
(AGENPARL) – Sat 19 July 2025 *COMUNICATO STAMPA DEL 19 LUGLIO 2025*
La doccia fredda del 30% di dazi USA è piovuta sulle merci europee quando
l’ipotesi su cui si stava ragionando era quella, già temibile, del 10%. Non
c’è ancora nulla di definitivo, dato che il nuovo regime daziario diverrà
operativo dal 1° agosto e che le prossime due settimane saranno
caratterizzate da un dialogo – dai toni probabilmente in parte concilianti
e in parte ritorsivi – fra Unione Europea e Stati Uniti: qualche apertura
sembra esserci ma la preoccupazione fra le imprese è forte.
Le esportazioni complessive dell’area Lucca-Pistoia-Prato verso gli USA
sfiorano nella media degli ultimi anni gli 800 milioni annui, pressoché
esclusivamente dovuti a prodotti manifatturieri e in progressiva crescita;
il mercato statunitense rappresenta il 7,6% del totale dell’export delle
tre province. Meno ingenti ma comunque significative anche le importazioni,
quantificabili in 180 milioni di euro annui (3,5% del totale), di cui l’85%
costituiti da prodotti manifatturieri.
I settori dell’area interessati alle esportazioni verso gli USA sono per il
20% macchinari e apparecchi, principalmente macchine per l’industria
cartaria e per il tessile (160 milioni euro nella media degli ultimi anni);
per questi prodotti il mercato statunitense vale il 50% del totale, ed è
quindi il primo per importanza. Un altro 20% di valori all’export è
rappresentato dai prodotti alimentari, e anche per questi gli USA sono il
primo mercato di riferimento con una quota del 30%. Gli USA sono il primo
mercato, con riferimento all’area di Confindustria Toscana Nord, anche per
il lapideo (quota del 40% del totale dell’export del settore) e le
calzature (quota del 20%). Secondo mercato invece per la farmaceutica e i
prodotti in metallo, con una quota, comunque rilevante, del 17%. E’ un caso
particolare invece il 16% recente della nautica e del ferrotranviario: si
tratta infatti di un valore che oscilla in maniera molto forte da un anno
all’altro a causa del tipo di prodotto. Inferiori ma comunque significative
le quote che riguardano altri settori, dal 9% degli articoli di
abbigliamento al 6% di tessuti e filati e al 4% del cartario.
“Il tema dei dazi statunitensi è cruciale per il territorio di Lucca,
Pistoia e Prato, in termini sia diretti che indiretti – commenta la
presidente di Confindustria Toscana Nord *Fabia Romagnoli* -.
L’introduzione di aumenti dei dazi così consistenti va a sommarsi
all’attuale rapporto di cambio euro/dollaro che già da solo costituisce un
ostacolo forte alle esportazioni. Al di là degli effetti immediatamente
misurabili sui singoli prodotti, infatti, il rischio forse più grave è di
sistema, che si abbatterà sulle catene di produzione nel loro complesso,
incluse quelle statunitensi. Le importazioni negli USA di semilavorati, ad
esempio, colpiranno le produzioni dello stesso paese importatore. Non
bisogna dimenticare che il problema è già in atto: per esempio su acciaio e
alluminio i dazi erano al 25% già prima del ritorno alla presidenza di
Trump, che li ha portati al 50% in partenza sulla sola materia prima; ma da
marzo c’è stato anche l’allargamento dell’imposizione ai prodotti derivati,
divenuti estremamente costosi negli USA. La crescita economica mondiale,
sia dei paesi occidentali che di altri, storicamente è stata favorita da
una concezione degli scambi commerciali all’insegna della libera
circolazione delle merci. Le barriere tariffarie di un paese importante
come gli Stati Uniti ne innescano altre, fanno lievitare prezzi e
inflazione, deprimono i consumi: a rimetterci saremo un po’ tutti, inclusi
verosimilmente gli stessi Stati Uniti. L’Unione Europea dovrà calibrare la
propria posizione con lucidità, realismo e fermezza, sperando in una
rimodulazione meno impattante di quella prospettata. Ma contemporaneamente
occorre anche che a livello europeo (oltre che di governo italiano per
quanto in suo potere) questa occasione venga vissuta come uno stimolo forte
a tarare le proprie politiche economiche in senso più favorevole allo
sviluppo industriale. Gli indirizzi strategici di innovazione e di
sostenibilità devono essere orientati verso obiettivi di crescita e
realisticamente compatibili con questi ultimi. A livello nazionale rimane
anche, in buona parte irrisolto, il problema dei costi energetici.”
