
Franco Di Mare è morto di mesotelioma, un cancro ai polmoni. Ex inviato di guerra, conduttore e poi direttore di RaiTre, Franco Di Mare ha vissuto gran parte della sua carriera giornalistica in Rai dopo gli inizi a “L’Unità” e “Radiocor”. E proprio al suo lavoro di inviato sul campo, quello della guerra in Kosovo a fine anni 90, Di Mare associava le cause della sua malattia, con l’esposizione a materiali cancerogeni come l’amianto. Una storia che aveva scritto nel libro “Le parole per dirlo – La guerra fuori e dentro di noi”, uscito quest’anno. L’ultimo capitolo del libro è dedicato ai suoi affetti: la figlia Stella, le sorelle, il fratello e la compagna Giulia Berdini, al suo fianco per otto anni, che Di Mare aveva sposato proprio pochi giorni fa.
In un orfanotrofio incontra Malina, bambina di 10 mesi i cui genitori sono stati vittime della pulizia etnica. Tornato a Roma perché chiamato alla conduzione del Tg, decide di tornare a Sarajevo e di adottare Malina riuscendo a salvarla anche dall’esplosione del suo pullman per andare in Germania insieme ad altri bambini.
E’ una professione difficile quella dei giornalisti: in ogni campo bisogna sempre essere sul pezzo in lotta con il tempo, sapere ciò che si dice, essere forti emotivamente ma anche onesti e rispettosi di tutti. Lui lo fu e riuscì oltre che ad umanizzare le notizie, ad essere garbato ed elegante per cui entrava nelle nostre case con convincente naturalezza. La sua carriera non si limitò solo alle missioni ma fu anche televisiva e di scrittore di volumi di successo come: “Non chiedermi il perché- Il Caffè dei miracoli e Il Cecchino e la bambina ecc…
Da anni combatteva contro un mesotelioma in fase avanzata e ne aveva parlato nelle scorse settimane in una intervista al Corriere della Sera e poi nel programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, dove si era scagliato contro la televisione pubblica italiana, attaccando “le precedenti gestioni” della Rai che l’hanno lasciato solo senza fornire lo “stato di servizio”, ovvero la certificazione delle missioni effettuate, sulla base delle quali ricostruire la diagnosi e chiedere i danni.
“Si sono dileguati tutti i gruppi dirigenti, non quello attuale, ma quello precedente, quello precedente ancora. Io chiedevo alla Rai – aveva spiegato Di Mare che è stato ospite anche da Floris su La7 – lo stato di servizio che è un mio diritto, i posti in cui sono stato, così potevo provare a chiedere alle associazioni di categoria cosa fare ma sono spariti tutti”. Il giornalista lamentava l’assenza sul “piano umano” di “persone alle quali parlava dando del tu, perché ero un dirigente Rai” e che adesso “sono sparite, si sono negate al telefono, a me. Come se fossi un questuante. Io davanti a un atteggiamento del genere trovo un solo aggettivo: ripugnante”.
Io nel mio piccolo ne ho un ricordo singolare che adesso me lo rende caro. Avevo scritto il mio terzo libro, La Vita appesa ai muri e ravvisando un’analogia tra la sua scelta di dare la vita a quella bambina e le mie storie ambientate tra le macerie del terremoto a Modena, quei muri che potevano narrare proprio ad una giornalista in servizio quanta vita avevano nascosto e protetto.
Da questa prefazione, scusatemi non è per protagonismo, ma voglio citarne qualche pensiero: ”Oggi…..costretti….a toccare con mano la precarietà dell’esistenza….il talento di Caterina racconta le sfide estreme della vita…Non rimane all’apparenza ma va nel profondo fino al cuore, per farci scoprire che in ogni sentimento, anche nella malinconia c’è qualcosa di amaramente felice.”
Ci mancherài “Angelo di Sarajevo.”
