
(AGENPARL) – lun 19 giugno 2023 La Cura attraverso l’arte: il Museo diffuso dell’arte sanitaria romagnola
L’Ospedale Gian Battista Morgagni – Luigi Pierantoni
già Complesso sanatoriale IX Maggio di Vecchiazzano
Care through art: the widespread museum of Romagna’s health care art
The Gian Battista Morgagni – Luigi Pierantoni Hospital
formerly the IX Maggio Sanatorial Complex in Vecchiazzano
Quaderni di Storia Sanitaria dell’Ausl della Romagna
Health history notebooks of the Ausl Romagna
A cura di
Sonia Muzzarelli
RA0378ED
La Cura attraverso l’Arte:
l’Ospedale Gian Battista Morgagni – Luigi Pierantoni
già Complesso Sanatoriale IX Maggio di Vecchiazzano
Storia e opere del patrimonio artistico di proprietà
dell’Azienda USL della Romagna – Forli’
La presente pubblicazione è stata curata a sostegno
del Museo diffuso dell’Arte Sanitaria Romagnola denominato “La Cura Attraverso l’Arte”
A cura di
Sonia Muzzarelli
Conservatore Ausl della Romagna
Studioso di storia sanitaria romagnola
In copertina: Complesso sanatoriale IX Maggio di Vecchiazzano
Sommario
Introduzione………………………………………………………………………pag.3
Cenni storici………………………………………………………………………..pag.5
Il Parco………………………………………………………………………….pag.15
I Padiglioni……………………………………………………………………..pag.17
Padiglione XXI aprile (ora Vallisneri)………………………………………pag.17
Padiglione XXIII Marzo (ora Valsalva)……………………………………..pag.19
Padiglione XXVIII Ottobre (ora Allende)…………………………………..pag.21
La Cura attraverso l’Arte – il Museo diffuso dell’Arte Sanitaria Romagnola…..pag.24
Bibliografia……………………………………………………………………..pag.33
Pubblicazioni…………………………………………………………………pag.33
Fonti Archivistiche…………………………………………………………..pag.33
Sitografia……………………………………………………………………..pag.34
Introduzione
Molte Aziende Sanitarie e Ospedaliere italiane possiedono un patrimonio architettonico, artistico e
culturale che coniuga i moderni servizi erogati alla popolazione con la propria tradizione di
assistenza e cura. Anche nell’Ospedale di Forlì, le opere di ammodernamento tecnologico e
adeguamento degli spazi, si affiancano ad azioni e iniziative di valorizzazione e salvaguardia del
patrimonio storico artistico in esso conservato. Un impegno costante dedicato alla gestione,
conservazione e valorizzazione di un patrimonio che racconta la storia sociale e sanitaria di un
territorio.
Come nel resto della Romagna anche la storia delle strutture sanitarie forlivesi prende avvio nel
XIV secolo con uno dei più importanti luoghi di assistenza della città, l’hospitale Domus Dei,
chiamato anche Hospitale della Ca’ di Dio, un’elegante struttura costruita in città, oggi sede degli
istituti culturali di Forlì.
Con l’evolversi della scienza e della medicina, l’Hospitale nella seconda metà dell’Ottocento
mostrava tutti i limiti strutturali e funzionali di una struttura concepita in un contesto socio culturale
ormai completamente trasformato. Per sopperire a tali carenze, fin dai primi anni del Novecento, fu
pubblicato un progetto per la costruzione di un nuovo Ospedale intitolato ad Aurelio Saffi che, nel
1921, assunse il nome di Giovan Battista Morgagni, oggi sede del campus universitario di Forlì.
L’inadeguatezza degli spazi e la necessità di rinnovamenti tecnologici resisi sempre più evidenti alla
luce del costante sviluppo scientifico portarono poi, nel 1973, alla decisione di destinare l’area
ospedaliera di Vecchiazzano, nato negli anni trenta come centro sanatoriale, a sede del nuovo
ospedale cittadino.
Sarà nel 2004 che, grazie anche all’ingente donazione dell’Ing. Rambaldo Bruschi, destinata
all’Istituzione ospedaliera di Forlì, sarà realizzato, nell’area di Vecchiazzano, il nuovo Ospedale a
padiglioni “G.B. Morgagni – L. Pierantoni”.
