La proposta di riforma avanzata dal ministro dello Sport Andrea Abodi prevede la creazione di una “Agenzia per la vigilanza economica e finanziaria sulle società sportive professionistiche”. Questo ente pubblico, di nomina politica, avrebbe il compito di monitorare i bilanci, i pagamenti e il rispetto delle norme finanziarie delle società sportive, non solo di calcio ma anche di altre discipline professionistiche, come la Serie A di basket.
L’Agenzia avrebbe poteri di ispezione, verifica delle proprietà e controllo dei requisiti per le licenze nazionali. A capo dell’ente ci sarebbe un presidente affiancato da due consiglieri, tutti nominati dal governo. Il costo dell’operazione, stimato in circa 2,5 milioni di euro, sarebbe a carico delle stesse società controllate.
L’annuncio della riforma ha scatenato una forte opposizione da parte delle principali istituzioni sportive italiane:
Gabriele Gravina, presidente della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio), ha convocato una riunione d’urgenza per opporsi al progetto, ritenendolo un’invasione della politica nelle questioni interne del calcio.
Giovanni Malagò , presidente del CONI, ha criticato duramente la proposta, accusando il governo di voler minare l’autonomia dello sport italiano. Malagò ha sottolineato che il controllo finanziario dovrebbe rimanere interno al sistema sportivo, non gestito da un ente politico esterno.
Questa opposizione deriva anche dalla potenziale perdita di potere per gli attuali organismi di controllo, come la Covisoc (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche), che attualmente dipende dalla FIGC.
La riforma tocca interessi economici e politici molto rilevanti:
La FIGC e altre federazioni temono di perdere il controllo diretto sulle finanze delle società sportive, un potere che permette loro di influenzare decisioni cruciali nel mondo dello sport.
I presidenti delle società di Serie A , pur critici verso la FIGC, sono preoccupati per un eccessivo intervento politico nei loro affari. Alcuni di loro, come Claudio Lotito, vedono la riforma come un tentativo di ingerenza statale che potrebbe compromettere la loro autonomia.
Il ministro Abodi ha difeso la riforma, sostenendo che l’obiettivo principale è garantire una maggiore trasparenza e imparzialità nei controlli finanziari. Ha sottolineato che l’Agenzia non rappresenta un’invasione della politica nello sport, ma piuttosto uno strumento per assicurare che le regole siano rispettate in modo uniforme.
Abodi ha anche sollevato una domanda cruciale: i controlli attuali sono davvero efficaci? Le recenti crisi finanziarie di alcune società di Serie A sembrano indicare il contrario, alimentando la necessità di un’istituzione indipendente per evitare futuri scandali finanziari.
Il futuro della riforma dipenderà dalla capacità del governo di trovare un compromesso con il mondo dello sport. Tra le possibili soluzioni, si parla di:
Ritocchi alla proposta, come la modifica della modalità di finanziamento o una maggiore autonomia dell’Agenzia rispetto al governo.
Creazione di un’autorità interna al calcio stesso, ma con maggiore indipendenza rispetto alla FIGC, per evitare l’accusa di politicizzazione.
L’obiettivo del governo sembra chiaro: se il calcio non sarà in grado di autoriformarsi, sarà la politica a intervenire per garantire maggiore trasparenza e sostenibilità economica.
In sintesi, la Riforma Abodi rappresenta uno snodo cruciale per il futuro del calcio italiano, tra esigenze di trasparenza e resistenze interne di un sistema che fatica a cambiare.
La proposta di riforma Abodi, che prevede l’istituzione di un’agenzia indipendente per il controllo economico e finanziario delle società sportive, sta suscitando ampie discussioni. Oltre alle critiche da parte di figure di spicco come Gabriele Gravina e Giovanni Malagò, il provvedimento solleva anche importanti interrogativi su un altro aspetto cruciale: la necessità di un controllo esterno sui conflitti di interesse all’interno delle federazioni sportive nazionali.
Le federazioni sportive italiane sono infatti da tempo al centro di polemiche per i legami di parentele e amicizie tra i membri dei collegi dei revisori dei conti, i consulenti e i segretari generali . Questi rapporti spesso opachi, seppur legittimi sotto il profilo normativo, possono creare conflitti di interesse che minano la trasparenza e l’efficacia dei controlli interni.
È quindi giusto e doveroso che un ente esterno, come l’agenzia proposta da Abodi, possa non solo monitorare le finanze delle società sportive, ma anche valutare e, se necessario, intervenire su queste dinamiche interne alle federazioni. Un tale controllo contribuirà a garantire che i processi decisionali all’interno delle federazioni siano effettivamente imparziali e indipendenti, evitando che collegamenti familiari o relazionali possano influenzare sulle scelte economiche e operative.
Questa misura di trasparenza, che si inserisce nel più ampio progetto di riforma dello sport italiano, potrebbe quindi avere effetti positivi anche sul piano della governance delle federazioni, garantendo che le decisioni siano prese nell’interesse del movimento sportivo e non in quello dei singoli individui o gruppi di potere.
Il governo, attraverso il ministro Abodi, ha l’opportunità di fare un passo in avanti non solo per garantire il controllo delle finanze, ma anche per promuovere una vera cultura della trasparenza e dell’onestà in un sistema che, da troppo tempo, è rimasto in mano a pochi noti protagonisti del panorama sportivo italiano.