
(AGENPARL) – Fri 28 March 2025 di stabilità
finanziaria
e vigilanza
N. 45
Marzo 2025
Sommario
1. Introduzione
e principali conclusioni …………. 1
2. Rischio di transizione
dei prestiti garantiti
da beni immobili
connesso ai
cambiamenti climatici…………… 3
3. Rischio di transizione
del banking-book
connesso ai
cambiamenti climatici…………… 5
4. Rischio fisico
del banking-book………………………..6
5. Prime evidenze sul GAR
e possibili miglioramenti……….. 6
I contributi pubblicati nella serie
“Note di stabilità finanziaria
e vigilanza” riflettono le opinioni
degli autori e non impegnano
la responsabilità della
Banca d’Italia
Grafica a cura
della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia
ISSN 2284-4198 (online)
Analisi delle disclosure ESG
di un campione di banche italiane
ed europee
T. Loizzo, R. Parrella, V. Riccardi e F. Schimperna*
1. Introduzione e principali conclusioni1
La disciplina europea dei fattori Environmental, Social,
Governance (ESG), in particolare di quelli climatici e ambientali,
ha subito negli ultimi anni un processo di profonda e rapida
evoluzione, sulla base di quanto previsto dal Piano di azione
della Commissione europea in materia di finanza sostenibile2.
La rafforzata consapevolezza delle autorità circa gli impatti
della transizione climatica sulla società e sull’economia dell’UE
ha portato all’introduzione di un set articolato di misure
legislative, volte innanzitutto a facilitare la condivisione di dati
e informazioni su tali rischi, così da facilitarne la misurazione
e la relativa gestione.
In tale ambito, anche le autorità di vigilanza bancaria e
finanziaria hanno progressivamente intensificato l’azione volta
a valutare il grado di integrazione dei rischi ESG nei processi
aziendali degli intermediari vigilati. A livello nazionale, la Banca
d’Italia – oltre a definire specifici piani di azione con riferimento
ai singoli intermediari, bancari e non bancari – ha condotto
specifiche analisi sulle prime informative pubblicate dalle
banche sugli impatti dei rischi ESG. Nel dicembre del 2023
sono state pubblicate le principali risultanze dell’analisi
degli impatti contabili e delle disclosure dei rischi ESG per un
Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria.
Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni degli autori e non impegna la
responsabilità della Banca d’Italia. Si ringraziano P. Angelini, L. Bianchi, F. Cannata,
I. Faiella, P. Gugliotta, V. Lionetti, B. Mastroianni e A. Schifino per il supporto e gli
utili commenti ricevuti a una prima versione del testo.
Cfr. Commissione europea (2018). Piano d’azione per finanziare la crescita
sostenibile.
campione di banche italiane ed europee3. Il presente documento aggiorna tali analisi
con i dati pubblicati nel 2024 dal medesimo campione di banche: 12 banche significative
italiane e 11 banche significative europee, con riferimento alle disclosure ESG di Terzo
Pilastro, e 29 banche italiane con riferimento alle dichiarazioni non finanziarie (DNF)4.
Si riportano di seguito i principali risultati:
Rischio di transizione dei prestiti garantiti da beni immobili connesso ai cambiamenti
climatici
Trova conferma una diffusa difficoltà della maggior parte delle banche, sia italiane
sia europee, a reperire informazioni ESG sulle controparti affidate, in molti casi
dovuta a difficoltà nell’accesso a database pubblici contenenti i dati sui consumi
energetici di imprese e famiglie.
Per le banche italiane si riscontra, tuttavia, un graduale miglioramento nel
reperimento e nell’elaborazione di dati e informazioni di adeguata qualità, a
testimonianza di una maggiore capacità rispetto all’anno precedente di misurare
il rischio di transizione per la quota parte connessa alle garanzie immobiliari:
la percentuale media degli immobili commerciali e residenziali sprovvisti di alcun
tipo di dato (reale o stimato) sui consumi energetici si è infatti ridotta dal 25% al
16%, attestandosi sui livelli delle principali banche europee.
Rischio di transizione del banking-book connesso ai cambiamenti climatici
Il peso delle esposizioni della generalità delle banche, europee ed italiane, verso
imprese non finanziarie operanti nei settori definiti come “highly contributing
to climate change” si conferma elevato, in linea con i valori dell’anno precedente.
