
OOggi abbiamo l’onore di intervistare Marta Lock, una critica d’arte internazionale, scrittrice, saggista nata a Terni che ha saputo conquistare il cuore di numerosi lettori grazie alla profondità del suo pensiero e alla sua capacità di catturare l’essenza della vita nelle sue sfaccettature, sia nella sua scrittura creativa che nel suo approccio come critica d’arte. Marta è autrice di una rubrica personale intitolata L’Angolo di Marta Lock pubblicata sul magazine on line L’Opinionista, dove pubblica regolarmente le recensioni agli artisti contemporanei che sceglie di promuovere, ed è stata, fino a qualche anno fa, titolare della rubrica L’Attimo Fuggente nata dall’approfondimento di alcuni dei suoi riflessivi aforismi quotidiani, noti come Pensieri della sera . Grazie a questa rubrica e ai suoi pensieri profondi, è stata finalista per due anni consecutivi, nel 2013 e nel 2014, al Concorso nazionale di filosofia Anpf Confilosofare .
Durante l’intervista, esploreremo il suo percorso sia come autrice che come critica d’arte, il significato e l’ispirazione dietro i suoi scritti, e come le sue riflessioni filosofiche siano diventate un punto di riferimento per chi cerca una guida interiore e una visione più profonda della realtà, oltre che a una traghettatrice emozionale all’interno dell’universo creativo degli artisti contemporanei. Marta Lock è una donna che, con le sue parole, ci invita a fermarci e cogliere quegli attimi fuggenti che spesso sfuggono nella frenesia del quotidiano e ad andare oltre ciò che appare in superficie, nella vita come nell’arte, per spingersi a scoprire il non detto, il significante che esiste dietro un’opera d’arte come dietro un silenzio.
1. Puoi raccontarci cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di critica d’arte e come si è evoluta nel tempo?
Marta Lock. Dopo la pubblicazione del mio quinto romanzo, La sabbia del Messico, ho avvertito l’esigenza di evolvere nella mia carriera, volevo nuovi stimoli e avendo studiato arte, oltre ad aver sempre avuto un’enorme ammirazione per tutte le persone che hanno un talento nella pittura, nel disegno o nella scultura, dote che purtroppo io non ho, mi sono detta che forse potevo unire la mia arte scrittoria, confermata dai cinque premi letterari vinti dal mio secondo e dal mio terzo romanzo, alla passione per l’arte. Essendo una persona fortemente proiettata al presente e al futuro la mia scelta del periodo su cui specializzarmi non poteva non cadere sull’arte moderna e contemporanea con la predilezione nella promozione degli artisti di oggi, quelli che lentamente e indubbiamente all’interno di un sistema complesso ma comunque diverso dal Novecento, possono scrivere la storia dell’arte di domani. Ho dunque ricominciato a studiare, mi sono formata e ho approfittato delle enormi possibilità che offriva in questo ambito la città di Milano, dove vivevo in quegli anni. Nel corso del tempo ho consolidato le mie competenze, mi sono aperta all’estero, grazie alla mia conoscenza delle lingue, e ho potuto non solo recensire e curare cataloghi monografici per molti artisti italiani e di altre nazioni, ma ho anche organizzato mostre collettive e personali a Lisbona, Copenaghen, Vienna, Eggedal in Norvegia, Bruxelles, Parigi e nel 2025 a Budapest, oltre ovviamente alle principali città italiane dove ho collaborato sia con gallerie che con enti istituzionali.
2. Il progetto “Pensieri per l’Arte” è stato un punto di svolta nel tuo percorso. Come è nata l’idea di associare i tuoi aforismi a opere d’arte contemporanea?
