
(AGENPARL) – Fri 04 July 2025 INFORMAZIONE ISTITUZIONALE
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Ufficio Stampa
4/7/2025
INAUGURATA LA MOSTRA “IL TEMPO DI OMERO VOCE, CORPO,
SGUARDO DI ANTONUTTI” VISITABILE DAL 5 LUGLIO AL 12 OTTOBRE
2025 CON INGRESSO LIBERO PRESSO LA SALA “ATTILIO SELVA” DI PALAZZO GOPCEVICH
La mostra “Il tempo di Omero Voce, corpo, sguardo di Antonutti” dedicata alla carriera teatrale e cinematografica di Omero Antonutti, allestita presso la Sala “Attilio
Selva” di Palazzo Gopcevich in via Rossini 4 a Trieste, dopo la presentazione avvenuta
in mattinata, è stata inaugurata nel tardo pomeriggio di oggi, venerdì 4 luglio 2025,
dall’Assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo, Giorgio Rossi, alla presenza
del responsabile dei Musei Storici del Comune di Trieste e Conservatore del Civico
Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, di Stefano Bianchi, Mariella Magistri e Franco
Però per la Casa del Cinema, di Graziella Moreale Antonutti per l’Associazione Culturale Omero Antonutti e di Paolo Quazzolo e Massimiliano Spanu per l’Università
degli Studi di Trieste.
“Il Tempo di Omero. Voce, corpo, sguardo di Antonutti” è il titolo dell’esposizione, in
calendario dal 5 luglio al 12 ottobre 2025 e allestita negli spazi al piano terra di Palazzo Gopcevich, che intende rendere omaggio alla carriera di Omero Antonutti
(1935-2019), attore di teatro, cinema, televisione e celebre doppiatore, friulano di origini e triestino d’adozione, nella ricorrenza del 90esimo anniversario della nascita.
Il percorso espositivo, illustrato dai curatori e dagli organizzatori, presenta un viaggio
tra le molteplici sfaccettature della carriera attoriale di Omero Antonutti, attraverso
un arco di sessant’anni di attività per il teatro, il cinema e la televisione.
“Omero Antonutti – ha detto l’Assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo, Giorgio Rossi – a Trieste ha dato tanto e siamo felici di poter ospitare la mostra
dedicata alla sua eccezionale carriera in questa splendida sala. Antonutti ha dato vita
a interpretazioni che sono state iconiche e hanno contrassegnato un’epoca, facendo
e diffondendo cultura. Siamo qui per rendergli omaggio inaugurando la mostra “Il
tempo di Omero Voce, corpo, sguardo di Antonutti” con l’augurio che possa ottenere
grande successo e che l’associazione che porta il suo nome, presieduta dalla moglie
Graziella Moreale Antonutti, possa operare con continuità per far conoscere ancora
di più la figura di questo straordinario attore, per certi versi ricordato più in Spagna
che in Italia”.
Il responsabile dei Musei Storici del Comune di Trieste e Conservatore del Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, Stefano Bianchi, ha evidenziato come la mostra si
ponga in continuità con quella recentemente conclusasi e allestita dal Museo Teatrale nella ricorrenza del centenario della sua fondazione. “Il tempo di Omero Voce,
corpo, sguardo di Antonutti” – ha aggiunto Bianchi – prosegue nel percorso della proficua collaborazione sedimentata nel tempo tra il Museo e la Casa del Cinema: la
coorganizzazione si sostanza infatti non soltanto nella messa a disposizione di spazi,
risorse e competenze da parte del Comune, ma anche di materiali delle collezioni del
Museo, che in mostra si integrano con quelli di proprietà dell’Associazione Omero
Antonutti e di altri soggetti”.
Era presente inoltre l’attrice Elisabetta Pozzi, che, nel suo intervento, ha ricordato
come a spingerla verso il teatro sia stata la visione di una replica a Genova di “Madre
Courage”, oggetto poi anche di una sua tesina, spettacolo a cui ha raccontato di aver
assistito a nove repliche.
L’esposizione, suddivisa su tre sale, ripercorre il percorso artistico di Omero Antonutti attraverso le tappe fondamentali della sua carriera teatrale e cinematografica,
ed è costruita attorno alla collezione privata della associazione culturale Omero Antonutti, che ha raccolto l’intera eredità dell’attore e i materiali archiviati nel corso
dell’intera vita artistica. Manifesti e locandine teatrali e cinematografiche, fotobuste e
fotografie di scena, immagini e documenti dei numerosi viaggi e trasferte professionali, medaglie e premi ricevuti nell’arco di quasi sessant’anni. E ancora libri appuntati
e autografati, copioni e brochure, oggetti di scena e memorabilia, compongono il
mosaico attorno a cui ruota la mostra. E il viaggio parte, immancabilmente, dal baule
dell’attore, con la coppola originale utilizzata sul set di “Padre Padrone” e l’abito di
scena utilizzato per il ruolo di Pirandello in “Kaos”.
