
[lid] Nasce in Abruzzo la “Iura Civium ad Bonum Naturae“, l’Associazione per la Tutela dei Diritti dei Cittadini e delle Buone Pratiche Agrosilvopastorali, trattasi di un ETS, ovvero appartiene ad una nuova tipologia di enti introdotti dalla Riforma del Terzo Settore (fig. 1). Questa qualifica di rilevanza giuridica si riferisce specificatamente a quegli enti che operano per finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale, mettendo in campo attività d’interesse generale. La denominazione dell’associazione riassume, in modo chiaro e sintetico, i due pilastri portanti che la identificano: ‘ I Diritti dei Cittadini” ed ‘il Bene della Natura”. Le due cose, spiega Virgilio Morisi, fondatore dell’ente, sono strettamente concatenate. “Per troppo tempo, infatti, abbiamo assistito all’esclusione e marginalizzazione delle comunità locali, dei loro saperi e delle loro pratiche tradizionali a favore di un ambientalismo intransigente e integralista che pone agli antipodi, e spesso vede come incompatibili, protezione degli ecosistemi e attività umane. E’ ora di cambiare registro e di affrontare le tematiche inerenti la conservazione della natura in modo più olistico e, soprattutto, rispettoso dei diritti dei locali” lo afferma Morisi che, oltre ad essere il Presidente della nuova ETS, è innanzitutto il titolare di una piccola azienda zootecnica di Pescasseroli che alleva animali allo stato brado/semi-brado (fig. 2).
In quest’ottica omnicomprensiva, Mauro Quintiliani, il quale ha contribuito entusiasticamente alla stesura dello statuto dell’ETS non ha voluto lasciare nulla al caso, descrivendo con dovizia di particolari le finalità principali di cui la nuova ETS dovrà occuparsi. In quest’ambito, la questione della legalità – soprattutto all’interno delle aree protette – acquista un valore prioritario. Va ricordato che la neocostituita ETS, è titolata come da statuto regionale, a partecipare a sedute delle commissioni consiliari e ad incidere sulle decisioni della Regione rispetto alla gestione del territorio. Per questo, spiega Morisi, “vogliamo acquisire autorevolezza e rappresentatività perché le sfide da affrontare, oltre ad essere impellenti, richiedono approcci giuridici e legali ponderati e ben calibrati. Nello specifico, io, i miei colleghi, e tutti coloro che si uniranno a questa battaglia, intendiamo contrastare il fenomeno della disapplicazione delle norme di livello gerarchico superiore negli atti o provvedimenti di livello gerarchico inferiore. Ad esempio, non è accettabile che Parchi Nazionali e Regionali stilino dei regolamenti interni ‘pro domo sua’ per giustificare misure ‘top-down’ che, troppo spesso, vanno a sfavorire i veri custodi del territorio (es. allevatori e agricoltori) e, difatti, contraddicono le leggi Nazionali“. Un esempio eclatante di tutto questo, racconta Morisi, è proprio il ben noto Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) che ha impunemente bypassato la Legge Quadro sulle Aree Protette (394/91) con particolare riferimento al rispetto dei diritti reali e gli usi civici delle collettività locali. Nello specifico, l’articolo 11 della legge 394/91, sez. 5. chiarisce che, nell’ambito dell’applicazione del regolamento del Parco: ‘restano salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali’. Inoltre, nella sezione h), 2-bis dello stesso articolo, è chiaramente specificato che il Parco è tenuto a valorizzare “altresì gli usi, i costumi, le consuetudini e le attività tradizionali delle popolazioni residenti sul territorio, nonché le espressioni culturali proprie e caratteristiche dell’identità delle comunità locali….” (fig. 3). “Purtroppo tutto questo non è avvenuto, non sta avvenendo, ma faremo in modo che avvenga” afferma Morisi.
