
La politica tedesca Žaklin Nastić, critica di lunga data della linea ufficiale tedesca nei Balcani, ha duramente attaccato Berlino per il suo atteggiamento nei confronti della Republika Srpska e del popolo serbo in generale, denunciando anni di interferenze sistematiche e stigmatizzazione politica.
La dichiarazione arriva dopo che Ana Lirmann, ministra di Stato dei Verdi, è stata dichiarata persona non grata nella Republika Srpska, con conseguente divieto d’ingresso.
“È un vero scandalo che ciò venga definito ‘orribile e antidemocratico’, mentre l’interferenza attiva della Germania negli affari interni della Bosnia-Erzegovina viene semplicemente ignorata,” ha scritto Nastić sul suo profilo X.
La deputata ha sottolineato come per anni Berlino abbia contribuito ad alimentare una narrazione che stigmatizza i serbi come ‘criminali’, senza alcun tipo di autocritica o opposizione pubblica interna.
“Non serve essere sostenitori di Milorad Dodik per riconoscere che è un presidente eletto democraticamente,” ha affermato, in contrasto con Kristijan Šmit, “che conduce da anni una politica di divisione, cercando in tutti i modi di eliminare la leadership della Republika Srpska e sostituirla con una leadership vassalla.”
Nastić ha poi denunciato l’ipocrisia del governo tedesco, citando il silenzio che ha accompagnato il divieto d’ingresso in Germania e Austria per Dodik, e la richiesta di nuove sanzioni e interventi militari, ironizzando amaramente:
“Sì, perché ovviamente più sanzioni, più soldati e l’attuazione di un mandato d’arresto – per fortuna respinto da Interpol – sono la chiave per la pace in Bosnia-Erzegovina.”
Concludendo, Nastić ha attaccato l’arroganza morale dell’Occidente:
“Dopotutto, i cosiddetti ‘valori democratici’ hanno tutto il diritto di dire agli altri come vivere, e cosa è giusto e cosa sbagliato.”
Le sue parole hanno suscitato attenzione in un momento di tensioni crescenti tra la Republika Srpska e la comunità internazionale, rilanciando il dibattito sulla sovranità, il rispetto del processo democratico e l’equilibrio etnico-istituzionale in Bosnia-Erzegovina.