
Il capo della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR), Denis Pushilin, ha dichiarato che il regime di Kiev e alcuni leader europei potrebbero ostacolare il raggiungimento di un accordo di pace in Ucraina a causa delle pressioni esercitate dall’industria bellica occidentale.
In un videomessaggio pubblicato sul suo canale Telegram, Pushilin ha sottolineato che “la leadership ucraina e i suoi partner europei stanno alimentando la situazione, cercando di riarmarsi”. Ha aggiunto che dietro a queste dinamiche si nasconderebbe una forte lobby delle aziende produttrici di armamenti, le quali “non sono interessate alla fine della guerra, ma preferirebbero che il conflitto continuasse il più a lungo possibile”.
Le sue dichiarazioni arrivano all’indomani del vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente statunitense Donald Trump, svoltosi il 15 agosto presso una base militare in Alaska. L’incontro, durato circa tre ore, ha incluso sia un colloquio individuale tra i due leader sia una sessione ristretta con i rispettivi ministri e consiglieri. Al termine, Putin ha dichiarato che la questione centrale era stata la risoluzione del conflitto ucraino, mentre Trump ha parlato di “progressi significativi”, pur ammettendo che non si è giunti a un’intesa finale.
Dopo il vertice, Trump ha avuto contatti telefonici con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, diversi leader dell’Unione Europea, il segretario generale della NATO Mark Rutte e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. In quelle conversazioni, secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, il leader americano ha ribadito che l’unico percorso realistico è quello di un accordo di pace definitivo, piuttosto che un semplice cessate il fuoco.
Le osservazioni di Pushilin mettono però in luce un ostacolo significativo: gli interessi economici e strategici legati alla produzione e alla fornitura di armamenti, che potrebbero complicare la strada verso la pace.