(AGENPARL) – ven 06 dicembre 2024 Al convegno organizzato in LEF su reshoring e friendshoring alcuni spunti su come trasformare l’incertezza in opportunità con tecnologie e modelli innovativi | Farioli (McKinsey): La supply chain non è più una funzione marginale ma deve diventare centrale nella governance aziendale | Marchetti (Oracle): Non si tratta più solo di fare prodotti innovativi ma di costruire modelli di relazione che guardino oltre il contingente, interpretando le nuove dinamiche dell’economia globale.
Pordenone, 6 dicembre 2024 – Le strategie di reshoring e friendshoring stanno ridefinendo gli equilibri della produzione industriale. Non potrebbe essere diversamente considerati gli stormi di «cigni neri» che sorvolano minacciosi i cieli di mezzo mondo. Di qui la necessità delle aziende di rivalutare le strategie di localizzazione produttiva cercando un equilibrio tra efficienza economica, sicurezza degli approvvigionamenti e sostenibilità. Di questo si è autorevolmente discusso questa mattina alla LEF, l’azienda digitale modello fondata da Confindustria Alto Adriatico e McKinsey & Company agli “Operations Summit”, il tradizionale appuntamento che ogni anno fotografa il presente provando a descrivere il futuro della manifattura.
Secondo Sergio Farioli, Partner McKinsey & Company, l’elevata interconnessione mondiale genera complessità e instabilità e il celebre effetto farfalla – capace di innescare conseguenze a catena su scala mondiale – si è moltiplicato. «La pandemia – ha detto – ha evidenziato i limiti delle strategie di accumulo delle scorte, rivelatesi economicamente insostenibili e destabilizzanti per le supply chain. Le imprese stanno ripensando radicalmente i propri modelli operativi muovendosi su quattro direttrici principali: riduzione delle scorte, diversificazione delle fonti di approvvigionamento, regionalizzazione delle catene produttive e sviluppo di modelli di nearsharing». Non vi è dubbio, per Farioli, che il digitale è l’elemento chiave per gestire questa complessità e l’integrated planning si configura come la nuova frontiera che superi le logiche dei singoli dipartimenti e proprio per questo le aziende più innovative stanno creando war room decisionali per integrare dati e prospettive di diversi attori della filiera. Ma non è un’impresa facile, come documenta un’indagine McKinsey i cui numeri sono eloquenti: l’87% delle aziende ha riscontrato criticità nella ridefinizione dei propri asset produttivi, il 94% sta affrontando sfide di pianificazione e il 90% sta investendo in digitalizzazione (quest’ultimo dato viene tuttavia interpretato criticamente: la vera sfida non è la digitalizzazione interna, ma l’integrazione ecosistemica). Per Farioli la conclusione è chiara: «La supply chain – ha detto ancora – non è più una funzione marginale, ma deve diventare centrale nella governance aziendale, serve un approccio agile con un mandato strategico di innovazione e digitalizzazione direttamente connesso al vertice dell’organizzazione e in grado di rispondere rapidamente ai cambiamenti globali».
Per Simone Marchetti, Business Development Director Oracle, non si tratta più solo di fare prodotti innovativi ma di costruire modelli di relazione che guardino oltre il contingente, interpretando le nuove dinamiche dell’economia globale. Il perché è restituito da numeri e fatti che sottolineano la radicale trasformazione dei mercati: «Il prezzo del cacao è aumentato del 358% in un anno, i costi logistici via mare del 150% negli ultimi quattro anni mentre il mercato europeo dell’auto elettrica ha perso l’11% in dodici mesi. Indicatori che testimoniano, per Marchetti, un’instabilità sistemica generata dall’intreccio di fattori climatici, geopolitici, tecnologici e demografici. La nuova geografia economica vede una profonda ridefinizione dei rapporti tra i tre macro-blocchi con la Cina che non è più percepita come un serbatoio di risorse infinite, semmai un attore strategico che ridisegna gli equilibri globali. Di qui la necessità di disporre di modelli di consumo e relazione con il cliente completamente rinnovati. «Oracle – ha spiegato Marchetti – propone un approccio basato su tre dimensioni chiave: competenze, cultura e tecnologia. L’obiettivo è sviluppare una capacità di resilienza attraverso l’integrazione di nuove tecnologie, un pensiero strategico di medio termine e un’attenzione crescente al risk management e alla sostenibilità. La tecnologia diventa l’abilitatore fondamentale per gestire questa complessità, con un focus particolare sulle operation e sulla supply chain, che devono essere sempre più integrate e strategiche. Le aziende devono superare l’approccio a silos, adottando piattaforme collaborative e dinamiche che consentano di trasformare l’attuale scenario VUCA (volatile, incerto, complesso, ambiguo) in opportunità di innovazione».