Marta Lock. Dal 2011 al 2018, credo, scrivevo ogni giorno su Facebook degli aforismi, miei pensieri che condividevo con le persone che mi seguivano e che riscuotevano molto successo perché erano vere e proprie pillole di vita, sensazioni, riflessioni su ciò che vivevo interiormente e così molte persone si ritrovavano in quelle tre o quattro righe. Poi nel 2016 ho pensato che l’arte visiva poteva entrare in perfetta armonia con gli aforismi perciò ho avuto l’idea di creare un volume coinvolgendo 150 artisti contemporanei con cui ero in contatto, o personalmente o sui social, a cui ho appunto associato 150 miei aforismi. Il risultato è stato un libro piacevole e pieno di emozione da cui poi si è sviluppato il progetto di organizzare anche delle mostre sul tema, appoggiandomi e chiedendo il patrocinio morale e la concessione di sedi a enti istituzionali suddividendo i partecipanti per zona geografica; grazie alla preziosa collaborazione di artisti locali, che avevano i giusti contatti, ho potuto realizzare le mostre Pensieri per l’Arte alla Casa del Rigoletto di Mantova, al Forte Michelangelo a Civitavecchia, all’Ex Liceo Artistico di Cagliari, al Teatro delle Logge di Montecosaro, insomma luoghi affascinanti e fortemente legati all’arte dove gli artisti che avevano aderito al progetto hanno avuto un’enorme visibilità.
3. Sei stata coinvolta in numerosi eventi artistici internazionali. Quali differenze hai notato tra la scena artistica italiana e quella di altri paesi come l’Austria, il Portogallo o la Norvegia?
Marta Lock. Viaggiare è molto affascinante, così come scoprire le predilezioni stilistiche delle persone e dei collezionisti di ogni paese, che ovviamente affondano le radici nella storia dell’arte di ciascuna nazione, perché ogni linguaggio pittorico, di cui si conoscono prevalentemente gli autori internazionali o che vivevano in luoghi come Parigi dove l’arte letteralmente nasceva, ha avuto suoi interpreti e rappresentanti, con variazioni personali e anche più affini alle caratteristiche di ciascun artista ma anche del popolo a cui apparteneva, di indubbio talento e molto noti nei loro paesi, malgrado da noi siano pressoché sconosciuti. In generale posso dire che la formazione sviluppata dalle varie nazioni nei confronti dell’arte moderna e contemporanea è sicuramente molto più estesa non solo a un pubblico adulto, bensì è molto partecipata dai giovani, mi è capitato di entrare nei musei e sentirmi la più anziana perché la presenza di ragazzi appassionati era molto numerosa, contrariamente a quanto, ahimé, accade in Italia. Credo sia fondamentale far comprendere alle nuove generazioni che l’arte è molto più affascinante e piena di emozioni di qualsiasi realtà virtuale perché per fruirne c’è bisogno della lentezza della contemplazione, del trovarsi di fronte a un’opera d’arte e lasciar fluire le emozioni attraverso il contatto visivo diretto con una creazione unica e non ripetibile se non copiandola o fotografandola. Ma qualsiasi riproduzione non avrà mai lo stesso impatto.
4. Quali sono state le sfide principali nell’organizzazione di mostre come Umbria Art o nella tua collaborazione con importanti gallerie in città come Roma, Milano, Vienna, solo per citarne alcune?
Marta Lock. In realtà della prima edizione di Umbria Art sono stata Direttore Artistico, dunque mi sono prevalentemente occupata dello svolgersi della rassegna e degli eventi inseriti nel contenitore espositivo, l’organizzazione è stata a cura dall’associazione culturale Argoo di Amelia Milardi. In quel caso ho voluto dare al pubblico ogni giorno un evento diverso, che potesse entrare in armonia con la bellezza delle opere esposte, pittoriche e scultoree, perciò ho coinvolto ballerini di tango, musicisti, ho inserito un convegno sul nutrirsi correttamente, una sfilata di moda, una piccola pièce teatrale con gli attori ternani Riccardo Leonelli e Stefano De Majo, tutto finalizzato a far sì che gli artisti partecipanti da ogni parte d’Italia avessero la massima visibilità e che il pubblico avesse sempre un motivo per farsi un giro alla mostra. A proposito delle esposizioni, inutile dire che organizzarle in Italia è più semplice perché non