Continuano, tuttavia, a essere poco robuste le evidenze disponibili sulla rischiosità
delle esposizioni creditizie verso questi settori. Se da un lato si osserva per tali settori
una maggiore incidenza delle esposizioni classificate in stage 2 e non-performing,
dall’altro non si può escludere a priori che tale evidenza derivi da fattori idiosincratici,
quali il maggiore profilo di rischio delle controparti operanti in tali settori, ovvero
dall’incorporazione dei rischi climatici ai fini della determinazione delle perdite
attese e dello staging IFRS 9. A titolo di esempio, tra i settori classificati come “highly
contributing to climate change” figurano settori economici quali la manifattura, le
costruzioni, le attività immobiliari, l’agricoltura e i servizi di alloggio e di ristorazione,
che negli ultimi anni sono stati considerati particolarmente sensibili a rischi connessi
allo scenario macro-economico caratterizzato dall’incremento dell’inflazione e dagli
elevati tassi di interesse nel periodo 2022-2023. Simmetricamente, tra gli esclusi
da questo gruppo figurano prevalentemente settori della categoria dei servizi, che,
come noto, stanno registrando una performance migliore rispetto agli altri.
Cfr. Banca d’Italia (2023). Impatti contabili dei rischi climatici e ricognizione delle disclosure ESG.
Rispetto all’analisi dell’anno precedente, è stata eliminata dal campione una Less Significant Institution (LSI) non più
obbligata alla redazione della DNF, poiché entrata a far parte di un gruppo bancario. Il campione delle 29 banche italiane
relativo alla DNF comprende anche le 12 banche significative italiane.
Prime evidenze sulle banche italiane.
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Note di stabilità finanziaria e vigilanza N. 45 – Marzo 2025
Rischio fisico del banking-book
Le esposizioni soggette al rischio fisico (cronico e acuto) rappresentano una
percentuale non trascurabile del portafoglio finanziamenti sia delle banche italiane
(16,6%) sia di quelle europee (18,1%). Tra i settori maggiormente esposti al rischio
fisico figurano l’agricoltura, le costruzioni e la manifattura per le banche italiane e
l’agricoltura, l’estrazione mineraria e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore
e aria condizionata per le banche europee. Analogamente ai rischi di transizione,
anche sugli impatti del rischio fisico non emergono ancora evidenze significative
sul calcolo delle perdite attese.
Prime evidenze sul Green Asset Ratio (GAR)
volta evidenze anche sul cd. Green Asset Ratio (GAR), indicatore introdotto nella
Tassonomia UE e poi incorporato anche nella disciplina EBA sull’informativa di Terzo
Pilastro. Obiettivo dell’indicatore è fornire una metrica di sintesi del rapporto tra gli
attivi che finanziano attività allineate alla Tassonomia e le attività totali in bilancio.
I primi dati raccolti suggeriscono che sussistono margini di miglioramento nella
costruzione del GAR. Le modalità di calcolo dell’indicatore, assieme all’attuale
incompletezza del framework sulla Tassonomia, contribuiscono infatti a produrre
valori bassissimi dell’indicatore, sia per le banche italiane (1,68%) sia per quelle
europee (2,61%)5. Ciò, assieme a problemi più concettuali, alimenta dubbi
sull’effettivo valore informativo dell’indicatore.
Anche in relazione a ciò, oltre che nell’ambito della più ampia discussione in corso
nel contesto europeo sulla possibile razionalizzazione della disciplina in materia
ESG, sono in corso riflessioni per introdurre modifiche alle metriche di riferimento.
Il necessario miglioramento del valore informativo del GAR potrebbe ad esempio
essere perseguito lavorando all’estensione del framework della Tassonomia anche per
quei settori economici da questo attualmente esclusi, nonché rivedendo le modalità
di calcolo dell’indicatore, rendendo l’informazione fornita più efficace in merito al
supporto delle banche alla transizione climatica. Anche la considerazione di altre
metriche, ad esempio quelle già previste su basi facoltative (es. Banking Book Taxonomy
Alignment Ratio – BTAR), potrebbe essere di aiuto nella medesima direzione.