Direttore medico
Presidio Ospedaliero di Forlì
Paolo Masperi
Cenni storici
Negli anni venti del Novecento, per volontà politica, la città di Forlì cambiò carattere e
aspetto.
La lotta contro la tubercolosi divenne, assieme all’assistenzialismo della maternità e
dell’infanzia, l’emblema di un cambiamento sociale. Fu messo in atto un piano simbolico
che si manifestava anche attraverso la costruzione di nuovi quartieri, lo sviluppo delle
fabbriche e dei servizi.
La battaglia contro la TBC, malattia che aveva imperversato per gran parte dell’Ottocento
con una recrudescenza durante il primo conflitto mondiale, portò il territorio italiano a
dotarsi di una rete di sanatori che, nel 1935, contava trentuno edifici (alcuni provvisori) per
una disponibilità totale di 9400 posti letto destinati ad aumentare gradatamente.
La lotta a questa malattia fu affidata all’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale
(INFSP), presieduto, dal 1934, da Giuseppe Bottai.
Il programma edilizio che contemplava su campo nazionale un investimento complessivo di
600 milioni di lire, realizzò a Forlì un grande complesso sanatoriale che dipendeva
direttamente dalla sede forlivese dell’istituto.
La vicenda prende avvio nel 1931, quando il sanatorio di Painio di Alvar Aalto (1929-1933)
era in fase esecutiva mentre il Villagio sanatoriale di Sondalo (1932-1939) è in procinto
dell’apertura del cantiere.
Fu lo stesso Mussolini a scegliere il luogo dove far edificare il sanatorio di Forlì.
Il luogo del futuro sanatorio era alla confluenza dei fiumi Rabbi e Montone, in località
Bertarina, distante circa due chilometri dalla città ed ospitante un parco ampio e salubre.
(Popolo di Romagna, 24 -4-1934).
La costruzione del Sanatorio fu affidata alla Cassa Nazionale Assicurazioni Sociali
(CNAS) 2, che dal 1933 assunse la denominazione INFPS 3.
Tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la tubercolosi conobbe un picco nei paesi del nord Europa dove il clima, l’inurbamento e le
condizioni igieniche precarie dell’epoca ne resero particolarmente forte l’impatto; in Finlandia, ai primi del Novecento, la malattia risultava infatti la
prima causa di morte
La CNAS, con sede in Roma aveva “ predisposto il progetto per la costruzione in Forlì,
Frazione di Vecchiazzano, di un Ospedale Sanatorio per tubercolotici che l’area che si
rende all’uopo necessaria interessa i poderi Bertarina, di proprietà dell’Istituto Ospedale
amministrata dalla Congregazione di Carità, dei fondi Volpina … Bagnolo I … Bagnolo II
… Rabace …” di proprietà privata 4.
Fig 1
Area scelta per la costruzione del sanatorio con “pop up” spillato dell’edificio
il regime generale pensionistico fu maturato solo durante la grande guerra e fu esteso a tutto il lavoro dipendente nel 1919, con l’introduzione
dell’obbligatorietà dell’assicurazione (D.l.lgt. 21 aprile 1919, n. 603)
Nel 1933 la CNAS assume la denominazione di Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, ente di diritto pubblico dotato di personalità
giuridica e gestione autonoma che, dal 1943, diviene definitivamente Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
ASF atti del Podestà del 1931, il 29 ottobre Delibera N. 517
Dagli atti del Podestà 5del 1931, il 29 ottobre “X del Fascismo… nella Civica Residenza Il
Podestà cav. rag. Mario Fabbri, assistito dal Segretario Generale Maurizio Vivaldi, ha oggi
adottato le seguenti deliberazioni”.
Delibera a N. 517 “contributo a favore della Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali
per l’erezione di un Ospedale sanatorio per tubercolotici”.
Fig 2
Emissione di pagamento a favore della cassa nazionale, di un privato e della
congregazione per acquisto terreno da destinare alla costruzione del sanatorio
Con la legge 4 febbraio 1926, n. 237 fu introdotta la figura del podestà per i comuni fino a 5000 abitanti.
Fu concordato, con contratto tra le parti, che l’Ospedale Sanatorio sarebbe stato eretto con
pari contributo di lire 219.301,55, da parte dell’Amministrazione Provinciale di Forlì e del
Comune di Forlì, per un totale di lire 438.603,10.