c’è l’ostacolo della distanza e della lingua, e soprattutto anche del modo di intendere la pianificazione e la realizzazione di un evento, tuttavia ormai mi sono abituata a puntualizzare tutto sul contratto che sottoscrivo con le gallerie; credo che mettere tutto nero su bianco sia il modo migliore per non avere problemi e per non creare equivoci, sebbene fraintendimenti e imprecisioni possano sempre verificarsi, ma in linea di massima con la chiarezza su ogni punto mi trovo bene, sicuramente più a mio agio che dover invece fare i conti con dettagli tralasciati. Quando collaboro con le gallerie estere l’organizzazione è completamente a mio carico, sia dal punto di vista logistico che critico-curatoriale dunque è complesso; tuttavia grazie alla mia conoscenza delle lingue posso prendere accordi e pianificare tutto fin nel minimo dettaglio. Ovviamente nel mio lavoro ogni mostra costituisce un’esperienza di cui fare tesoro, compresi gli errori e le sviste che inevitabilmente si possono commettere, per correggere il tiro e perfezionarsi per quelle successive; ogni paese ha le proprie abitudini, ogni gallerista ha il proprio modo di procedere e di gestire lo spazio che dirige, dunque è necessario comprendere al volo chi si ha davanti e cercare di intervenire per colmare le eventuali carenze. Questo per me è fondamentale poiché desidero che gli artisti che espongono con me siano sempre soddisfatti del risultato e mi accompagnino nei successivi eventi che proporrò, ma soprattutto desidero che si sentano accolti e valorizzati, è per questo che curo personalmente ogni minimo particolare, dal catalogo agli attestati, dalle etichette al listino prezzi, tutto deve essere impeccabile, oltre ovviamente alla migliore esposizione in galleria.
5. Come ti approcci alla stesura di una recensione critica? Quali elementi consideri fondamentali per comunicare efficacemente il valore di un’opera?
Marta Lock. Provenendo dal mondo della scrittura ho elaborato un mio punto di vista, che ho potuto verificare nel corso degli anni sia con gli aforismi e sia con la mia rubrica psico-sociologica L’Attimo Fuggente, che ora ho chiuso perché non ho più tempo da dedicarle ma che può ancora essere letta sul mio sito http://www.martalock.net, cioè che la semplicità del linguaggio permette al lettore di non alzare le barriere difensive della razionalità potendo così lasciarsi andare all’emozione e io, che ero stata definita “Scrittrice dell’anima”, non potevo non parlare proprio a quelle corde interiori appartenenti a chiunque, anche alla persona più apparentemente rigida ma che nel buio della sua intimità abbassa la maschera e parla a se stessa. Pertanto lo stesso approccio mi identifica come critica d’arte, preferisco privilegiare la descrizione emozionale, amo interpretare la poetica dell’autore di un’opera, il suo intento emozionale, piuttosto che soffermarmi sulla tecnica inducendo così il lettore a perdere il contatto con il coinvolgimento spontaneo; i miei testi critici infatti partono da un’analisi storica, vado a evidenziare e approfondire le influenze riscontrabili nell’artista di cui sto parlando, poi lentamente conduco il lettore all’interno del mondo espressivo del protagonista del testo e infine vado a esaminare nel dettaglio alcune opere, ma sempre privilegiando l’interpretazione del suo sentire. Credo che questo sia il modo migliore per valorizzare un artista e la conferma di ciò è la gratitudine degli autori che recensisco, sia italiani che appartenenti a molte parti del mondo – dagli Stati Uniti alla Corea, dal Giappone a Israele, dalla Nigeria alla Norvegia passando per tutto il territorio europeo – e anche i lettori, costituiti da galleristi, collezionisti e amanti dell’arte, che aumentano di puntata in puntata. I miei testi critici vengono infatti pubblicati all’interno della mia rubrica L’Angolo di Marta Lock che esce sul magazine L’Opinionista (www.lopinionista.it/lifestyle).
6. Essendo critica ufficiale e organizzatrice di mostre internazionali a Vienna, a Parigi, a Lisbona, a Bruxelles, a Copenaghen, come riesci a mantenere un equilibrio tra il riconoscimento delle nuove tendenze artistiche e il rispetto per la tradizione?
