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Il presidente francese Emmanuel Macron ha escluso categoricamente l’ipotesi di dimettersi, anche se il suo governo, guidato dal primo ministro Michel Barnier, rischia di essere rovesciato dal voto di sfiducia previsto mercoledì all’Assemblea nazionale.
Durante una visita ufficiale in Arabia Saudita, Macron ha ribadito la sua determinazione a completare il mandato presidenziale, che terminerà nell’aprile 2027. “Sono stato eletto due volte dal popolo francese. Ne sono estremamente orgoglioso e onorerò questa fiducia fino all’ultimo secondo per essere utile al Paese”, ha dichiarato al quotidiano Le Figaro.
La situazione politica in Francia è diventata sempre più precaria dopo che il partito populista Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen ha annunciato il sostegno a una mozione di sfiducia presentata dal partito di sinistra Nuovo Fronte Popolare (NFP).
La sfiducia è stata innescata dalla decisione di Barnier di invocare l’articolo 49.3 della Costituzione per approvare unilateralmente tagli alla previdenza sociale, senza un voto parlamentare. La misura, che avrebbe bloccato l’adeguamento delle pensioni all’inflazione, è stata vista come una “punizione” per gli anziani, portando Le Pen a revocare il sostegno al governo.
Con il voto favorevole del RN e del NFP, la mozione ha buone possibilità di successo: le due fazioni superano insieme i 289 voti necessari per far cadere il governo. Sarebbe la prima volta dal 1962 che un governo francese viene estromesso da un voto di sfiducia parlamentare.
La crisi attuale è il risultato delle elezioni legislative anticipate di luglio, volute da Macron dopo la sconfitta alle elezioni europee contro il RN. Le elezioni hanno lasciato l’Assemblea nazionale in una situazione di stallo, divisa in tre blocchi:
- Il Nuovo Fronte Popolare di sinistra,
- I centristi fedeli a Macron,
- Il Rassemblement National di Le Pen.
Barnier, ex negoziatore dell’UE per la Brexit, era stato scelto come primo ministro per garantire stabilità in un Parlamento frammentato, ma non è riuscito a costruire alleanze solide, specialmente con Le Pen, il cui sostegno era cruciale per far approvare il bilancio.
Da Riyadh, Macron ha accusato Le Pen di “cinismo insopportabile” per aver stretto un’alleanza tattica con la sinistra radicale per far cadere il governo. Paradossalmente, solo pochi mesi fa, Macron aveva ricevuto accuse simili per aver collaborato con la sinistra per evitare che il RN prendesse il controllo dell’Assemblea.
Secondo una fonte vicina a Barnier, il primo ministro non credeva che Le Pen avrebbe effettivamente sostenuto la mozione di sfiducia, ritenendola un bluff. Questo errore di calcolo si è rivelato fatale.
Le Pen ha dichiarato lunedì: “Le nostre linee rosse erano state chiaramente comunicate al governo. Sapevano perfettamente cosa era inaccettabile per noi”. Il fallimento di Barnier nel negoziare concessioni con il RN ha quindi accelerato il collasso del governo.
Se il governo di Barnier dovesse cadere, Macron si troverebbe di fronte a una scelta difficile:
- Rinominare Barnier come primo ministro, una soluzione improbabile senza significative concessioni politiche.
- Trovare un nuovo premier tra le fila di Les Républicains o di un altro partito centrista, ma pochi sembrano disposti a raccogliere la sfida di guidare un governo instabile.
- Formare un governo tecnocratico, composto da esperti e burocrati, una soluzione inedita nella Francia moderna.
Tuttavia, Macron non potrà indire nuove elezioni legislative fino alla primavera 2025, il che significa che qualsiasi nuovo governo dovrà affrontare lo stesso Parlamento frammentato.
Il fallimento di Barnier potrebbe danneggiare ulteriormente l’immagine di Macron, che ha già visto il suo consenso diminuire negli ultimi mesi. Il presidente si trova ora a dover gestire una crisi politica interna che rischia di indebolire anche la posizione della Francia all’interno dell’Unione Europea.
Mentre l’Assemblea nazionale si prepara al voto di mercoledì, l’incertezza politica continua a crescere, lasciando il futuro della leadership francese in bilico.