Il percorso è arricchito da alcuni scatti originali di Umberto Montiroli, uno dei più
grandi fotografi di scena italiani, riferiti ai set dei film dei fratelli Taviani. Inoltre, da
una selezione di fotografie di scena in bianco e nero provenienti dall’archivio digitale
del Teatro Nazionale di Genova. E da una selezione di filmati, in rotazione su sei monitor, con materiali dalle Teche Rai, una video-intervista prodotta da Videoest, estratti
dal documentario “Dalla quercia alla palma – I 40 anni di Padre padrone” di Sergio
Naitza e sequenze di riprese dagli spettacoli prodotti sul territorio regionale “La memoria dell’offesa”, “Genius loci”, “Voci nella guerra” e “Danubio”.
Formatosi all’Accademia d’Arte Drammatica annessa al Teatro Stabile “Città di Trieste”, dopo il debutto nel 1959 con un ruolo in “L’ispettore generale” di Gogol, Omero
Antonutti prende parte alla messinscena di alcuni spettacoli memorabili come il goldoniano “Arlecchino servitore di due padroni” con la regia di Fulvio Tolusso (1961),
“La dodicesima notte di Shakespeare”, diretto da Giovanni Poli (1961), “Un marito” di
Italo Svevo diretto da Sandro Bolchi (1962). Nel 1962 inizia una lunga collaborazione
con il Teatro Stabile di Genova diretto da Ivo Chiesa, sotto la regia di Luigi Squarzina;
sarà protagonista di spettacoli fondamentali per la storia del teatro italiano del dopoguerra, assieme ad attori del calibro di Lina Volonghi o Alberto Lionello, quali “I due
gemelli veneziani” di Goldoni (1963); “La coscienza di Zeno” (1964) e “Il fu Mattia Pascal” (1974), entrambi nella riduzione di Tullio Kezich; “Ciascuno a suo modo” di Pirandello (1964); “Baccanti” di Euripide (1968); “Una delle ultime sere di carnovale” di
Goldoni (1968); e soprattutto “Cinque giorni al porto” di Luigi Squarzina (1969), una
celebre edizione de “I Rusteghi” goldoniani (1969), “Madre Courage” di Bertolt Brecht. Gli ultimi spettacoli teatrali vedono Antonutti impegnato con Luca Ronconi
nell’allestimento di due testi ibseniani: “L’anitra selvatica” (1977) e “John Gabriel
Borkman” (1982), quest’ultimo per la Rai.
Al cinema esordisce nel film “Le piacevoli notti” (1966) di Armando Crispino, al fianco
di Vittorio Gassman, Gina Lollobrigida e Ugo Tognazzi; negli anni Settanta interpreta
ruoli significativi in titoli come “La donna della domenica” (1975) di Luigi Comencini e
“Anno uno” di Roberto Rossellini. La consacrazione sul grande schermo avviene nel
1977 con “Padre Padrone” dei fratelli Taviani, Palma d’Oro al Festival di Cannes; la
collaborazione con i due registi toscani proseguirà con “La notte di San Lorenzo”
(1982), “Kaos” (1984), “Good Morning Babilonia” (1987). Dopo il trionfo alla Mostra
del Cinema di Venezia nel 1980 con il monumentale “Alessandro il grande” (Ο
Μεγαλέξανδρος) di Theo Angelopoulos, vincitore del Leone d’Oro, la sua parabola
prosegue sulle scene internazionali, e in particolare in Spagna (dove la Mostra de València gli dedica nel 1988 una retrospettiva), con film importanti come “El Sur” (1983)
di Victor Erice, “El Dorado” (A peso d’oro, 1988) di Carlos Saura, “El maestro de
esgrima” (Il maestro di scherma, 1992) di Pedro Olea. In Svizzera, per il regista Villi
Herman, è protagonista in “Matlosa” (1981) e “Bankomatt” (1989). In Italia è spesso
coinvolto in ruoli intensi e drammatici in film di impegno civile: riveste i panni del fac-
cendiere Michele Sindona in “Un eroe borghese” (1995) di Michele Placido; del banchiere Roberto Calvi in “I banchieri di Dio – Il caso Calvi” (2002) di Giuseppe Ferrara;
del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat in “Romanzo di una strage” (2012)
di Marco Tullio Giordana; del padre di Craxi in “Hammamet” (2020) di Gianni Amelio.