All’articolo 2, dell’Atto stilato dal notaio Antonio Baldassarri di Forlì, datato 17 giugno
1932 anno-X-, si specifica che il “contributo nelle spese predette a fondo perduto” avente
“carattere di perpetuità e di irrepetibilità”.
La CNAS si obbligava a costruire un Sanatorio Ospedale nonché una Azienda Agricola in
relazione ai fini demandati ad essa dal Regio Decreto legge 27 ottobre 1927 n.2055
convertito in Legge 20 maggio 1928 n.1132.
Fig 3
Forlì 13 agosto 1935: comunicazione al Ministero degli Interni della
spesa per la costruzione del sanatorio
Fig 4
Fine anni trenta del Novecento: complesso Sanatoriale IX Maggio di Vecchiazzano
I sanatori erano centri dove i malati di TBC erano sottoposti, a volte e per svariati anni, a un
trattamento di bagni di sole, aria corroborante, dieta nutriente, esercizio fisico e riposo.
Fig 5
Complesso Sanatoriale IX Maggio di Vecchiazzano – Palestre
Il centro sanatoriale IX maggio di Vecchiazzano, grazie a idee innovative e necessità
“comunicative”, fu un vanto per la sanità pubblica forlivese.
Appariva come una grande città di cura racchiusa in un parco, un polmone d’ossigeno che
permetteva lunghe passeggiate, percorsi spettacolari e rilassanti passatempi all’aria aperta
come il gioco delle bocce, utile come modesta attività fisica con un efficace effetto
rilassante.
Lo studio progettuale non lasciò nulla al caso prendendo in considerazione l’orientamento
degli edifici, l’areazione e la luce naturale col fine di ottenere i migliori risultati di elio
terapia sia di salubrità fisica sia di salubrità psichica dei malati.
La costruzione del nuovo complesso sanatoriale, che si estendeva su trentasei ettari, era
costituito da tre grandi padiglioni “lanciati verso il cielo come per attingere luce e
speranza”, collegati da una galleria seminterrato di circa mezzo chilometro che svolgeva,
attraverso carrelli elettrici, servizio di cucina di guardaroba e assistenza e godevano come
“gemme splendenti fra lo smeraldo dei prati e il murmure eterno del Rabbi e del Montone”
dell’area salubre di un grande parco compreso fra i due fiumi dove insieme con aiuole erano
stati messi a dimora piante resinose e alberi da frutto.
Fra queste strutture svetta il torrione della riserva idrica che allora, con altissimo stelo e
ampio serbatoio circolare, dominava tutto il complesso, celebrando la nuova tecnologia del
cemento armato. All’ingresso, al di qua e di là della cancellata, i due M.A.S. (Motoscafo
antisommergibile)
Fig 6
Serbatoio riserva idrica
La realizzazione degli immobili fu affidata alla ditta Ing. Mario Calvitti & di Forlì sotto la
direzione dell’architetto milanese Luigi Bisi. I lavori, avviati il 13 settembre 1932 furono
diretti dall’Ing. Franco Magri assistito dai geometri Clemente Grappolini e Luigi Mambelli.
Fu proprio l’Ing. Magri a consigliare il coinvolgimento del giovane Cesare Valli giunto in
Romagna all’inizio degli anni trenta del Novecento su commissione romana di Renato Ricci
e per conto dell’Opera Nazionale Balilla.
Cesare Valle era già interessato all’ospedalizzazione dei malati di tubercolosi e del
contributo che poteva apportare la tecnica edilizia al debellamento della malattia così, dopo
aver coadiuvato l’arch. Bisi, lo sostituì assumendo l’incarico della realizzazione del
Sanatorio forlivese.
Il complesso rispecchiava la tipologia di costruzione ospedaliera a padiglioni ma Valle
l’aveva arricchita di connotati simbolici particolarmente cari alla sensibilità architettonica
degli anni trenta del Novecento.
L’architetto voleva che dall’alto il complesso assumesse la planimetria a squadriglia aereonavale.
Era uno dei tanti esempi di architettura parlante di cui Mussolini era uno dei massimi
ammiratori, ma si trattava anche di un’architettura simbolista in linea con le avanguardie
futuriste e, a sua volta, in linea con la celebrazione del macchinismo.
