
(AGENPARL) – Mon 26 May 2025 TARIFFARIO NAZIONALE, ATTESA PER MARTEDI LA SENTENZA DEL TAR
“A RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DI MIGLIAIA DI STRUTTURE ACCREDITATE”
Il grido di allarme in una petizione che raggruppa congiuntamente chi opera nel settore. Le conseguenze di una decisione negativa ricadrebbero sui lavoratori e sui cittadini costretti a curarsi mettendo mano al portafogli. E chi non può permetterselo andrà inevitabilmente a ingolfare le strutture pubbliche, aumentando le liste d’attesa e la povertà sanitaria…
“La storia del nostro Servizio sanitario, fiore all’occhiello del Paese, potrebbe cambiare corso, con evidenti ripercussioni sui cittadini che saranno costretti, magari non potendoselo permettere, a mettere mano al portafogli per curarsi”. L’allarme è del presidente di FederAnisap -l’Associazione nazionale delle Istituzioni sanitarie ambulatoriali private- Valter Rufini, alla vigilia della decisione del Tar sul tariffario che regola il costo delle prestazioni erogabili: “Se domani il Tar dovesse esprimere parere negativo, milioni di prestazioni, che sono ora garantite, andrebbero perdute e milioni di cittadini italiani non si potrebbero più curare”, precisa Rufini. “Conosciamo bene -continua il presidente di FederAnisap- la reazione degli utenti che, con disperazione, non hanno più avuto negli ultimi anni l’assistenza sanitaria garantita dalla Costituzione e come operatori non possiamo restare indifferenti”.
Fra due settimane, si votano i referendum su lavoro e diritto di cittadinanza, temi importanti, ma c’è una questione, oggi dimenticata: la giustizia sanitaria: “I sindacati -afferma Rufini- hanno avviato una campagna referendaria per rivoltare il Paese con lo strumento più democratico che esiste. Noi con la petizione, che abbiamo avviato tre settimane e che ha raccolto un milione di firme, vogliamo contribuire a far diventare la sanità elemento primario. Dobbiamo mantenerci uniti per costruire un’altra sanità, quella che servirà ai nostri figli, ai nonni e a tutti i lavoratori di ogni ordine e grado. Anche perché qui c’è in gioco un principio cardine su cui si fonda la Costituzione: il diritto alla salute che sia uguale per tutti e che non conosca differenze di portafoglio. Arretrare sarebbe una sconfitta per tutti: cittadini, medici, tecnici e professionisti che operano con passione in un settore decisamente delicato”. La posta in gioco è insomma alta e riguarda tutti: “Le tariffe introdotte dal recente Decreto ministeriale di fine dicembre -dice l’avvocato Luca Barone di Legal Healthcare, il team, coordinato dagli avvocati Alberto Polini, Antonella Blasi, Andrea Camporota, Anita Mangialetto e Alessandro Diotallevi, che sta seguendo il ricorso sotto il profilo giuridico- non tengono conto dell’incremento dei costi e delle difficoltà operative causate dalla pandemia e dalla crisi economica. L’istruttoria che ha condotto all’approvazione delle tariffe è risultata inoltre incompleta e lacunosa. Non è stata garantita una rappresentazione adeguata dei costi reali e delle esigenze delle strutture sanitarie accreditate. Senza dimenticare l’evidente violazioni dei principi costituzionali”.
Una questione dunque delicata che ha avuto il sostegno anche di Aiop e del suo presidente Gabriele Pelissero e che sta mettendo in subbuglio i vari territori: “Si rischia -sottolinea Giuseppe Caraccio, presidente di Anisap Veneto- di aumentare la povertà sanitaria in una regione come la mia che è fra le più ricche in Italia. Le nostre 80 strutture ambulatoriali sono al collasso e stanno erogando prestazioni il cui rimborso è al di sotto del costo reale. Non possiamo reggere ancora molto, con conseguenze immaginabili. Per non chiudere e ridurre di almeno il 30% il personale, saremo costretti, nostro malgrado, a ricorrere a un sistema completamente privatistico che ovviamente danneggia in particolare le persone più fragili”. “Le strutture accreditate -aggiunge Domingo Milite, presidente di Arlepv che riunisce oltre 200 radiologi del Veneto- erogano fino all’80% delle prestazioni in regime convenzionato, permettendo a un’ampia fetta di popolazione di accedere a diagnosi e terapie con impegnativa: se non si troverà una soluzione molte prestazioni di grande rilevanza e alto costo, come ecografie, Tac e risonanze magnetiche, che hanno subito una riduzione dal 30 al 50%, potrebbero diventare inaccessibili per molti pazienti”. “Noi siamo in attesa da dicembre -ricorda Dario Arcagni, presidente di Anisap Marche- che le promesse di un tariffario regionale migliorativo, fatte dal Governatore Acquaroli, per 45 prestazioni abbiano un seguito. Qui è in gioco la sopravvivenza delle nostre strutture e la qualità di un servizio senza il quale la sanità andrebbe allo sbando. Basti pensare che oggi per poter fare le analisi del sangue in regime pubblico occorre aspettare 26 giorni”.
“Le decisioni del Tar -sottolinea Giovanni Onesti, direttore generale di Aisi, l’Associazione che raggruppa le imprese sanitarie indipendenti- andranno a scapito dei grandi gruppi, che rappresentano il 40% delle strutture accreditate, ma ancor di più del restante 60% gestito da singoli imprenditori. Il rischio è che molte di queste realtà saranno costrette a chiudere o ad erogare prestazioni in regime privatistico. Il problema è enorme e non sono per le decine di migliaia di persone il cui posto di lavoro vacillerebbe ma anche per gli ospedali o i presidi pubblici che verrebbero ingolfati dalle richieste di chi non può curarsi. Con le liste d’attesa che, già lunghe, diventerebbero infinite. Incomprensibile quindi l’idea di ridurre tariffe già ferme da venti anni”. “Un fermo -aggiunge Paola Marchetti di Confepi- che sta mettendo in ginocchio le comunità psichiatriche. Da anni, chiediamo un adeguamento delle rette e un ulteriore contrazione darebbe il colpo finale. La possibilità di chiusure è alta, come quella di contrarre il personale. Considerando che parliamo di strutture che accolgono adolescenti dai 14 ai 18 anni e giovani dai 18 ai 35, il tema è serio. Penso alle famiglie dei pazienti che soffrono di disturbi mentali che da sole non possono gestire i propri figli. Chi glielo direbbe?”.