Ma la sua poliedricità lo vede impegnato in ruoli eterogenei in titoli come “La visione
del sabba” (1988) di Marco Bellocchio, “Farinelli – Voce regina” (1995) di Gérard Corbiau, “N (Io e Napoleone)” (2006) di Paolo Virzì, “Miracolo a Sant’Anna” (2008) di
Spike Lee, fino a “Benvenuto Presidente!” di Riccardo Milani (2013).
Antonutti deve parte della sua notorietà alle tante apparizioni e ruoli per la televisione, dallo sceneggiato Rai “ESP” (1973) di Daniele D’Anza al debutto per la tv di Elio
Petri “Le mani sporche” (1975)”, da “Il disertore” (1983) di Giuliana Berlinguer a “Mio
figlio non sa leggere” (1984) di Franco Giraldi, da “Genesi: La creazione e il diluvio”
(1994) di Ermanno Olmi a “Sacco e Vanzetti” (2005) di Fabrizio Costa.
Fortissimo è inoltre il suo legame con il territorio, che nel corso degli anni lo ha visto
recitare nell’opera televisiva “L’isola” (1983) di Pino Passalacqua, tratto da un racconto di Giani Stuparich (realizzato con la consulenza di Callisto Cosulich, vede per la
prima volta Antonutti recitare in dialetto triestino sullo schermo); in “La frontiera”
(1996), girato in Dalmazia ancora per la regia di Franco Giraldi; e in “La ragazza del
lago” (2007) di Andrea Molaioli, ambientato sulle sponde dei laghi di Fusine.
Gli anni Duemila vedono nella carriera di Antonutti un ampio intreccio di attività tra
schermi e palcoscenici. Tra le principali, “Opera 1999”, con il complesso musicale di
Goran Bregović; “Oedipus Rex” di Cocteau al Teatro dell’Opera di Roma (2005) con la
regia di Squarzina; la serata in Omaggio a Pasolini (2015), per il quarantennale della
scomparsa dello scrittore friulano, documentata in un CD Decca.
Fondamentale la sua presenza in spettacoli quali “La memoria dell’offesa” (1995) di
Renato Sarti, realizzato alla Risiera di San Sabba di Trieste al fianco di Giorgio Strehler, o “Genius loci” (2016) prodotto dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia nell’anniversario del terremoto del Friuli. È più volte protagonista al Mittelfest di Cividale del
Friuli, in “Danubio” di Claudio Magris con la regia di Giorgio Pressburger (1997);
“Eclisse totale” di Pia Fontana, con la regia di Franco Però (2009); “Strolic” su testi di
Piero Zorutti (2013).
La voce dal timbro caratteristico e inconfondibile di Omero Antonutti ne ha fatto anche un apprezzato interprete di sceneggiati radiofonici: tra il 1959 e il 2008 ne ha realizzati circa una settantina. Dotato di un timbro vocale profondo e coinvolgente (che
Tullio Kezich diceva “possente”), Antonutti è conosciuto dal grande pubblico quale
raffinato, imponente doppiatore di star internazionali quali Christopher Lee (“Il signore degli Anelli”), Michael Parks (“Kill Bill: Vol. 2″), John Hurt (“V per Vendetta”),
Omar Sharif (“Monsieur Ibrahim”). È stato voce narrante per film di grande successo
come “La vita è bella” (1997), “Il mestiere delle armi” (2001) e “Il favoloso mondo di
Amélie” (2001).
La rassegna espositiva sarà visitabile da mercoledì a domenica a partire da domani,
sabato 5 luglio con ingresso libero in orario 10-18.
La mostra è realizzata dall’Associazione Casa del Cinema di Trieste con il contributo
della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in co-organizzazione con il Comune di
Trieste e in collaborazione con l’Associazione Culturale Omero Antonutti.
Nata da un’idea di Franco Però, curata da Paolo Quazzolo e Massimiliano Spanu
dell’Università degli Studi di Trieste (DiSU – Dipartimento di Studi Umanistici), l’iniziativa si avvale della consulenza scientifica del Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl” e
della partecipazione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, del Teatro Nazionale
di Genova, di Mittelfest e delle Teche Rai. Gli allestimenti sono opera dello studio Basiq di Trieste.
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