A tutto ciò Valle aveva aggiunto una nuova sensibilità architettonica-funzionale, maturata
osservando le analoghe esperienze europee che prendendo in considerazione le esigenze dei
degenti, avevano dotato il sanatorio di servizi e di accorgimenti tecnici nella costruzione
ponendo il sanatorio di Vecchiazzano all’avanguardia nel panorama italiano.
Il 28 ottobre 1937, in occasione dell’inaugurazione dei primi padiglioni, il Popolo di
Romagna descrive minuziosamente il sanatorio quale “… opera di umanità con cui Benito
Mussolini assiste il suo popolo …”. Sarà S.E. Donna Rachele Mussolini, accompagnata
dalle alte cariche del tempo e da Anna Menghini, fiduciaria dei fasci femminili, ad
inaugurare l’opera che pur non ancora terminata poteva vantare un alto numero di giornate
lavorative.
Fig 7
Fig. 8
1° ottobre 1936. Lettera inviata ai Podestà con
richiesta d’inviare l’elenco delle opere pubbliche
da inaugurare il 28 ottobre 1937
Inaugurazione del 28 ottobre 1937 effettuata da
Donna Rachele Mussolini
Il Sanatorio di Vecchiazzano fu terminato dopo otto anni di lavoro e fu inaugurato
personalmente dal Duce il 29 luglio 1939.
Fig. 9
Popolo di Romagna 29 luglio 1939 – XVII
Il Duce inaugura il Centro Sanatoriale di Vecchiazzano
Il Parco
Il Parco, con una superficie di 126,000 metri quadri e 1800 piante, aveva la funzione di far
da cornice al sanatorio facendo trascorrere agli utenti buona parte della giornata all’aperto in
un contesto gradevole e ricco di vegetazione.
Larga parte del corredo arboreo originale è ancora presente estendendosi attorno ai
padiglioni ospedalieri comprendendo settecento esemplari arborei, nella maggior parte cedri
e altri sempreverdi, con piante di notevole imponenza e dimensioni.
Un lungo viale di lecci parte dall’ingresso principale del complesso fiancheggiando quasi
tutto il confine sud-orientale.
Dal viale principale partono una serie di vialetti che conducono ai padiglioni principali e agli
altri edifici di servizio, aggirandoli per raggiungere gli accessi secondari, disegnando una
trama di aiuole più o meno estese tutte allestite a prato alberato .
Fig 10
1983 – Planimetria del parco – individuazione specie arboree
Il Parco, oltre ad accoglie un rarissimo ibrido sempreverde, germogliato circa cinquanta anni fa,
partecipa al percorso artistico avviato nel 2004 dedicato alla storia ospedaliera forlivese accogliendo
le opere prodotte grazie all’attuazione della legge del 2%, in origine collocate nell’ex ospedale
Morgani, oggi sede universitaria.
Fig 11
Ibrido sempreverde con il busto di Luigi Pierantoni, eseguito da Augusto Neri (1988) e l’opera “La prevenzione
sugli infortuni sul lavoro” eseguito da Elio Morri (1967)
I Padiglioni
Padiglione XXI aprile (ora Vallisneri)
Il primo padiglione che incontriamo, provenendo dall’ingresso principale era il così detto
Preventorio XXI aprile 6 (ora Vallisneri), riservato ai bambini.
L’edificio era capace di oltre 300 posti letto.
Il padiglione con terrazze ad anello, munite di lettini a sdraio che circondavano i vari piani,
appare come un grande Transatlantico che si offre in ogni angolo al sole. La prua è rivolta
alla Rocca delle camminate dove, allora, un grande faro durante la notte lanciava lunghi
bianco rosso e visibili in tutta la Romagna.
In origine l’intitolazione era dedicata alla fondazione di Roma fissata al XXI aprile del 753 a.c.
Al piano terra, i due grandi portici terminali circolari sopraelevati, erano destinati al gioco a
diretto contatto con il parco e chiudibile quando necessario. I terrazzi, che circondavano il
padiglione, consentivano ai bambini di uscire all’aperto anche quando non potevano recarsi
al parco oltre ad un razionale accesso alle camere. I collegamenti verticali erano garantiti da
grandi rampe, scale capaci e ascensori.