Marta Lock. Come ti spiegavo qualche risposta fa, in realtà io guardo avanti, sono orientata al presente e al futuro, mi lego al passato artistico più recente, intendo quello dall’Ottocento in avanti, ma non mi sento, per mia stessa indole, molto legata ai tempi più remoti. Anche perché l’arte è il miglior esempio di come sia possibile oltrepassare la tradizione per creare ogni volta qualcosa di nuovo; intendo dire che le nuove tendenze artistiche nascono sempre da qualcosa di preesistente che è già stato rielaborato e mescolato nel passato più recente ad altri movimenti apparentemente divergenti, alla loro nascita, eppure perfettamente sinergizzabili in seguito, e continuerà a esserlo anche in futuro secondo il principio di conservazione della massa di Antoine-Laurent de Lavoisier per cui “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
7. Come direttrice artistica, quali sono i criteri che utilizzi per selezionare gli artisti e le opere per una mostra?
Marta Lock. L’unico criterio su cui mi baso è il talento, già palesato oppure solo latente ma ciò che devo vedere è una potenzialità di crescita verso la direzione giusta. Ovviamente, in special modo nelle mostre collettive il livello di tutti gli artisti non può essere lo stesso, alcuni hanno una struttura espressiva già consolidata altri sono ancora in una fase di sperimentazione ma ciò che conta è dare al risultato finale un aspetto armonico. Ciò che è denominatore comune nelle mie mostre è di non dare un tema, perché amo lasciare completamente libero l’artista di scegliere o di realizzare opere secondo la propria creatività, senza alcun condizionamento; un secondo punto identificativo è di mettere in dialogo stili differenti che possano connettersi tra loro attraverso il linguaggio puramente visivo e mostrare come sia proprio dalle differenze che si può generare una maggiore sintonia, oltre che la costante scoperta di dove stia andando l’arte contemporanea nel suo complesso secondo le intepretazioni dei singoli autori. Da questo punto di vista l’arte è, e dovrebbe sempre essere, uno strumento di massima inclusività.
8. Hai curato la presentazione di numerose mostre collettive e personali e sei membro della Commissione Curatori e Critici Internazionali dell’Atlante dell’Arte Contemporanea Giunti. Cosa ti affascina di più nel lavorare con artisti emergenti rispetto a quelli già affermati?
Marta Lock. Ho dedicato la mia carriera all’arte emergente, agli autori che stanno creando ora il loro percorso anche se lontani dai grandi circuiti, perché ritengo che le potenzialità di crescita siano maggiori rispetto a chi ha già raggiunto la china, e soprattutto, io che ho costruito la mia carriera inseguendo un sogno, amo assistere ai risultati che gli artisti che ho aiutato a emergere possono raggiungere, sono orgogliosa quando mi dicono di essere stati contattati da altre organizzazioni e di voler continuare a lavorare su se stessi perché è solo così che diventa possibile affermarsi in un mondo globalizzato come quello attuale, dove i creativi hanno la possibilità di essere visti in maniera ampia da persone che vivono dall’altra parte del mondo e che possono appassionarsi al punto di volerli collezionare. Ma la cosa che più mi fa piacere è ricevere la riconoscenza di quelli che comprendono l’importanza del mio ruolo nel renderli visibili ad altri operatori del settore che possono aiutarli a crescere ulteriormente nel loro percorso.
9. In che modo il tuo lavoro come curatrice e critica d’arte influenza la tua scrittura e viceversa?
Marta Lock. Quando ho iniziato a scrivere ho deciso e fermamente voluto mantenere un linguaggio semplice ed emozionale, ho sempre parlato e raccontato di sensazioni che appartengono alla vita di chiunque, uomo o donna, infatti molti miei romanzi hanno avuto degli appassionati lettori uomini, perché ritengo che davanti alla dimensione delle emozioni non esistano distinzioni di sesso o di qualsiasi altro tipo, ed è solo attraverso la riflessione sul mondo interiore che sia possibile entrare in empatia con i personaggi e comprendere le loro sfaccettature sentendosi coinvolti in prima persona. Il medesimo approccio contraddistingue il mio ruolo di critica d’arte dove vado a esplorare e a mettere in evidenza la poetica espressiva dell’artista che sto recensendo, attraverso le sue opere scopro il suo mondo, l’intenzione creativa, ed è quello di cui parlo nei miei testi perché credo sia ciò che può coinvolgere il lettore-collezionista al punto di innamorarsi di un’opera e di volerla acquistare. Ovviamente le mie recensioni partono da un’analisi e da una premessa storica moderna, attraverso cui colloco l’artista all’interno di una comunione di stili a cui evidentemente attinge per formare la propria singolare cifra espressiva, ma poi passo all’approfondimento delle pieghe interiori dell’autore delle opere, quelle che spesso egli stesso è inconsapevole di rivelare attraverso la sua arte. Probabilmente questo accade grazie alla forte empatia che mi permette di comprendere a livello intuitivo la personalità e il mondo intimo delle persone, e gli artisti prima di tutto sono persone, con cui mi trovo ad avere a che fare, trasformando così questa capacità di ascolto silenzioso in interpretazione, o meglio dire, in traduzione delle sensazioni da loro espresse in maniera irrazionale attraverso l’atto creativo.
