
Egregio Direttore,
gira da qualche giorno nelle chat degli affiliati al Grande Oriente d’Italia, in particolare nelle Calabrie, un documento qualificato come “estratto dell’esposto presentato alla Prefettura di Roma da Leo Taroni contro la Fondazione G.O.I.”.
Siamo di fronte a un’operazione distorsiva e strumentale.
La manina artefice della diffusione di tale “estratto” ha pensato bene di riempirlo di omissis e mutilazioni tali da renderlo pressoché illeggibile e, soprattutto, piegato al proprio uso e consumo. Il fine? L’ennesima tavola di accusa nei confronti di un Fratello del GOI: Leo Taroni.
Andiamo con ordine.
Il buon Leo, che tutto è tranne che un tecnico del diritto (al contrario di chi, nel GOI, è solito redigere e firmare accuse ben più raffinate), non è certo uno sprovveduto. Dopo l’Ordinanza del dott. Manzi ha semplicemente chiesto di sapere chi fosse, formalmente, il Presidente della Fondazione.
Si è rivolto alla Prefettura di Roma – Sezione Persone Giuridiche – per conoscere la situazione.
E lì… l’è cascato l’asino.
Alla data del 21 novembre 2024, ben oltre il decreto di prorogatio imperii, risultava ancora formalmente Presidente della Fondazione il sig. Seminario, che però era stato sospeso dall’incarico dalla nota Ordinanza del dott. Manzi.
Poiché la Prefettura aveva messo a disposizione il fascicolo completo della Fondazione, l’incaricato di Taroni – un umile ma diligente “azzeccagarbugli” di provincia – ha dato un’occhiata ai documenti.
E, con l’occhio da “massaia” abituata a far di conto, ha subito notato che qualcosa non tornava.
Tra le carte spuntava un verbale del Consiglio di Fondazione del 29 aprile 2024. In esso, su richiesta dello stesso Seminario, si conferiva al Presidente “la autorizzazione a stipulare in nome e per conto della Fondazione qualsiasi atto di ordinaria e straordinaria amministrazione, con relativo potere di firma”. Nessuno del Consiglio oppose nulla. Tutti zitti. Tutti acquiescenti. O peggio: prostrati.
Ma non finisce qui.
La Prefettura aveva anche inviato due PEC alla Fondazione, rilevando che – pur redigendo i bilanci secondo il D.Lgs. 117/2017 – la Fondazione non risultava iscritta presso il RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), la cui operatività decorre dal 23 novembre 2021.
Riportiamo il passaggio cruciale:
“Deve ritenersi che, a decorrere da tale data, codesto Ente avrebbe già dovuto provvedere all’iscrizione nel relativo Registro. Si invita, pertanto, codesta Fondazione a provvedere a tale adempimento ovvero, qualora non intenda più procedere all’iscrizione ai sensi del D.Lgs. 117/2017, a modificare l’atto costitutivo, eliminando ogni richiamo alle disposizioni del Codice del Terzo Settore…”
A nessuna delle due PEC è stato dato riscontro.
La Fondazione ha continuato ad operare – dal 23 novembre 2021 in poi – in violazione di legge, continuando ad applicare il regime previsto dal Codice del Terzo Settore, senza mai effettuare l’iscrizione obbligatoria nel RUNTS. Il tutto con l’avallo silente (o la subordinazione?) dell’Organo di Controllo.
Il povero “azzeccagarbugli” faticava a credere a quanto stava leggendo. Possibile che una Fondazione che fa capo al GOI – che proclama di costruire il futuro dell’Umanità – operi in simile modo?
Anche i funzionari della Prefettura, pur mantenendo sobrietà istituzionale, lasciavano trapelare perplessità. Uno di loro si lasciò sfuggire che quella Fondazione “gli era sempre sembrata un po’ strana”, con “tanti soldi che girano, entrano, escono… ma non si capisce bene da dove arrivino”.
Su consiglio di detti funzionari, fu redatta e depositata una “istanza-relazione”, non un esposto.
Il termine “esposto”, caro collega, è tecnicamente altro. E verrà eventualmente prodotto nelle sedi competenti, se necessario.
A seguito di tale istanza, la Prefettura ha posto la Fondazione sotto verifica, con la nomina di un Prefetto ad hoc che sta analizzando dettagliatamente l’operato del gruppo dirigente.
Ma tutto questo non lo si racconta nelle chat.
Meglio costruire narrazioni ad uso delle “truppe cammellate”, nascondendo i fatti reali.
Eppure, a seguito di quella relazione, c’è stata una corsa contro il tempo per depositare documenti che, fino ad allora, non erano mai stati prodotti.
A queste domande dovrebbe rispondere chi oggi siede sullo scranno più alto del GOI.
Questa è la realtà. E, come sempre, quando si tocca un nervo scoperto, la reazione non si fa attendere.
Come direbbe il Bardo:
“V’è qualcosa di marcio in Danimarca”.
Amleto muore, sì.
Ma Fortebraccio diventa Re.
Caro Stefano, ricordati:
Siamo cresciuti mangiando la stessa verbena e lo stesso tufo.
Siamo ruvidi.
Con osservanza,
Lettera firmata