Per provvedere all’istruzione furono istituite due scuole: una maschile e una femminile
intitolata ai genitori del duce e rispettivamente ad Arnaldo e Rosa Maltoni Mussolini.
L’area attorno al padiglione è dominata da cedri dalle chiome sempre verdi in contrasto con
i toni della soffice coltre di aghi caduti che ricopre il terreno. Si evidenzia, di fronte
all’ingresso del Padiglione le due fasce di ampie aiuole prative e al fianco e sul retro il fitto
doppio filare di tigli.
Fig 12
INFPSA – Padiglione XXI APRILE:Archivio di Stato di Forlì-Cesena,Genio civile di Forlì
Padiglione XXIII Marzo (ora Valsalva)
A fungere da contraltare al padiglione dei bambini era il Padiglione XXIII marzo 7 (ora
Valsalva), riservato agli adulti.
Era l’unico edificio completato al momento dell’inaugurazione di donna Rachele (il popolo
di Romagna,1937,1).
La struttura volumetrica, che si vuole simile a un biplano presenta due ali che partono dal
blocco centrale e si chiudono con due rispettivi corpi completamente terrazzati.
L’edificio era capace di 244 posti letto, suddivisi in gruppi di sei, all’interno di camere di 40
mq con grandi aperture di accesso e spaziose verande schermate da avvolgibili frangisole.
In origine l’intitolazione era dedicata alla fondazione dei fasci italiani di combattimento che Mussolini fondò a Milano il XXIII marzo 1919
Il funzionamento era assicurato da accorgimenti tecnici mentre grande cura fu dedicata al
colore delle pareti proponendo la “riposante serenità” (il popolo di Romagna,24-4-1934
pp.4-5).
L’arredo verde del padiglione è distribuito davanti alla facciata principale dell’edificio e in
parte sui lati.
Grandi aiuole con alberi e arbusti sempre verdi e gruppi di palme sono disposte in maniera
simmetrica ai lati dell’ingresso.
Fig 13
INFPSA – Padiglione 23 Marzo: Archivio di Stato di Forlì – Cesena, Genio civile di Forlì
Padiglione XXVIII Ottobre (ora Allende)
L’ultimo edificio ad essere completato fu la colonia post-sanatoriale XXVIII ottobre 8 (ora
Allende), riservato agli ospiti guariti da rieducati al lavoro prima di essere restituiti alla vita
sociale. Le persone provenivano sia da Forlì sia dagli altri sessanta sanatori d’italia
controllati dall’INFS. L’edificio nella sua forma ricordava un carrarmato.
Una fascia sempre verde formata da alti pini domestici segue tutto il confino meridionale e
si prolunga sul lato occidentale sino a oltrepassare lo slargo ribassato che fronteggia
l’ingresso posteriore del padiglione.
L’intitolazione era dedicata alla marcia su Roma avvenuta il XXVIII ottobre 1922
Il padiglione aveva al suo interno un reparto di fisiologia del lavoro, un grande teatro, due
palestre di cui una scoperta, un laboratorio di lavoro intitolato ad Alessandro Mussolini, una
officina meccanica, una falegnameria, un piccolo calzaturificio, una sartoria da cui uscivano
i prodotti necessari al fabbisogno dell’intero complesso.
Il terreno, impiantato a frutteto permetteva lo svolgimento del lavoro contadino.
Fig 14
INFPSA – Padiglione XXVIII Ottobre: Archivio di Stato di Forlì – Cesena, Genio civile di Forlì
La trasformazione del Sanatorio in Ospedale prende avvio dalla scoperta scientifica che
porterà all’attività vaccinale selettiva del 1951, come raccomandava l’OMS, per giungere
all’obbligatorietà della vaccinazione con la legge 1088 del 14 dicembre 1970.
Pian piano i Padiglioni si svuoteranno sino all’abbandono di alcuni degli stessi.
L’inadeguatezza e la mancanza di spazi del centrale Ospedale Morgagni portarono, nel
1973, alla fusione dei due enti (Pierantoni e Morgagni) e alla decisione di fare dell’area
ospedaliera di Vecchiazzano la sede del nuovo Ospedale cittadino