10. Hai scritto romanzi ambientati in diverse parti del mondo, come “Notte Tunisina”, “Quell’anno a Cuba”, “La sabbia del Messico”, “Miami Diaries”, “Ritrovarsi a Parigi” e “Dimenticando Santorini”. Quanto di autobiografico c’è nei tuoi racconti e quanto invece è pura fiction?
Marta Lock. Beh, posso dire che di autobiografico, in tutti i casi tranne in uno, ci sono i luoghi perché in alcuni di essi ho vissuto altri invece li ho solo visitati innamorandomene; poi ci sono dei lati del mio carattere che di volta in volta vanno a strutturare la personalità della protagonista, o anche degli altri personaggi, alcune volte ho messo degli specifici tratti all’interno della delineazione dei comportamenti di un uomo, insomma, attingo o da me o da persone che conosco per dare vita agli attori dei miei romanzi. Per quanto riguarda invece le vicende sono una mescolanza tra immaginazione, episodi reali decontestualizzati dalla circostanza vissuta e inseriti all’interno di una scena del libro, oppure frammenti di vita rubati in treno, in strada, in metropolitana, in aereo, tutto diventa uno spunto per tratteggiare personalità e caratteri dei protagonisti dei miei romanzi, o dei miei racconti. E poi c’è molta fantasia che però si lega sempre alla realtà, molti lettori si sono ritrovati all’interno dei miei libri, hanno potuto ripercorrere episodi simili del loro passato che non avevano compreso dalla sfaccettatura diversa che invece io ho messo in luce, oppure semplicemente si sono emozionati proprio in virtù della mia tendenza a raccontare senza giudicare, a far vivere i personaggi senza voler dare una morale bensì semplicemente descrivendo il tratto della loro esistenza che comincia con la prima pagina del libro e finisce con l’ultima, come se mi insinuassi nel loro cammino e poi li lasciassi una volta che hanno sciolto i loro nodi interiori e risolto i loro blocchi emotivi.
11. Il tuo saggio “Ricomincia da te” è stato raccomandato come lettura dall’Università Niccolò Cusano. Quali sono i messaggi principali che speri di trasmettere attraverso questo libro?