2. Rischio di transizione dei prestiti garantiti da beni immobili connesso ai
cambiamenti climatici
Le analisi dei dati di Terzo Pilastro confermano la difficoltà della maggior parte delle
banche a reperire informazioni ESG di qualità sulle controparti affidate, già emersa
dalle analisi delle disclosure ESG al 31 dicembre 2022. Nonostante ciò, rispetto ai dati
2022, si registra per le banche italiane un graduale miglioramento, sia per il settore
commerciale sia per il settore residenziale, nella capacità di misurare il rischio di
Tali valori fanno riferimento alle sole banche significative e sono forniti nella versione basata sul fatturato (cfr. par. 5).
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transizione per la quota parte connessa alle garanzie immobiliari: la percentuale media
di immobili commerciali e residenziali sprovvisti di alcun tipo di dato sui consumi
energetici risulta in diminuzione, dal 25% a circa il 16%, raggiungendo così i livelli delle
principali banche europee.
Il data gap continua a riflettere anche le difficoltà di accesso a database pubblici (es. SIAPE,
ARERA, ENEA) contenenti i dati sui consumi energetici di imprese e famiglie. Tra le
principali difficoltà, si riscontrano problemi legati al rispetto della normativa sulla
privacy e vincoli di riservatezza6 7. Confrontando il campione delle banche italiane con
quello delle banche europee, in linea con i dati dell’anno precedente, si evidenzia, per le
banche italiane, una percentuale più bassa di garanzie immobiliari con dati sui consumi
energetici certificati dagli attestati di prestazione energetica (APE) sia nel settore
commerciale (10,5% IT vs 17,5% UE) sia in quello residenziale (29,0% IT vs 40,8% UE)
(Figura 1). A livello più aggregato, le percentuali di garanzie immobiliari (residenziali
Figura 1: Distribuzione dell’efficienza energetica degli immobili commerciali e residenziali –
SIs ITA e campione SIs UE
Fonte: elaborazione basata sui dati di Terzo Pilastro delle banche del campione italiano ed europeo.
Cfr. P. Angelini (2023). Le PMI e la transizione climatica e ambientale e P. Angelini (2022). I rischi finanziari
posti dai cambiamenti climatici: carenze informative e piani di transizione.
Sul punto, sono in corso le attività del Gruppo di Lavoro “Miglioramento accesso ai dati sui rischi climatici e
ambientali”, nell’ambito dei lavori del Tavolo per la finanza sostenibile promosso dal MEF, con l’obiettivo di
creare le condizioni per un accesso più efficiente ed esteso alle basi dati pubbliche. Cfr. Tavolo per la Finanza
Sostenibile Relazione annuale delle attività – 2023.
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e commerciali) per le quali sono disponibili gli APE sono rispettivamente 24,4% per il
campione di banche italiane e 36,4% per il campione UE8.
Al contempo, le banche italiane ricorrono a valori stimati più frequentemente di quelle
europee, con la differenza più marcata nel settore residenziale, dove il 62% delle proprietà
italiane presenta dati di stima, rispetto al 46,8% dell’UE9 (Figura 1). A livello aggregato la
percentuale di immobili con classe energetica stimata è pari rispettivamente al 59,9% per
le banche italiane vs il 47,8% per il campione UE10. Inoltre, per l’Italia, si evince un peso
maggiore di immobili sprovvisti di alcun tipo di dato sui consumi energetici relativamente
al settore commerciale (36,1% IT vs 30,4% UE), mentre per il settore residenziale è il
campione UE ad avere una percentuale maggiore (8,9% IT vs 12,5% UE).
3. Rischio di transizione del banking-book connesso ai cambiamenti climatici
Le Significant Institutions (SIs) italiane e il campione delle SIs europee presentano
rispettivamente l’83,6% e il 62,7% delle esposizioni verso non-financial corporate operanti
nei settori definiti come “highly contributing to climate change”11, ossia quei settori che
contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico e che, quindi, necessitano
maggiormente di investimenti per la realizzazione della transizione climatica. I
valori, anche in questo caso, sono sostanzialmente in linea con quelli riscontrati nelle
analisi precedenti, a conferma del ruolo centrale delle banche italiane nel finanziare la
transizione climatica delle imprese affidate operanti in tali settori.