E’ un fatto ormai inequivocabile che il PNALM, attraverso pronunciamenti e regolamenti interni, continua ad estendere il suo operato a questioni legate all’uso civico che, senza dubbio, non sono di sua competenza. La narrazione dettagliata offerta da Morisi (https://vimeo.com/870948446?share=copy) delinea un quadro inquietante e fa anche intendere che se il PNALM (come anche altri Parchi) sono riusciti a far primeggiare i propri regolamenti interni su quelle che sono le norme nazionali di livello gerarchico superiore, è stato possibile grazie alla complicità dei sindaci e delle stesse Regioni. Queste argomentazioni, tra l’altro, non nascono dal nulla ma sono state ampiamente presentate da Virgilo Morisi, e da un gruppo di allevatori, nell’ambito di un convegno organizzato a San Donato Val Di Comino (FR) il 25 Ottobre 2023 a cui presero parte anche il Presidente e alcuni tecnici del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (https://agenparl.eu/2023/10/25/abruzzo-lazio-e-molise-calpestati-i-diritti-duso-civico-il-no-degli-allevatori-al-piano-del-parco-pnalm/)
Senza alcuna ombra di dubbio l’agenda programmatica della neocostituita ETS è estremamente complessa e articolata ed include, tra l’altro – nelle aree protette e altrove – anche la produzione, l’accumulo e la condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo. Vale la pena, però, in quest’articolo, soffermarci soprattutto su quelle tematiche e criticità che l’associazione considera come prioritarie.
Diritti Civici e Proprietà Collettive
In breve, la nuova ETS pone al centro dei suoi obiettivi la tutela di quei diritti di godimento collettivo (pascolo, legnatico, caccia, semina, etc.) che spetta ai componenti di una collettività delimitata territorialmente (es. abitanti di un Comune), su terreni sia di proprietà collettiva (demanio civico), sia di proprietà privata ma su cui grava un diritto di uso civico in favore della collettività. In questo contesto, come ribadito da Morisi e dagli altri soci fondatori, diritti civici e salvaguardia ambientale fanno parte di un unicum, e sono assolutamente interdipendenti.
Non bisogna dimenticare che molto prima della creazione dei Parchi, questi territori meravigliosi (fig. 4) vivevano del lavoro della propria gente. In Abruzzo, come in altri luoghi, la ricchezza si misurava in base alla quantità di bestiame, in particolar modo ovini. I terreni pascolivi erano assegnati agli allevatori in base a ‘regolamenti comunali’ che erano snelli e scevri dei complicati cavilli burocratici che oggi appesantiscono, come macigni, le pratiche di assegnazione dei pascoli. Oggi, dice Morisi, “si assiste invece ad un sovvertimento del tradizionale rapporto tra sostenibilità ambientale e socio-economica a causa da una famigerata macchina burocratica (i Parchi), ormai priva di freni che, sotto la guida cinica di tecnocrati dell’ambiente, spesso spadroneggia sulle proprietà collettive dei ‘cives’, imponendo norme illegittime, che ledono i diritti d’uso civico, costituzionalmente garantiti”. Va anche chiarito, afferma Morisi, che secondo un’importante sentenza della Corte Costituzionale (sentenza 228/2021), neppure le Regioni possono legiferare in riferimento alla messa a disposizione di pascoli gravati da uso civico.
Nonostante sia stato appurato che il ‘legiferare’ non è prerogativa dei Parchi, quello d’Abruzzo, Lazio e Molise (PALM) ha comunque varato una serie di regolamenti che sono lesivi degli interessi degli allevatori/pastori come, ad esempio, il divieto di pascolo nei boschi (unica zona d’ombra per il bestiame, durante l’estate), il divieto di sconfinamento degli animali da un pascolo ad un altro, l’abolizione – in alcune zone – del cosiddetto pascolo pesante (mucche e cavalli). In aggiunta a tutto questo, secondo Morisi, il rischio di non poter più pascolare nelle Zone Speciali di Conservazione (SIC), è ormai imminente, nonostante molte di queste aree siano coperte da uso civico e denominate di ‘Classe A’, ovvero, dove i diritti dei nativi residenti sono inviolabili (fig. 5). Quindi soltanto il ritorno alla legalità, quello che la nuova ETS si propone di raggiungere, potrà garantire (soprattutto all’interno dei Parchi) un uso del territorio dove ‘i diritti dei cittadini’ vadano di pari passo con ‘il bene della natura’.