Alessandro Fontana, direttore del Centro Studi di Confindustria, ha spiegato che «nel contesto geopolitico globale attuale il commercio internazionale sta attraversando una fase di profonda trasformazione, caratterizzata da una progressiva riduzione dell’interdipendenza economica tra USA, Cina e UE. I segnali di disaccoppiamento si accompagnano a un rafforzamento delle connessioni tra paesi “amici” e a una crescente frammentazione degli scambi commerciali, con l’Organizzazione Mondiale del Commercio in una situazione di sostanziale stallo». Per Fontana «le catene globali del valore subiscono una significativa riconfigurazione, influenzate da tensioni geopolitiche, disrupzioni logistiche e fenomeni climatici estremi. Per le imprese italiane – ha detto – questo scenario si traduce in nuove sfide e opportunità: l’export nazionale, particolarmente esposto al mercato statunitense, sta sviluppando strategie di resilienza e diversificazione. Le filiere strategiche – dall’agroalimentare alla farmaceutica, dai mezzi di trasporto alle macchine industriali – stanno accelerando processi di backshoring e integrazione, favoriti dalla transizione verde e digitale. Le imprese che hanno già implementato tali strategie mostrano performance superiori in termini di export, produzione e fatturato». Per il Direttore del Centro Studi di Confindustria, infine, «in questo contesto di rapida evoluzione, caratterizzato da regionalizzazione e ridefinizione delle catene del valore, le imprese italiane sono chiamate a un adattamento strategico che valorizzi resilienza, innovazione e specificità delle filiere nazionali».
Davide Zardo, Presidente e Amministratore Delegato Schneider Electric ha evidenziato che un altro aspetto cruciale, ancora poco trattato, è quello della sostenibilità che non può più essere separata da una strategia di investimento industriale. La supply chain deve necessariamente includere la sostenibilità come parametro di riferimento, sebbene non sia l’unico. Zardo ha poi messo in luce l’importanza dei dati nella digitalizzazione, un elemento fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Senza un’adeguata infrastruttura per la gestione dei dati, ha spiegato, non è possibile immaginare un’intelligenza artificiale efficace. L’integrazione di tutti i sistemi, un tema già discusso in precedenza, risulta quindi essenziale. Negli ultimi anni, ha proseguito Zardo, l’instabilità globale ha modificato le logiche di investimento in molti paesi. La supply chain si è avvicinata ai clienti e alle zone di riferimento, ma è fondamentale mantenere una visione prospettica a medio e lungo termine. Investire nella sostenibilità, nella digitalizzazione e nell’elettrificazione è cruciale per gestire un percorso di decarbonizzazione che non può più essere trascurato.
Secondo Mauro Bandelli partner di Gen-USA «Le tensioni geopolitiche e i cambiamenti climatici stanno ridefinendo le catene di fornitura globali. Il reshoring e il friendshoring emergono come strategie chiave per le imprese che cercano di aumentare la resilienza e la sostenibilità delle loro operazioni. La regionalizzazione, la tecnologia e la sostenibilità saranno i fattori trainanti nei prossimi anni».
Per Gianni Frasson, General Manager Frasson e Rubbermac e Presidente Fondazione Sportsystem vi sono limiti oggettivi nel far rientrare la produzione in Europa. In primis c’è il tema cruciale della mancanza di giovani e manodopera, inoltre avremmo anche un tema di spazi. E allora credo che l’obiettivo più realistico che tutti dobbiamo porci, è quello certamente di cercare di riportare qualche decimo di punto percentuale di produzione in Europa, ma ancora di più di fermare questa emorragia produttiva. L’Europa non può privarsi del tutto della manifatturiera, che sia della moda, dell’automotive o di qualsiasi altro comparto, puntando solo sui servizi, perché questo si tradurrebbe in un deserto per lo sviluppo di nuove idee. Dobbiamo continuare a innovare e fare ricerca, ingegneri, chimici, designer a fianco di chi produce, perché per innovare bisogna anche produrre e sperimentare, senza rinunciare per questo alla contaminazione anche forte con nuove tecnologie sviluppate al di fuori dell’Europa. Cosa possiamo fare per favorire questo processo? L’introduzione dell’automazione, della robotica, delle nuove tecnologie, sono temi strategici per efficientare i costi di produzione, per sopperire alla mancanza di manodopera, ma anche per aumentare l’attrattività delle opportunità lavorative offerte dalle nostre aziende, in particolare verso i giovani».
Federica Meroi, executive officer di Alfa Sistemi SpA, ha sottolineato l’importanza della digital transition, un percorso continuo che non si arresta mai, in contrasto con la digital transformation, che implica un passaggio da una forma all’altra. Questo mindset, ha affermato Meroi, è fondamentale non solo per i sistemi integratori, ma anche all’interno delle imprese che devono affrontare un mondo caratterizzato da continue necessità di riassestare processi e modelli. Meroi ha utilizzato una metafora efficace, paragonando il manager moderno a un pilota di aliante che deve continuamente calibrare il suo percorso in base alle condizioni variabili del vento. Il digitale, in questo contesto, può essere un alleato prezioso, ma solo se viene utilizzato per potenziare processi intelligenti. È qui che entra in gioco il binomio tra consulenza, tecnologia e mindset, essenziale per comprendere il valore di ciò che si fa e si ottiene.
Reshoring: processo attraverso cui un’azienda riporta in patria attività produttive o servizi precedentemente delocalizzati in altri paesi, solitamente per ragioni di costo, qualità o controllo. Friendshoring: processo di spostamento di produzione o approvvigionamento di beni verso paesi alleati o con relazioni politiche e commerciali stabili per ridurre i rischi legati a tensioni geopolitiche e garantire maggiore sicurezza nelle catene di fornitura.
Massimo Boni
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