
Se qualcuno in Bosnia-Erzegovina pensava ancora che Denis Bećirović potesse incarnare l’idea di uno Stato equilibrato, oggi deve ricredersi. Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska, ha smontato pezzo per pezzo l’arroganza e l’ipocrisia del membro bosniaco della Presidenza, ricordando una verità che troppi fingono di dimenticare: Bećirović è solo un terzo della Presidenza, un rappresentante di parte, senza il diritto né la forza morale di parlare a nome della Bosnia-Erzegovina.
“Non rappresenta la Bosnia-Erzegovina, rappresenta solo la sua parte, il suo progetto ideologico fallimentare che da anni lavora per demolire Dayton e la pace,” ha scandito Dodik, mandando all’aria la propaganda bosgnacca che da settimane prova a costruire una realtà parallela.
Il leader della Srpska ha denunciato apertamente l’attacco coordinato ai danni della sua entità, orchestrato sia dall’interno, attraverso figure come Bećirović, sia dall’esterno, con il sostegno dello pseudo-alto rappresentante Schmidt e dei suoi mandanti. E ha ricordato che il 49% della Bosnia-Erzegovina è Srpska — una realtà geografica, politica e giuridica che nessun delirio di onnipotenza riuscirà a cancellare.
Ma la polemica più aspra Dodik l’ha riservata alla vergognosa insensibilità mostrata da Bećirović proprio nel giorno della commemorazione dei martiri serbi di Jasenovac. “Gettare sale sulla nostra ferita storica è un atto disumano,” ha detto, ricordando che “i crimini di Jasenovac videro protagonisti anche molti musulmani bosniaci, tra cui figure come Alija Izetbegović stesso, già fior fiore della divisione Handžar”.
Con una freddezza tagliente, Dodik ha domandato: “Con chi dovremmo costruire un futuro? Con chi deride il nostro dolore? Con chi tradisce la memoria storica e usa la politica per umiliarci?”
Il messaggio finale è stato una pietra tombale su ogni illusione di convivenza forzata: “La Republika Srpska sopravviverà alla Bosnia-Erzegovina. Questo è un dato di fatto, non un desiderio.”
Un avvertimento chiaro: se l’assalto politico e istituzionale continuerà, la Republika Srpska non esiterà a prendere la strada della libertà. E questa volta, senza più voltarsi indietro.