Aree protette e legalità
Ecco che la questione della cultura del rispetto e della legalità e il contrasto alla corruzione, diventano le premesse fondamentali per ristabilire una sostenibilità socio-economica ed ambientale che spesso è stata alterata proprio all’interno delle aree protette. E’ chiaro che non bisogna sforzarsi di trovare formule magiche, ne’ di spendere consulenze milionarie (come spesso avviene) per definire il giusto rapporto tra uomo e ambiente, soprattutto all’interno dei Parchi; basterebbe invece guardare con un occhio più umile e attento a ciò che già esiste sul territorio, ovvero a quelle pratiche consuetudinarie, e ben collaudate, di gestione delle risorse naturali (disponibili a kilometro zero), come ad esempio alle buone pratiche agrosilvopastorali, che la nuova ETS vuole non solo riaffermare ma promuove ed incentivare (fig. 6 ). Morisi e il suo gruppo, credono fortemente che ci siano ancora spazi di manovra rilevanti per sostenere le economie locali e il reddito delle famiglie dei comuni montani e interni, al fine di arginare lo spopolamento dei borghi e dei piccoli centri (fig. 7). In questo contesto, il turismo eco-sostenibile va sicuramente promosso, ma non deve essere mai visto come un’ alternativa per rimpiazzare pratiche locali, come l’allevamento brado-semibrado. Quest’ultimo, nonostante i suoi comprovati servizi ecosistemici, viene spesso visto come una minaccia all’ambiente invece che un opportunità.
Valorizzazione e salvaguardia delle pratiche consuetudinarie, delle razze e produzioni tipiche locali
Lo stesso UNESCO, nel 2019, ha inserito la transumanza (e tutte le pratiche e conoscenze che girano intorno ad essa) nella lista del patrimonio culturale immateriale (fig. 8). Come ETS, dice Morisi “oltre a tutelare, sostenere e valorizzare il patrimonio ambientale, storico e culturale, vogliamo promuovere l’affermazione o la riaffermazione di quelle buone pratiche agrosilvopastorali, come l’allevamento estensivo e transumante, che invece continuano ad incontrare l’ostruzionismo di molti Enti Parco, dispersi in varie regioni d’Italia”. L’approccio olistico della nuova ETS vuole guardare alla diversità nel suo duplice aspetto: sia quello ‘biologico’ che ‘culturale’. Le due cose vanno perfettamente insieme. Oggigiorno, quando si parla di biodiversità ci si riferisce, nella maggioranza dei casi, a ciò che è ‘selvatico’, mentre non si da la stessa importanza a quella diversità che, di generazione in generazione, è stata selezionata da pastori e agricoltori nel corso di centinaia d’anni. Anche questa biodiversità si sta erodendo a causa di una miriade di fattori. Basti pensare alle razze antiche caprine (fig. 9), ovine e, in parte, di bovini e cavalli perfettamente adattati all’ambiente montano che gli allevatori di animali allo stato brado e semi-brado continuano ad allevare; ma per quanto tempo ancora? L’aumento vorticoso delle predazioni da lupo e canidi (https://vimeo.com/677754515?share=copy) sta mettendo molti allevatori letteralmente in ginocchio minacciando la continuità genetica dei loro stessi greggi e le produzioni casearie tipiche. Tristemente, la mattanza di centinaia di capi di bestiame (fig. 10), spesso morti dopo sofferenze atroci, a causa delle ferite subite durante le predazioni, non riscontra lo stesso interesse mediatico rispetto alla morte di un lupo, magari investito in autostrada.
Oggi, soprattutto fuori dal perimetro dei Parchi Nazionali, una buona percentuale di allevatori non denuncia più i casi di predazione subiti, poiché gli indennizzi sono molto esigui e, talvolta, non vengono neppure elargiti. All’interno del Parco Nazionale D’Abruzzo (PNALM), l’Ente paga gli indennizzi sulle predazioni soltanto quando la carcassa è stata ritrovata, ma spesso vengono tirate in ballo tutta una serie di condizionalità e cavilli burocratici pur di non risarcire gli allevatori delle perdite subite. Anche in questo caso come fa notare Morisi “il volere associare il pagamento dei danni a determinate condizionalità (ad esempio l’assenza di una concimaia a norma) appare una violazione della Legge Quadro sulle Aree Protette (394/91) che al comma 3 e 4 recita che l’ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco e stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni”.