Marta Lock. Credo che dal mio libro possano emergere positività, stimolo alla crescita interiore e consapevolezza di dover accettare e gestire le proprie emozioni. Sono sempre mossa da un approccio socratico alla realtà e alla vita dunque non sarei mai riuscita a indicare una strada o a dare soluzioni o consigli, piuttosto ciò che ho fatto è stato raccontare la mia esperienza di vita, il percorso compiuto da me per raggiungere la consapevolezza e l’equilibrio che oggi mi contraddistinguono e che mi donano quella capacità di affrontare le circostanze senza perdere la testa o lasciarmi sopraffare dal disordine delle emozioni. Infatti l’Università Niccolò Cusano nella sua sede di Potenza, ha segnalato Ricomincia da te come uno dei cinque libri da non perdere per imparare a gestire le emozioni. Ho compreso, e poi di conseguenza scritto, l’importanza di analizzare ciò che accade nel corso della vita come parte di un cammino da cui apprendere di più su noi stessi e da cui ascoltare i suggerimenti sottili che sopraggiungono come energia esterna conducendoci verso il sentiero migliore per noi; gli eventi sono episodi oggettivi, non sono né buoni né cattivi, sono neutri e molto spesso funzionali a farci comprendere gli errori, le mancanze, la necessità di guardarci dentro, ed è il modo in cui li affrontiamo a fare la differenza. Subirli equivale ad abbandonarsi a un destino che sembra già segnato, viverli e superarli significa saper prendere in mano le circostanze e trasformarle in un importante momento di crescita, soprattutto perché molto spesso ciò che sembra assolutamente negativo nel momento in cui sopraggiunge, può invece diventare la migliore delle occasioni che avrebbe potuto capitarci. In sostanza il mio messaggio è di sorridere alla vita e capire che siamo noi, sempre, i padroni del nostro destino, siamo noi a determinare l’evolversi degli eventi successivi all’episodio iniziale, e siamo sempre noi a scrivere ogni giorno le pagine della nostra esistenza, ascoltando e deviando il nostro percorso, se necessario, per tendere verso qualcosa di più affine alla nostra natura, senza scendere a compromessi bensì con l’apertura empatica che induce a comprendere il messaggio silenzioso dell’energia intorno a noi.
12. I tuoi aforismi sono stati definiti “perle di vita” dai lettori. Come nasce l’ispirazione per questi pensieri della sera?
Marta Lock. I miei aforismi hanno accompagnato la mia vita e anche la mia affermazione come scrittrice per molti anni, mi hanno contraddistinta a lungo e mi hanno permesso di farmi conoscere da un pubblico sempre più vasto che li aspettava ogni giorno. Come per i romanzi l’ispirazione nasceva da un pensiero, da un frammento di vita rubato in giro per la città, una sensazione oppure anche un’emozione relativa a un mio vissuto; ogni riflessione diventava un aforisma emozionale in cui le persone non potevano fare a meno di ritrovarsi, perché di fatto davanti alle emozioni siamo tutti molto più simili di quanto non sembri. Ecco perché sono stati definiti “perle di vita”, o anche “pillole di saggezza”, perché con poche righe riuscivano a racchiudere un intero concetto che stimolava l’introspezione del lettore che scavava nel suo vissuto trovando una sensazione vicina a quella da me espressa.
13. Essendo una “scrittrice dell’anima”, come viene riflessa la tua filosofia di vita nelle tue opere critiche e letterarie?
Marta Lock. Credo che l’apertura all’ascolto e l’empatia siano le chiavi di volta del mio approccio scrittorio, soprattutto ciò che mi viene più facile è intravedere e intuire ciò che non viene detto, che si nasconde dietro un’espressione, uno sguardo, un sorriso, riferendomi alla base su cui sviluppo un racconto o un romanzo, oppure dietro alla gamma cromatica e al linguaggio visivo quando affronto la redazione di un testo critico. In ogni caso do sempre la priorità all’emozione, al coinvolgimento inconscio delle sensazioni più spontanee poiché nel momento in cui viene chiamata in causa la razionalità si va a perdere quella connessione priva di ogni logica che permette a qualcuno di sentirsi vicino, di avvertire lo stato d’animo di un personaggio o la poetica profonda di un artista. Io parlo molto ma ho anche la peculiarità di riuscire ad ascoltare e a estrapolare il senso profondo di un concetto che mi permette di andare oltre la patina superficiale in maniera completamente intuitiva, riuscendo a carpire ciò che invece in generale non viene a galla con molta facilità. Molti psicologi e sociologi definiscono questa caratteristica intelligenza emotiva, che in me credo sia particolarmente sviluppata e che io vivo come un vero e proprio dono.
14. Hai viaggiato e vissuto in molti paesi diversi. Come hanno influenzato il tuo approccio come critica d’arte e la tua scrittura queste esperienze internazionali?