“Nel caso specifico di *Prato* – aggiunge *Romagnoli* – alcuni prodotti
avevano già dazi rilevanti: ad esempio i tessuti cardati e pettinati a
maggioranza lana, che sono già al 25% del valore e che quindi vedrebbero la
tariffa più che raddoppiata; ma anche alcune tipologie di capi di
abbigliamento da donna sono già oggi al 14,9% e alcuni accessori superano
il 10%. Le macchine tessili che Prato esporta verso gli USA, soprattutto
per la produzione e il finissaggio dei tessuti non tessuti, hanno oggi
invece dazio zero o minimo: e non a caso, essendo una risorsa
indispensabile per l’industria tessile americana. Anche se la quota di
export della provincia di Prato indirizzata agli USA è complessivamente
solo del 4,9%, pari a meno di 160 milioni di euro, i dazi colpiranno in
maniera diretta soprattutto alcuni prodotti fortemente caratterizzanti il
nostro sistema produttivo. Ma la preoccupazione principale rimane quella
generale: catene di fornitura e possibile, per non dire probabile,
strozzatura degli scambi internazionali.”
“Gli Usa rappresentano per *Pistoia* il 6,4% del totale esportazioni, per
un valore di 114 milioni di euro – aggiunge a sua volta il vicepresidente
di Confindustria Toscana Nord *Massimo Capecchi* -. Per tre settori
qualificanti nella nostra provincia – alimentari,calzature e, con le
specifiche del caso, macchinari e apparecchi – il mercato statunitense
rappresenta il primo sbocco commerciale. Per questa ragione non è
sufficiente esprimere mera preoccupazione, ma occorre chiarire che se la
situazione daziaria annunciata non cambierà, le conseguenze saranno gravi e
in certi casi irreversibili. Alcuni colleghi, con cui ho parlato, mi dicono
che fino ad oggi, spalmando gli aumenti già intervenuti sul prodotto finale
sono riusciti a stare sul mercato, erodendo comunque i margini di ricavo
derivanti da quel mercato. Oltre non ha senso andare, e con un ulteriore
30% di onere da sostenere diventerà impensabile esportare in Usa. Ad oggi
sappiamo che esiste una rincorsa a consegnare – per chi può farlo – entro
il 31 di luglio, mentre sono fermi gli altri ordini, anche già acquisiti.
La misura delle nostre aziende non consente, in molti casi, nemmeno di
pensare di aprire filiali, laboratori o divisioni oltre oceano; dove
comunque mancano le precondizioni per farlo (manodopera qualificata,
conoscenza e disponibilità della materia prima, una rete di subfornitori
cui affidarsi). In questo clima, di caos e non solo di incertezza, solo una
buona politica può contribuire a rasserenare il clima e restituire
situazioni accettabili di commercio e impresa.”
“La quota di export della provincia di *Lucca* verso gli Stati Uniti è
piuttosto rilevante, pari nel 2024 al 9,4% del valore totale delle
esportazioni, con un ammontare di 525 milioni di euro – conclude il
vicepresidente di Confindustria Toscana Nord *Tiziano Pieretti* -. A
risentirne in maniera diretta saranno certo alcuni settori come la
meccanica per la carta, attualmente a dazio zero; l’alimentare, con dazi oggi
molto diversi da prodotto a prodotto ma comunque piuttosto contenuti; il
lapideo, con alcuni prodotti a dazio zero e altri con percentuali di poche
unità. Tutti settori comuni nel nostro territorio e che hanno negli Stati
Uniti il proprio mercato principale. Ma il problema va ben oltre la
quantificazione dell’effetto diretto su alcuni settori rispetto ad altri.
Una quantificazione che peraltro è quasi impossibile calcolare
realisticamente a priori, dovendo tenere conto di fattori complessi come la
sostituibilità di alcuni prodotti gravati di dazi con altri già esistenti o
meno nel mercato interno americano e la velocità di realizzazione di nuovi
impianti in loco, obiettivo dichiarato ma forse utopistico
dell’amministrazione Trump. In ogni caso la questione è ben più ampia, ha
una portata sistemica molto estesa e può toccare veramente tutti i prodotti
e tutti i paesi, con un rallentamento dell’economia mondiale dagli effetti
decisamente deleteri. In questo contesto l’Unione Europea deve avere come
obiettivo la salvaguardia del proprio sistema produttivo: non possiamo
permetterci né chiusure né delocalizzazioni.”
*In foto: **Massimo Capecchi, Fabia Romagnoli, Tiziano Pieretti*
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