I settori che contribuiscono ampiamente al cambiamento climatico presentano, sia a livello
nazionale sia europeo, un peso delle esposizioni classificate in stage 2 e non‑performing in
generale più alto rispetto ai restanti settori economici12. Tuttavia, non si può escludere a
priori che tale evidenza derivi da fattori idiosincratici, quali il maggiore profilo di rischio
delle controparti operanti in tali settori, piuttosto che dall’incorporazione dei rischi
climatici ai fini della determinazione delle perdite attese e dello staging IFRS 9. A titolo
di esempio, tra i settori classificati come “highly contributing to climate change” figurano
settori economici quali le costruzioni, le attività immobiliari, l’agricoltura e i servizi di
alloggio e di ristorazione, che negli ultimi anni sono stati considerati particolarmente
sensibili a rischi connessi allo scenario macro-economico caratterizzato dall’incremento
dell’inflazione e dagli elevati tassi di interesse nel periodo 2022-2023.
Per l’anno precedente, la percentuale di immobili a garanzia per i quali era disponibile l’APE era rispettivamente 17% per
il campione IT e 32% per il campione UE.
Per il settore commerciale, invece, il 53,4% delle proprietà italiane presenta dati di stima, rispetto al 52,1% dell’UE.
Per l’anno precedente, la percentuale di immobili a garanzia per i quali la classe energetica veniva stimata era
rispettivamente il 58% per il campione IT e 52% per il campione UE.
Trattasi dei seguenti settori: A – Agriculture, forestry and fishing; B – Mining and quarrying; C – Manufacturing; D – Electricity,
gas, steam and air conditioning supply; E – Water supply; sewerage, waste management and remediation activities; F Construction; G – Wholesale and retail trade; repair of motor vehicles and motorcycles; H – Transportation and storage; L – Real
estate activities. Oltre a questi, l’EBA ITS per la disclosure di Terzo Pilastro sui rischi ESG prevede l’aggiunta del settore
I – Accommodation and food service activities.
Per le banche italiane i settori che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico presentano una media di
esposizioni in stage 2 e non-performing (14,9% e 4%) superiore rispetto alle esposizioni verso gli altri settori economici
(14,6% e 2,9%). A livello europeo il trend è confermato, in quanto la percentuale di crediti in stage 2 si attesta al 12,3%
vs il 10,2%, mentre i non-performing si attestano al 3,5% vs il 3,1%.
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Inoltre, dall’analisi dei livelli di coverage non emergono evidenze univoche: mentre il grado
di copertura dei settori “highly contributing to climate change” è sia a livello italiano sia UE
più alto rispetto a quello dei restanti settori economici per le esposizioni non‑performing13,
per le posizioni in stage 2 i livelli di copertura sono più alti solo le banche italiane14.
4. Rischio fisico del banking-book
Per le banche italiane, le esposizioni soggette al rischio fisico cronico15 sono il 3,7% delle
esposizioni complessive, al rischio fisico acuto16 il 10,4% e ad entrambi i rischi il 2,5%;
i dati medi per le banche europee sono rispettivamente 7,8%, 6,7% e 3,6%. A livello
aggregato (cronico e acuto) le esposizioni soggette a rischio fisico rappresentano una
percentuale non trascurabile del portafoglio finanziamenti, pari rispettivamente al
16,6% e al 18,1% per le banche italiane ed europee. Tra i settori maggiormente esposti
al rischio fisico figurano l’agricoltura, le costruzioni e la manifattura per le banche
italiane e l’agricoltura, l’estrazione mineraria e la fornitura di energia elettrica, gas,
vapore e aria condizionata per le banche europee.
In merito agli impatti del rischio fisico sulla classificazione per stadio di rischio, non
sono emerse indicazioni specifiche. Per le banche italiane le esposizioni soggette a tale
rischio presentano una percentuale di posizioni classificate a stage 2 e non‑performing
solo di poco superiore a quella del totale delle esposizioni; a livello europeo, si riscontra
una maggiore incidenza solo sulla classificazione a non‑performing. In nessun caso,
invece, il rischio fisico sembra avere un impatto significativo sul livello di coverage.
Anche per il rischio fisico e per i connessi impatti contabili, dunque, i risultati sono
sostanzialmente in linea a quelli derivanti dall’analisi dei dati al 31 dicembre 2022.