Marta Lock. Credo proprio che senza i miei viaggi di conoscenza di paesi e culture diverse, che poi diventano sempre un percorso di approfondimento del sé, soprattutto quando ci si sofferma per lunghi periodi al di fuori del proprio paese e dunque della propria zona sicura, senza quei viaggi dicevo non sarei diventata la persona che sono oggi, probabilmente farei altro, non avrei avuto la possibilità, attraverso il concatenamento di eventi che ho sempre seguito fin dal giorno in cui ho lasciato la mia città natale, di diventare una scrittrice e una critica d’arte. Dunque la possibilità di conoscere moltissime persone, di capire che quando si va all’estero si è ospiti a casa di altri e dunque diventa necessario fare un passo indietro rispetto ai propri usi e costumi, mettersi in discussione e capire quale sia il modo migliore per farsi accettare e accogliere senza mai imporsi, è stato un passaggio fondamentale per la mia evoluzione personale ed emotiva. Questo ha stimolato in me una forte tendenza empatica, ho imparato a capire solo osservando uno sguardo, un atteggiamento, ad ascoltare un silenzio, facendo tesoro di quelle esperienze e mantenendo la medesima inclinazione anche al rientro in Italia per continuare quella fase di crescita personale che mi ha condotta dove sono ora. Assorbire tutto ciò che ruota intorno, guardare vedendo davvero, andare oltre la superficie per comprendere quanto vi sia dietro, mi ha permesso di sviluppare quella capacità interpretativa che è divenuto il mio tratto distintivo, sia nel tratteggiare i personaggi dei miei romanzi e sia oggi nell’andare a fondo dell’intento espressivo degli artisti che recensisco.
15. Qual è il tuo obiettivo principale quando recensisci un’opera d’arte o scrivi un libro? Desideri ispirare, educare o provocare una riflessione nei tuoi lettori e spettatori?
Marta Lock. Ciò che mi guida sempre e costantemente è la mia tendenza a entrare in stretta connessione con i miei personaggi o con gli artisti di cui parlo ed è per questo che il mio obiettivo principale è quello di parlare alle emozioni del lettore. Chiunque si trovi a leggere un testo, che sia un saggio critico o un racconto, rimane fortemente coinvolto nel momento in cui chi scrive riesce a connettersi con le corde interiori, è per questo che ho sempre volutamente scelto un linguaggio semplice, diretto, privato di quei termini troppo intellettuali o degli artifici linguistici che indurrebbero a mettere in campo la razionalità a discapito dell’emotività. Nel testo critico amo condurre il lettore lentamente dentro il mondo dell’artista descrivendone la filosofia e l’intento espressivo, più che la tecnica utilizzata o il modo in cui stende il colore che renderebbe la recensione un testo tecnico da cui molte persone attratte invece da ciò che vedono, potrebbero volersi distaccare poiché le sensazioni suscitate da un’opera entrerebbero in contrasto con un linguaggio troppo analitico. In qualche modo amo raccontare e interpretare ciò che la mia interiorità percepisce e poi riprodurlo sul foglio bianco, connettendomi con il mondo espressivo dell’artista e traducendo a parole ciò che egli esprime con i colori. Nella scrittura di racconti o romanzi avviene esattamente la stessa cosa, non sono io a scrivere, sono i personaggi, ciascuno con la sua propria personalità, a suggerirmi cosa desiderano dire, dunque io sono un mezzo e attraverso di loro apprendo e comprendo qualcosa che la mia parte razionale non arriverebbe mai a concepire, perché appartenente ad altri.
16. Hai progetti in cantiere che puoi condividere con noi, sia nel campo della scrittura che dell’arte?
Marta Lock. Per quanto riguarda il mio ruolo di critica d’arte continuerò a far parte della Commissione Curatori Internazionali dell’Atlante dell’Arte Contemporanea, un volume prestigioso che dà spessore professionale a me e anche, e soprattutto, agli artisti che candido per la partecipazione all’annuario. Sto anche reclutando artisti per Spring inspirations una grande mostra collettiva internazionale in una bellissima galleria di Budapest che si svolgereà per tutta la durata del mese di maggio 2025, e ovviamente proseguirò con la mia accurata e attenta ricerca di gallerie con cui collaborare situate nel centro delle capitali europee poiché sono costantemente alla ricerca di nuovi luoghi dove portare gli artisti che ormai mi seguono da anni in tutte le mie mostre e a cui si aggiungono costantemente nuovi interpreti internazionali dell’arte contemporanea. Per quanto riguarda invece la scrittura, oltre alla mia collaborazione continuativa come autrice con la DBInformation che pubblica il settimanale Love Story, permettendomi di dare spazio al mio animo romantico, più che progetti ho due sogni che ancora non si sono realizzati, forse perché i tempi finora non sono stati abbastanza maturi: vedere il mio romanzo Ritrovarsi a Parigi diventare un film per il cinema, e Miami Diaries una serie televisiva perché il romanzo è già strutturato in tal senso. Molto spesso i sogni sembrano dimenticarsi di te perché forse in un determinato momento devi occuparti di altro, ma poi in qualche modo, se continui a credere in loro, trovano sempre il modo di tornare quando meno te lo aspetti perciò io resto sempre aperta a ogni opportunità, non rinuncio mai a credere che tutto possa accadere.
