
(AGENPARL) – Thu 05 June 2025 *COMUNICATO STAMPA*
*AREE PROTETTE SOTTO PRESSIONE: IL CAMBIAMENTO CLIMATICO SPINGE GLI UCCELLI
PIÙ IN ALTO, MA LA CONSERVAZIONE NON TIENE IL PASSO*
*Uno studio condotto dai ricercatori di UniTo nelle Alpi Cozie e Graie
rivela che le specie adattate al freddo stanno scomparendo anche dove la
natura è tutelata*
Le montagne sono *hotspot di biodiversità a livello globale*, ma sono anche
tra gli ambienti più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nelle Alpi
europee, il *riscaldamento globale* e le trasformazioni del paesaggio
stanno rapidamente modificando la vegetazione, con effetti diretti sulle
comunità di uccelli, in particolare su quelle di alta quota. Le *aree
protette* rappresentano strumenti fondamentali per salvaguardare queste
specie adattate al freddo, ma quanto sono realmente efficaci in un mondo
che si riscalda?
A questa domanda hanno cercato di rispondere il dott. *Riccardo Alba* e il
prof. *Dan Chamberlain* del *Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia
dei Sistemi* dell’*Università di Torino* nello studio *Elevational shifts
in bird communities reveal the limits of Alpine protected areas under
climate change*, recentemente pubblicato sulla rivista *Biological
Conservation*
Coprendo un periodo temporale di 13 anni di dati raccolti lungo un ampio
gradiente altitudinale nelle Alpi Cozie e Graie, i ricercatori hanno
utilizzato il *Community Temperature Index* (CTI) – un indicatore della
tolleranza termica delle comunità – per valutare l’evoluzione delle
comunità ornitiche all’interno e all’esterno delle aree protette.
I risultati mostrano *un dato sorprendente*: mentre al di fuori delle aree
protette il CTI è rimasto stabile, all’interno delle stesse è aumentato
rapidamente, riflettendo *un incremento delle temperature medie annuali di
oltre 1,19 °C* nel periodo di tempo coperto. Questo indica che qualcosa sta
avvenendo all’interno delle aree protette alpine, dove le comunità
ornitiche stanno diventando sempre più simili a quelle presenti in zone non
tutelate, probabilmente a causa del declino delle specie di alta quota ma
anche per la colonizzazione di specie più comuni dalle quote più basse,
come ad esempio la capinera e lo scricciolo.
Le variazioni più marcate si osservano* in prossimità del limite del bosco*,
una fascia sensibile dove la vegetazione arbustiva e forestale sta
avanzando verso le alte quote a causa dell’abbandono delle attività
pastorali e del cambiamento climatico. Gli autori individuano proprio il
cambiamento della copertura vegetale come principale motore di
trasformazione delle comunità, sottolineando come la semplice esistenza di
aree protette dai confini stabili potrebbe non bastare più a garantire la
sopravvivenza degli uccelli più specializzati alle quote estreme.
Per contrastare questi effetti, lo studio suggerisce misure gestionali
adattive come il pascolo mirato e la conservazione della connettività
altitudinale, oltre a un monitoraggio continuo delle comunità ornitiche
negli anni a venire. Solo *espandendo la protezione formale e integrando
azioni concrete sul campo* sarà possibile mantenere habitat eterogenei e
resilienti, in grado di ospitare anche in futuro le specie simbolo delle
Alpi evitando la loro scomparsa.
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Sezione Comunicazione Digitale e Media Relations
Area Comunicazione
Direzione Generale
Università di Torino
Area Relazioni Esterne e con i Media
Università degli Studi di Torino
Settore Relazioni con i Media