
Lo Stato membro che rifiuta di eseguire un mandato d’arresto europeo (MAE) a causa del rischio di violazioni dei diritti fondamentali derivanti dalle condizioni carcerarie nello Stato emittente deve comunque garantire l’esecuzione della pena sul proprio territorio, se la persona è un cittadino o un residente dello Stato stesso. È quanto affermato dall’Avvocato generale Athanasios Rantos nelle conclusioni presentate oggi nelle cause riunite C-722/23 | Rugu e C-91/24 | Aucroix.
Il caso riguarda due individui – un cittadino rumeno e uno belga – entrambi residenti in Belgio, destinatari di mandati d’arresto europei emessi rispettivamente dalla Romania e dalla Grecia per l’esecuzione di pene detentive. I giudici belgi hanno rifiutato la consegna per timori legati alle condizioni detentive inadeguate negli Stati emittenti, ritenendole potenzialmente contrarie ai diritti fondamentali dei soggetti coinvolti.
La Corte di cassazione belga ha così chiesto alla Corte di giustizia dell’UE di chiarire se, in questi casi, lo Stato membro di esecuzione sia solo autorizzato o anche obbligato a farsi carico dell’esecuzione della pena.
Nelle sue conclusioni, l’Avvocato generale Rantos ha sostenuto che il rischio di violazione dei diritti fondamentali può giustificare il rifiuto del MAE, ma non può condurre all’impunità: lo Stato membro di esecuzione è tenuto a garantire che la pena venga comunque eseguita, purché si tratti di un suo cittadino o residente e vi sia un impegno a rispettare le procedure previste dal diritto europeo.
L’Avvocato generale sottolinea che il meccanismo del MAE si fonda sulla fiducia reciproca tra Stati membri e sulla lotta all’impunità. Consentire la liberazione di soggetti condannati in via definitiva per ragioni meramente procedurali andrebbe contro lo spirito della cooperazione giudiziaria in ambito UE.
Infine, Rantos afferma che la previsione contenuta nella decisione quadro 2002/584/GAI, che in teoria attribuisce un potere facoltativo allo Stato di esecuzione, deve essere interpretata in senso vincolante, se sussistono i presupposti: cittadinanza o residenza e disponibilità ad assumersi l’esecuzione della pena, in linea con le regole della decisione quadro 2008/909/GAI.
La Corte di giustizia inizierà ora le sue deliberazioni. Le conclusioni dell’Avvocato generale non sono vincolanti, ma costituiscono un punto di riferimento importante per l’interpretazione del diritto dell’Unione. La sentenza sarà resa pubblica in una fase successiva.