Inoltre, l’espansione del lupo sta snaturando le caratteristiche fondamentali dell’allevamento brado/transumante, ovvero, quelle di possedere un numero significativo di bestiame che si nutre prevalentemente di biomassa vegetale spontanea a km zero, anziché di mangimi e foraggi importati dall’esterno. Venendo meno queste caratteristiche, l’allevamento estensivo non è più economicamente sostenibile per gli allevatori che tendono, così, ad abbandonare la loro antichissima professione.
Ecco perché, racconta Morisi, uno dei prossimi obiettivi della nuova ETS sarà anche quello di fare approvare dalle Regioni Abruzzo, Lazio e Molise una delibera che sancisca nuovi criteri per il risarcimento dei danni causati da fauna selvatica alle produzioni agricole, zootecniche, alle strutture produttive, comprese i muretti a secco, sui terreni coltivati e a pascolo. “Se riusciremo in questo intento”, afferma Morisi “chiederemo il riconoscimento totale (al 100 %) dell’indennizzo per i danni da predazione, oltre all’introduzione dell’indennizzo dei capi dispersi e dei danni indiretti alle perdite di produzione”.
Insieme al recupero delle razze antiche di bestiame, la nuova ETS spera di poter lavorare anche sulla possibilità di incentivare il recupero di varietà tradizionali di grani, granone, legumi, etc. che per secoli sono stati al centro dell’economia locale e che oggi sono stati rimpiazzati da varietà apparentemente più produttive ma meno resistenti a parassiti e a condizioni climatiche avverse. “Non sarà facile” dice Morisi “ma ci proveremo”.
Creazione di una corretta cultura di salvaguardia del patrimonio ambientale
La nuova ETS vorrebbe dare spazio anche alle complesse relazioni intercorrenti tra istituzioni pubbliche, Parchi e società civile rispetto alla pianificazione e salvaguardia ambientale, al fine di incentivare la partecipazione attiva dei cittadini in tutte le scelte gestionali. Ad esempio, le metodologie di coinvolgimento adottate dal Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise, come per la stesura del suo stesso Piano, sono lontane anni luce dalle pratiche di democrazia partecipative in cui semplici cittadini, agricoltori, allevatori, etc. sono trasformati in soggetti attivi nell’ambito di tutte le decisioni che hanno a che fare con il proprio territorio. Inoltre, secondo Morisi e i suoi compagni di battaglia, è ora di porre fine a tutte quelle azioni calate dall’alto, soprattutto nell’ambito dei cosiddetti progetti ‘Life’, che fanno parte di quegli strumenti finanziari dell’Unione Europea, per l’ambiente e le azioni per il clima. Insomma, una corretta cultura di salvaguardia ambientale non può prescindere da processi di partecipazione dal basso, dove i residenti devono essere chiamati a dire la loro su ciò che avviene e viene pianificato nel territorio di appartenenza.
Ma una corretta cultura di salvaguardia ambientale, come afferma Morisi, deve basarsi anche sull’ obiettività e su dati empirici incontestabili, anziché su visioni ideologiche preconcette dei ‘santoni dell’ambiente’ che, ad esempio, continuano a recitare il mantra della convivenza tra uomini e grandi carnivori, senza proporre soluzioni reali su come tutto ciò debba avvenire (https://agenparl.eu/2023/09/04/lupo-e-uomo-insieme-si-puo-le-ragioni-degli-allevatori/). E’ necessario, perciò, sfatare i falsi miti raccontati da quelle falangi radical chic, di un certo mondo animal-ambientalista che nulla conosce della vita di chi la montagna la vive tutti i giorni. Per fare un esempio, si continuano a proporre i ‘recinti elettrificati’ come la soluzione migliore per prevenire le predazioni da lupo al bestiame. “Noi allevatori, invece” dice Morisi “sosteniamo che le tecniche di prevenzione proposte dal WWF ed altre organizzazioni di conservazione (ovvero il confinamento del bestiame in recinti elettrificati) sono inapplicabili per chi, come noi, ha mandrie numerose di equini e bovini allo stato brado, dispersi su centinaia di ettari di terreno. Ovviamente, tali mandrie non possono essere radunate insieme ogni sera ed in un luogo specifico, come si fa – invece – per gli ovi-caprini. Inoltre abbiamo già evidenziato che le reti elettrificate possono talvolta trasformarsi in trappole mortali per gli stessi animali, soprattutto quando i lupi imparano ad oltrepassarle predando il bestiame impazzito, al loro interno. Siamo stanchi dei cosiddetti pseudo-esperti, studiosi e ‘managers dell’ambiente’ che vengono a propinarci soluzioni improponibili e, se ci rifiutiamo di attuarle, siamo additati di ignoranza, ostinazione e poca lungimiranza”.
