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La sentenza n. 6169/2023, depositata il 14 febbraio 2023 dalla Suprema Corte di Cassazione – sezione terza penale, affronta un tema di particolare rilevanza in materia di responsabilità penale del legale rappresentante di una società fallita, rinviato a giudizio per il reato previsto e punito dall’art. 10 bis del d.lgs. n. 74/2000.
Tale disposizione punisce con la reclusione da sei mesi a due anni il contribuente che ometta di versare, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
Il caso di specie
Nel caso in esame, l’imputazione riguardava gli anni 2013 e 2014. Per l’anno 2014, il termine di legge per il versamento scadeva il 31 luglio 2015, data in cui la società era già stata dichiarata fallita (29 dicembre 2014).
La Corte di Appello di Torino aveva riformato la sentenza di condanna di primo grado limitatamente alla pena inflitta per intervenuta prescrizione dell’illecito fiscale relativo all’anno 2013, confermando invece la responsabilità penale per l’anno 2014. Tuttavia, la difesa dell’imputato aveva presentato ricorso per cassazione, sostenendo che il reato non poteva essere attribuito al legale rappresentante, poiché alla data di consumazione dello stesso la gestione della società era già passata al curatore fallimentare.
La decisione della Suprema Corte
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata e stabilendo che l’imputato non aveva commesso il fatto contestatogli.
Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha ribadito che il reato di omesso versamento delle ritenute certificate si consuma alla scadenza del termine per la dichiarazione annuale (Sez. U, n. 37425 del 28/03/2013, dep. 12/09/2013, Favellato, Rv. 255759). Tuttavia, ha sottolineato che in caso di dichiarazione di fallimento avvenuta prima di tale termine, la responsabilità fiscale e tributaria si trasferisce al curatore fallimentare, in quanto l’apertura della procedura concorsuale comporta lo spossessamento dei beni e la gestione delle obbligazioni fiscali da parte della curatela.
Estratto della motivazione della sentenza:
“Nel caso in esame, risulta che la dichiarazione del fallimento era intervenuta in data 29/12/2014 e, dunque, in epoca precedente alla scadenza del termine per il versamento delle imposte, al 31 luglio 2015. In tale situazione, il soggetto tenuto ad adempiere all’obbligo di versamento non può più identificarsi nel precedente legale rappresentante della società. L’apertura della procedura fallimentare determina lo spossessamento dei beni con conseguente passaggio della gestione sociale in capo al curatore, secondo le disposizioni in vigore all’epoca (R.D. n. 267 del 1942).
Curatore del fallimento che, quale sostituto di imposta, è tenuto agli adempimenti fiscali (effettuazione ritenute, presentazione Modello 770 e versamento delle ritenute in presenza di attivo, diversamente il debito fiscale assumerà la natura di debito concorsuale).”
La sentenza n. 6169/2023 segna un importante chiarimento in materia di responsabilità penale per il reato di omesso versamento delle ritenute certificate. Qualora il fallimento della società intervenga prima della scadenza del termine per il versamento, il soggetto obbligato all’adempimento diviene il curatore fallimentare, escludendo così la responsabilità del precedente legale rappresentante.
Questa decisione si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale volto a garantire una corretta applicazione delle norme penali tributarie, evitando di sanzionare soggetti che, al momento della consumazione del reato, non avevano più il controllo sulla gestione societaria e sugli obblighi fiscali.