
Sara Alfieri, Ricercatrice psicologa SSD Psicologia Clinica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
Ci può riassumere i risultati della ricerca da lei condotta sui bisogni dei pazienti trattati con CAR-T e dei loro caregiver?
La ricerca, realizzata grazie ad un finanziamento ricevuto da Gilead attraverso il Fellowship Program 2022 e da AIL Milano Monza Brianza OdV, si poneva come obiettivo di individuare i bisogni dei pazienti oncoematologici che si sono sottoposti a trattamento con terapia CAR-T e dei loro caregivers. Sono stati intervistati 12 pazienti e 7 caregiver.
Per quel che concerne i pazienti, sono emerse diverse tipologie di bisogni.
I bisogni che sono stati definiti ‘esistenziali’, ovvero quei bisogni per cui il paziente vuole sentirsi dire, vuole credere e vuole sperare che questa ennesima linea di terapia andrà bene e che, se non ci dovesse essere un risultato positivo, ci saranno altre possibilità terapeutiche. I bisogni esistenziali sono collegati proprio alla loro vita, alla sopravvivenza. I pazienti vorrebbero accelerare i tempi di guarigione e tornare alla vita di tutti i giorni, come se la malattia e le tante linee di terapeutiche affrontate fossero un brutto sogno.
Emergono poi bisogni relativi alla qualità e quantità delle informazioni fornite dai medici curanti.
I pazienti desiderano innanzitutto sincerità e che, quando vengono comunicate loro diagnosi o esiti di terapia, questo venga fatto in maniera empatica. I pazienti sentono quando il personale sanitario evita o fatica a parlare di questioni “delicate” e questo attiva lo spettro del “non detto”, che alimenta timori e incertezze; hanno bisogno di conoscere i possibili scenari terapeutici e sapere cosa aspettarsi dopo l’infusione.
Emergono, inoltre, bisogni di assistenza, che sono molto variegati e riguardano principalmente il miglioramento e potenziamento del SSN. Essi spaziano dal miglioramento dei servizi “di base” quali la possibilità di ottenere visite ed esami in breve tempo e vicino alla propria zona di residenza, alla possibilità di avvalersi di un supporto psicologico integrato al percorso con CAR-T cell. Inoltre, hanno bisogno del supporto del mondo delle associazioni per il trasporto o l’accompagnamento alle visite e agli esami, o la possibilità di avere degli alloggi a prezzi accessibili durante il periodo post-infusione. È forte il bisogno di non sentirsi abbandonati, i pazienti vorrebbero avere una figura o un luogo a cui fare riferimento e con le competenze specifiche in caso di urgenze. Il periodo di ricovero per l’infusione delle CAR-T è percepito come molto faticoso, per cui i pazienti chiedono una maggiore disponibilità da parte del personale sanitario e maggiore adeguatezza strutturale dei reparti, attrezzati in modo da agevolare il lento trascorrere del tempo.
Se nei pazienti emerge il bisogno di credere che la terapia con CAR-T sia finalmente e definitivamente quella giusta, i caregiver (tutti partner di pazienti) mostrano in generale una visione più pessimistica e hanno paura a credere che l’ennesimo tentativo di cura possa avere un lieto fine. I caregiver riferiscono, d’altra parte, una qualità di vita personale fortemente compromessa, dove non c’è spazio per pensare a sé stessi, al lavoro e agli altri membri della famiglia, poiché sono totalmente dedicati nell’accudire il proprio congiunto. Il principale bisogno del caregiver è quello di non crollare. Emerge anche il bisogno di essere ascoltati dai curanti e di confrontarsi con i medici e gli psicologi per ricevere un supporto che possa aiutarli a migliorare la qualità di vita del paziente e di sé stessi anche dal punto di vista fisico e mentale. Infine, vorrebbero partecipare a corsi di formazione per assistere al meglio il paziente nel post ricovero e sapere a chi rivolgersi nel caso dovesse insorgere una problematica relativa ad eventuali effetti collaterali delle terapie.