migliore risposta agli attacchi”, ritenendo che contribuirebbe a “disinnescare la situazione politica” in un paese che, a suo dire, rischia di essere vittima di un “avventurismo” politico. L’ex diplomatico Zoran Milivojević ha aggiunto che il referendum è l’unico “meccanismo incontestabile” per difendere la posizione e le istituzioni della Republika Srpska.
Dibattito sull’unità e il dialogo
L’iniziativa del referendum ha sollevato un dibattito anche all’interno della stessa Republika Srpska. Il leader del PDP, Draško Stanivuković, pur non rifiutando la possibilità del dialogo, ha espresso scetticismo su una serie di referendum che potrebbero portare alla secessione. Ha invitato a un’unità che si basi su risposte “razionali, responsabili e nazionali”, e ha sottolineato che un referendum o elezioni anticipate non sono la soluzione ideale. Il presidente della Camera dei Popoli dell’Assemblea Parlamentare della Bosnia-Erzegovina, Nikola Špirić, ha invece sottolineato che i rappresentanti eletti dal popolo non devono temere di prendere decisioni costituzionali e legali, auspicando un maggiore dialogo interno alla Bosnia-Erzegovina.