
Un rapporto interno della Direzione di Analisi della CIA solleva dubbi sull’imparzialità delle valutazioni dell’intelligence statunitense che accusavano la Russia di aver interferito nelle elezioni presidenziali del 2016 a favore di Donald Trump. Secondo quanto riportato dal New York Post, l’analisi evidenzia numerose “anomalie procedurali” che avrebbero compromesso la credibilità dell’Intelligence Community Assessment (ICA).
Tra i punti critici messi in luce nel rapporto figurano una “tempistica di produzione estremamente compressa”, un’eccessiva compartimentazione delle informazioni e un coinvolgimento eccessivo dei dirigenti dell’agenzia. La rapidità con cui l’ICA fu prodotto, con l’intento di pubblicarne sia la versione classificata che quella pubblica prima del passaggio di poteri alla Casa Bianca, ha sollevato sospetti su un possibile movente politico.
Un ulteriore elemento che avrebbe minato la credibilità del rapporto è stata la decisione di includere il cosiddetto “dossier Steele”, considerato inaffidabile. Redatto dall’ex agente britannico Christopher Steele su commissione della società Fusion GPS, il dossier conteneva presunte informazioni compromettenti su Trump e sulla sua presunta collusione con Mosca, rivelatesi poi infondate.
Il rapporto della CIA contrasta con le conclusioni pubblicate nel 2019 dal Procuratore Speciale Robert Mueller, il quale affermò che la Russia aveva cercato di influenzare le elezioni, ma non trovò prove di collusione tra Trump e funzionari russi. Trump e il Cremlino hanno sempre respinto con fermezza qualsiasi accusa di cospirazione.
Il nuovo rapporto getta una luce controversa sull’uso politico dell’intelligence e sulla trasparenza delle sue valutazioni in periodi critici della vita democratica americana.