17. Visto il tuo riconoscimento internazionale, come vedi il futuro dell’arte contemporanea e il tuo ruolo all’interno di esso?
Marta Lock. Sono sempre in costante evoluzione, la mia inclinazione è quella di trovare il modo per arricchire il mio percorso professionale mettendomi costantemente in discussione e non adagiandomi mai sui risultati già raggiunti, tutt’altro, semmai essi sono base solida di partenza da cui continuare a crescere, ad apprendere cose nuove, percorsi mai battuti in precedenza, facendo tesoro dell’esperienza ma salendo di gradino in gradino per conseguire nuovi obiettivi, nuovi traguardi. Spero che il mio ruolo diventi ogni giorno più solido, mi dia persino più soddisfazioni di quanto non ne abbia già, vorrei raggiungere una maggiore levatura e riconoscimento internazionale per continuare la mia missione di avvicinare all’arte molte persone che diversamente ne sarebbero state lontane, come accade attraverso la mia rubrica L’Angolo di Marta Lock, di rimanere un riferimento per molti addetti al settore che so che mi leggono regolarmente contattando anche gli artisti di cui parlo per coinvolgerli in vari progetti, e vorrei collaborare con grandi realtà internazionali come istituzioni, musei, fondazioni, insomma tutto ciò che possa darmi gli stimoli di cui ho bisogno per sentirmi felice e appagata nel mio lavoro. Per quanto riguarda il futuro dell’arte contemporanea, come dico spesso, lo stiamo scrivendo oggi, in questo presente, perché sono gli artisti che stanno emergendo adesso ad avere le potenzialità per essere letti nei libri di storie dell’arte di domani. Nell’era contemporanea gli artisti hanno la grande opportunità di essere visibili, di divenire imprenditori di se stessi senza dover attendere che qualcuno in alto decida di notarli e di portarli di colpo dentro una riconoscibilità planetaria affidandosi così alla sorte del trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Oggi tutti hanno le stesse opportunità di farsi vedere, sarà poi il mercato, il collezionista, a scegliere quali autori preferire decretandone il successo, pertanto tutto è diverso rispetto al passato.
18. Ci sono nuovi territori artistici o letterari che desideri esplorare nei prossimi anni?
Marta Lock. Vivo il presente giorno per giorno, sebbene la programmazione delle mostre vada di anno in anno, e forse proprio per questo ho bisogno di lasciarmi andare al flusso della corrente, con la fiducia che, a saper ascoltare le energie interiori, mi arrivino le opportunità più giuste per il mio cammino del momento. Mi piace essere pronta a cogliere le occasioni cercando di selezionarle sulla base del mio istinto e della mia intuizione su quanto possano essere positive per me e per il mio modo di essere e di vedere la realtà, perciò rimango a braccia aperte in posizione di accoglienza. Per quanto riguarda nello specifico il mio ruolo di critica d’arte, mi piacerebbe molto avere l’opportunità di lavorare negli Emirati Arabi, Dubai o Ryad, perché l’apertura nei confronti dell’arte, la sensibilità all’acquisto di opere e la necessità di approfondire arte proveniente da paesi lontani è particolarmente spiccata in quei paesi e dunque sarebbe per me una grande opportunità, così come per gli artisti che mi seguono da anni, di avere spazio in un mercato davvero interessante dove possono più facilmente e velocemente accrescere il loro valore.