Purtroppo, le argomentazioni di un certo entourage animal-ambientalista hanno già influenzato l’opinione pubblica, ad esempio l’idea che la natura non vada mai gestita; in quest’ottica, ogni intervento di controllo della fauna selvatica viene automaticamente condannato. I risultati di queste logiche insulse sono sotto gli occhi di tutti: ad esempio in Abruzzo (ma casi analoghi avvengono anche in altre regioni) la massiccia ed incontrollata presenza di mandrie di cervi, contribuiscono a radere al suolo i pascoli e a divorare interi campi, riducendo la presenza di vegetali erbacei di cui si nutrono gli orsi. I cinghiali, anch’essi fuori controllo, arrecano gravi danni all’agricoltura e ai pascoli. I lupi sono in crescita e sembrano aver perso l’atavica paura verso l’uomo; le mandrie di bestiame, così, sono costantemente sotto attacco. La presenza degli orsi confidenti nei centri urbani non è ormai più un evento eccezionale, lo dimostra il recente e drammatico fatto di cronaca circa l’uccisone dell’orsa ‘Amarena’ (https://agenparl.eu/2023/09/12/lazio-apac-allevatori-pacifisti-e-animalisti-intolleranti-a-confronto-lorsa-amarena-diventa-il-simbolo-della-malagestione-del-parco-nazionale-dabruzzo-pnalm/). Alla base di tutto questo, c’è la cattiva gestione della fauna selvatica da parte dei Parchi e dello Stato più in generale. Sarà dunque necessario, e al più presto, intraprendere tecniche gestionali della fauna selvatica di gran lunga più incisive e che riescano ad arginare efficacemente i danni da predazione, dando un futuro alla pastorizia (fig. 11).
Uno dei mandati della nostra ETS è proprio quello di promuovere attività d’interesse sociale con finalità educativa e faremo di tutto per sensibilizzare la società civile su queste tematiche, anche nelle scuole. Soprattutto i più giovani sono stati spesso condizionati da narrazioni umanizzanti della fauna selvatica che li hanno portati a pensare che un lupo sia equivalente ad un cagnolino e il famoso plantigrado marsicano non sia poi tanto dissimile dall’orsetto Yoghi. E’ ovvio che quando questi giovani (ma anche gli adulti) si trovano in natura, non sanno più come comportarsi con la fauna selvatica e se, magari, vedono un’orsa con i piccoli (quindi potenzialmente pericolosa) gli si avvicinano per fotografarla col cellulare. E’ fondamentale riorientare soprattutto i giovani verso una comprensione non solo della natura, ma della cultura e delle pratiche della gente di montagna.
Insomma, conclude Morisi “le sfide che ci aspettano sono tante e gli obiettivi di noi allevatori e gente del territorio non subiranno cambiamenti di rotta, ne cederemo mai ad alcun compromesso ed ammiccamento della politica. Quindi, nell’immediato, uno dei nostri cavalli di battaglia resta l’opposizione allo strumento di pianificazione territoriale promosso dal PNLAM e, al contempo, lavoreremo a 360° per realizzare tutti gli altri obiettivi che ci siamo prefissati come ETS. Così facendo, innescheremo un processo dal basso che coinvolgerà, passo dopo passo, la gente del territorio, le loro associazioni ed, in primis, allevatori e contadini. Non bisognerà inventarsi nulla di nuovo, ma semplicemente mettere in atto quei principi fondamentali, già patrimonio indissolubile del nostro ordinamento giuridico”.
Rapporto redatto da Dario Novellino PhD., con la collaborazione di, ed interviste a, Virgilio Morisi Presidente di “Iura Civium ad Bonum Naturae”.