5. Prime evidenze sul GAR e possibili miglioramenti
Il Green Asset Ratio (GAR) misura, rispetto al totale attivo17, la percentuale di esposizioni
incluse nel portafoglio bancario che rispettano due requisiti: i) sono erogati verso le
imprese grandi oppure piccole e medie con titoli quotati che pubblicano la DNF ai sensi
Per le banche italiane i settori che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico presentano un coverage delle
esposizioni non-performing del 56,2%, rispetto al 50,5% relativo alle esposizioni verso gli altri settori economici. A livello
europeo, il coverage delle esposizioni non-performing dei settori che contribuiscono maggiormente al cambiamento
climatico è pari al 41,6%, rispetto al 39,8% relativo alle esposizioni verso gli altri settori economici.
Per le banche italiane i settori che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico presentano un coverage
delle esposizioni in stage 2 del 5,2%, rispetto al 3,5% relativo alle esposizioni verso gli altri settori economici. A livello
europeo, il coverage delle esposizioni in stage 2 dei settori che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico è
pari al 3,1%, rispetto al 3,7% relativo alle esposizioni verso gli altri settori economici.
Gli “Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario: Integrazione concernente la
comunicazione di informazioni relative al clima” della Commissione europea (2019) definiscono i rischi fisici cronici come
rischi “che derivano da mutamenti climatici a più lungo termine, come i cambiamenti di temperatura, l’innalzamento del livello del
mare, la minore disponibilità di acqua, la perdita di biodiversità e i cambiamenti nei terreni e nella produttività del suolo”.
Gli “Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario: Integrazione concernente la
comunicazione di informazioni relative al clima” della Commissione europea (2019) definiscono i rischi fisici acuti come
rischi “che emergono da particolari fenomeni, soprattutto meteorologici, quali tempeste, inondazioni, incendi o ondate di calore,
che possono danneggiare gli impianti di produzione e interrompere le catene del valore”.
Al netto delle esposizioni verso amministrazioni centrali, banche centrali e del trading book.
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della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)18, oppure verso famiglie ed enti
locali, e ii) finanziano attività “allineate” ai sensi del Taxonomy Regulation19.
Sulla base dei dati al 31 dicembre 2023, il valore dell’indicatore risulta molto contenuto,
sia per le banche italiane significative sia per quelle europee (rispettivamente pari a 1,68%
e 2,61%20); valori ancora più bassi si riscontrano per il campione delle Less Significant
Institutions (LSIs) italiane ricompreso nell’analisi delle DNF: 0,84% (Figura 2). Ciò riflette
innanzitutto le modalità di calcolo del GAR, in particolare l’esclusione dal numeratore delle
imprese non soggette agli obblighi di disclosure ESG (i.e. PMI e microimprese), l’incoerenza
tra numeratore e denominatore e l’incompletezza del framework della Tassonomia.
Figura 2: Confronto del GAR tra LSIs e SIs italiane
2,09%
1,04%
1,68%
0,84%
Less Significant
Institutions
Significant
Institutions
GAR Turnover
GAR Capex
Fonte: elaborazione basata sui dati di Terzo Pilastro e delle DNF delle banche italiane del campione.
Con specifico riferimento alla Tassonomia, infatti, va ricordato come essa, ad oggi, copra
solo una parte dei settori economici in cui operano le imprese non finanziarie, mentre
alcuni settori sono completamente non ricompresi. Inoltre, anche per i settori economici
attualmente inclusi nel framework sulla Tassonomia, non per tutte le sotto‑attività
economiche sono previsti criteri tecnici che consentono alle imprese di valutare con
completezza il grado di allineamento del loro modello di business. Ciò comporta che,
come mostrato nella Figura 3, per molti settori economici, il grado di allineamento alla
Rientrano nell’ambito di applicazione della CSRD i) tutte le “grandi imprese”, ossia società che superano due su tre dei
seguenti criteri: un totale di bilancio di 25 milioni di euro; un fatturato netto di 50 milioni di euro; un numero medio di
dipendenti durante l’anno finanziario di 250; e ii) le PMI quotate.
Un’attività è “allineata” ai sensi del Taxonomy Regulation se: i) contribuisce in modo sostanziale ad almeno uno dei
sei obiettivi ambientali definiti nel Regolamento; ii) non causa un danno significativo a nessuno degli altri obiettivi
ambientali (Do No Significant Harm, DNSH); iii) rispetta le garanzie minime di salvaguardia sociale (diritti umani e del
lavoro come da principi guida e convenzioni internazionali ONU); iv) è conforme ai criteri di vaglio tecnico (technical
screening criteria, TSC) pubblicati dalla Commissione europea per ciascun obiettivo.
Valori calcolati con riferimento alla versione basata sul fatturato (turnover based). Si precisa che nella DNF deve essere
riportato anche il GAR calcolato sulle spese in conto capitale (capex based).
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Tassonomia è quasi nullo o, in generale, molto basso (sia per il campione europeo sia
per quello italiano).
Figura 3: Allineamento dei singoli settori economici al Taxonomy Regulation:
SIs ITA vs SIs UE
Fonte: elaborazione basata sui dati di Terzo Pilastro del campione italiano ed europeo.
Alla luce di quanto precede, in sede europea – a partire dai lavori per la predisposizione
di una disciplina “Omnibus”21 in materia di rischi climatici – sono in corso riflessioni
sull’opportunità e sulla fattibilità di affiancare al GAR altre metriche in grado di meglio
riflettere l’effettivo allineamento dei portafogli bancari agli obiettivi di sostenibilità.
Una prima possibilità potrebbe essere quella di prevedere un GAR “adjusted”, costruito
con un denominatore più coerente con l’attuale numeratore, che escluderebbe
quindi tutti i finanziamenti verso quelle controparti non ricomprese nel numeratore
(i.e. finanziamenti verso le PMI, Titoli di Stato, derivati, immobilizzazioni materiali
e immateriali)22. Tale metrica consentirebbe pertanto di apprezzare in modo più
immediato e completo il contributo in termini di finanziamenti che le banche danno
alla transizione climatica sia verso le imprese quotate e di grandi dimensioni soggette
agli obblighi di disclosure sia verso le famiglie.
Una seconda possibilità è fornita dal cd. Banking Book Taxonomy Alignment Ratio
(BTAR), previsto – su base volontaria – dal framework EBA sulla disclosure di Terzo
Pilastro. A differenza del GAR, esso prevede al numeratore anche i finanziamenti
ritenuti allineati alla Tassonomia verso imprese non soggette agli obblighi di disclosure
Il 26 febbraio 2025 la Commissione europea ha pubblicato una prima proposta di regolamentazione Omnibus in
merito alle discipline della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), del Regolamento Tassonomia e della
Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), con l’obiettivo di ridurre il regulatory burden per gli operatori,
semplificando l’attuale quadro normativo.
Tra gli aspetti inclusi nella proposta Omnibus è presente la modifica – posta in pubblica consultazione – del Regolamento
Delegato 2021/2178, che prevede l’esclusione dal denominatore del GAR delle esposizioni verso i soggetti esclusi
dall’obbligo di predisposizione della dichiarazione non finanziaria ai sensi della CSRD. Tale proposta di modifica del GAR
renderebbe il suo numeratore maggiormente coerente con il denominatore.
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(i.e. PMI e microimprese), che, sulla base di stime interne, rappresentano per le banche
italiane più dell’80% del portafoglio bancario23. La disciplina dell’EBA consente peraltro
di utilizzare proxy e informazioni raccolte bilateralmente dalle controparti.
Inoltre, affinché tali metriche abbiano un efficace valore informativo, è necessario
agire quanto prima in merito al completamento del framework sulla Tassonomia,
ricomprendendo anche le attività economiche attualmente non considerate. Difatti,
l’attuale esclusione di alcune attività economiche porta a considerare come “non
allineate alla Tassonomia” anche attività che in realtà risultano essere sostenibili o che
non contribuiscono negativamente alle problematiche ambientali. Di conseguenza,
l’attuale framework sulla Tassonomia non permette di cogliere in maniera precisa
l’effettivo contributo fornito alla salvaguardia dell’ambiente e alla transizione climatica.
Stime basate su dati forniti dalla Centrale dei Rischi sulla composizione del portafoglio bancario delle imprese.
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